Secondo la risposta a interpello n. 366 resa dall’Agenzia delle Entrate il 6 luglio scorso, l’esenzione dall’imposta di donazione non trova applicazione nel caso di donazione di denaro formalizzata in atto pubblico e volta a finanziare un acquisto immobiliare.
In via preliminare, deve ricordarsi che ai sensi dell’art. 1, comma 4-bis, del d.lgs. n. 346/1990, l’imposta di donazione non si applica nei casi di donazioni o di altre liberalità collegate ad atti concernenti il trasferimento o la costituzione di diritti immobiliari (ovvero il trasferimento di aziende), qualora per il relativo atto sia prevista l’applicazione dell’imposta di registro in misura proporzionale, o dell’imposta sul valore aggiunto. In tal caso, dunque, la donazione indiretta collegata all’atto di trasferimento è esente dall’imposta di donazione e si applica la sola imposta di registro o l’Iva prevista per l’atto di trasferimento collegato da cui risulta la donazione indiretta. In pratica, la norma vuole evitare che si verifichi una doppia imposizione in relazione ad un’operazione sostanzialmente unitaria.
Per donazione indiretta si intende un’operazione con cui si realizza un arricchimento del beneficiario in correlazione ad un connesso impoverimento del disponente senza che sia stipulata una donazione “formale”, vale a dire il contratto, necessariamente veicolato attraverso un atto pubblico notarile e ricevuto in presenza di due testimoni.
Grazie alla citata norma, è dunque possibile dichiarare in un atto di compravendita immobiliare che la provvista per il pagamento del prezzo deriva non già dalle tasche dell’acquirente bensì da terzi (ad esempio, i genitori), e ciò senza che sia dovuta l’imposta di donazione in aggiunta all’imposta (Iva o registro) dovuta sul trasferimento immobiliare.
Mentre l’alternatività tra registro/Iva da un lato e imposta di donazione dell’altro è pacifica nel caso di donazione indiretta del denaro, secondo la risposta n. 366 dell’Agenzia delle Entrate esso non troverebbe applicazione nel caso di donazione “diretta”, ossia in quell’ipotesi in cui la donazione del denaro sia realizzata, come previsto dall’art. 782 c.c., tramite la stipula di un atto pubblico alla presenza di due testimoni.
Nel caso sottoposto all’Agenzia delle Entrate, il soggetto fornitore della provvista non voleva intervenire (e comparire in atto) e dunque intendeva donare, con separato atto pubblico, il denaro necessario a perfezionale l’acquisto immobiliare, precisando che nel caso di mancato acquisto la donazione si sarebbe risulta ipso iure e che nell’atto di trasferimento immobiliare sarebbe stata indicata la provenienza donativa della provvista senza tuttavia fare espressa menzione del soggetto donante.
Ebbene, inaspettatamente l’Agenzia ha negato l’applicazione dell’esenzione circoscrivendone l’ambito applicativo alle sole ipotesi di donazione indiretta.
Tale posizione non convince principalmente per due ordini di ragioni. Innanzitutto, il tenore letterale dell’art. 1, comma 4-bis, del d.lgs. n. 346/1990, fa riferimento a “donazioni o altre liberalità”, il che non dovrebbe far dubitare della sua applicazione alle donazioni formalizzate in atto pubblico. In secondo luogo, se, come rilevato dalla giurisprudenza di legittimità (Cassazione n. 11831/2022), la ratio dell’agevolazione è quella di evitare la doppia imposizione di un fenomeno sostanzialmente unitario, non si intravedono ragioni per trattare fiscalmente in modo differente il medesimo fenomeno solo in considerazione della natura “diretta” o “indiretta” della donazione.