Il deflusso mensile riconducibile agli investitori stranieri nelle azioni quotate a Shanghai e Shenzhen è arrivato complessivamente a -10,1 miliardi di dollari, al 28 agosto.
Il 28 agosto l’indice Csi 300 ha chiuso la seduta in rialzo dell’1,17%, dopo aver aperto con un balzo del 5,5% sospinto dal taglio all’imposta di bollo sulle transazioni azionarie
Dopo settimane di nervosismo e deflussi di capitali dalla Cina, le autorità hanno presentato una serie di misure che hanno ridato un po’ di slancio all’azionario del Dragone. Il 28 agosto l’indice Csi 300 ha chiuso la seduta in rialzo dell’1,17%, dopo aver aperto con un balzo del 5,5%. Domenica il ministero delle Finanze ha annunciato il taglio dell’imposta di bollo sulle transazioni azionarie dallo 0,1 allo 0,05% – una notizia che ha spinto soprattutto i titoli dei broker di titoli, arrivati a guadagnare il 10% nel corso della seduta. Secondo un’analisi di Citigroup il taglio della tassa potrebbe far risparmiare il 40% all’anno sui costi del trading.
Un altro impegno assunto dalle autorità cinesi è stato quello di ridurre le nuove Ipo sui listini nazionali, nel tentativo di contenere il loro impatto sui prezzi azionari complessivi. L’autorità di vigilanza cinese, inoltre, ha dato il via libera al lancio di 37 fondi di investimento al dettaglio.
Anche le società dell’edilizia sono riuscite a mettere a segno un rialzo il 28 agosto, grazie ai piani annunciati venerdì dal gabinetto presieduto dal premier Li Qiang, che dovrebbero allentare le regole per i mutui ipotecari per l’edilizia residenziale.
Completamente a parte, invece, la vicenda di Evergrande: tornata, dopo 17 mesi, a scambiare sulla Borsa di Hong Kong, l’azione dello sviluppatore immobiliare ha ceduto circa l’80% della sua capitalizzazione. Il titolo ha avuto nuovamente accesso alla Borsa dopo che domenica aveva riportato una perdita da 4,5 miliardi di dollari (33 miliardi di yuan) nel primo semestre del 2023 e passività in leggero calo da 340 a 332 miliardi di dollari (da 2.440 a 2.390 miliardi di yuan). Il 17 agosto Evergrande aveva fatto ricorso al Chapter 15 negli Stati Uniti, cercando la protezione dai creditori sui propri asset nell’ambito della ristrutturazione del debito.
Cina, cosa succede adesso
Gli entusiasmi, che avevano portato al miglior rialzo intraday della Borsa di Shanghai dal luglio 2020, si sono raffreddati piuttosto in fretta nel corso della seduta di lunedì.
“E’ improbabile che si verifichi un rally di mercato duraturo senza ulteriori stimoli per sostenere la crescita economica e stabilizzare il settore immobiliare”, ha scritto in una nota Wei He di Gavekal Dragonomics, “in passato, le riduzioni dell’imposta di bollo e il blocco delle nuove quotazioni hanno fornito solo una spinta temporanea ai mercati, non una svolta fondamentale”.
Vari analisti nei giorni scorsi hanno rivisto al ribasso le proprie previsioni sull’azionario cinese dopo la crisi di fiducia che ha colpito, ancora una volta, il settore immobiliare del Paese. Il 25 agosto Morgan Stanley ha ribassato del 14% le sue previsioni sull’indice Msci China al giugno 2024, portandolo a quota 60 punti; un livello che non prevede alcun potenziale di crescita dai livelli attuali. Il 21 agosto erano stati gli analisti di Goldman Sachs a limare le previsioni, tagliando l’outlook a 12 mesi dell’Msci China da 70 a 67 punti.
Nel frattempo, gli investitori stranieri sono stati venditori netti di azioni cinesi per 13 giorni consecutivi nel mese di agosto, la più lunga sequela di deflussi dal novembre 2015. La sfiducia degli investitori stranieri è proseguita anche in questo lunedì segnato dai nuovi tentativi di recupero della fiducia: da Stock Connect, il collegamento attraverso il quale gli investitori esteri possono accedere ai titoli della Cina continentale, sono usciti nell’ultima seduta 1,1 miliardi di dollari (8 miliardi di yuan). Nel mese, il deflusso riconducibile agli investitori stranieri nelle azioni quotate a Shanghai e Shenzhen è arrivato complessivamente a -10,1 miliardi di dollari, al 28 agosto.
Stimoli che si fanno desiderare
Gli appelli a sostenere direttamente i consumi cinesi attraverso misure di welfare sono diventati sempre più frequenti nelle ultime settimane, ma il Partito comunista cinese ha finora deluso le aspettative di chi aveva immaginato una soluzione fondata su nuovo debito. Un discorso del presidente cinese Xi Jinping, pubblicato sul giornale teoretico Qiushi a metà agosto in piena crisi di fiducia, ha invocato il popolo cinese a “mantenere una pazienza storica e insistere nel compiere progressi costanti e graduali” verso uno sviluppo economico più ordinato.
Il discorso, che sarebbe stato pronunciato lo scorso febbraio, anticipava un target sulla crescita del Pil apparentemente molto conservativo per il 2023, “attorno al 5%”. A inizio anno i gestori di fondi, ma anche le principali istituzioni internazionali, avevano previsto una crescita ben più esuberante per la Cina. Ma in seguito alle difficoltà emerse dall’immobiliare e dallo shadow banking cinese, oltre a diversi segnali macroeconomici deludenti sul fronte dei consumi e della produzione industriale, le banche hanno ripetutamente rivisto al ribasso la crescita del Pil cinese nel 2023 e molte di esse adesso credono che sarà inferiore al 5%. Fra queste, ci sono Nomura, Barclays e JpMorgan. Quest’ultima fino a inizio maggio prevedeva una crescita del 6,4% per il Dragone.
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