Un primo bilancio e le previsioni, a un anno dall’introduzione del concetto di criptoattività nel Tuir
Il via libera della SEC, che per anni aveva opposto una strenua resistenza all’Etf su Bitcoin, ha portato la criptovaluta definitivamente nell’arena della finanza tradizionale. Non più valuta anarchica alternativa, ma strumento di investimento ormai consacrato anche dall’autorità di vigilanza, mentre le grandi banche tradizionali da anni lo vendono ai propri clienti in varie forme. Dopo il breve ritracciamento dei corsi post quotazione dell’Etf il Bitcoin si è avviato in una corsa che appare senza sosta, sfondando a metà marzo i 72mila dollari, record di tutti i tempi. Intanto in Italia in molti si stanno domandando come andrà il primo anno di raccolta erariale in seguito all’introduzione, con la legge di bilancio 2023, del concetto di cripto attività.
La nuova tassazione sul Bitcoin: bilancio di un anno
A marzo dello scorso anno, infatti, è stato inserito nel Tuir (testo unico delle imposte sui redditi) l’obbligo per i detentori di criptovalute, alias bitcoin e tutti i suoi simili, di portare in dichiarazione dei redditi questi valori, pagandoci le tasse.
Il 2024 è arrivato ed è tempo di previsioni e di bilanci: quanto potrebbe entrare nelle casse dello Stato dalle tasse sulla compravendita di Bitcoin? La risposta non è affatto semplice, in quanto le criptovalute sono uno strumento relativamente giovane e sfuggente per chi ha studiato finanza, economia e diritto prima degli anni 2000 (il primo Bitcoin è arrivato sul mercato il 3 gennaio del 2009) e il Legislatore stesso ha faticato a cucirci attorno una normativa che fosse coerente e applicabile. Eppure, dei numeri sulla quantità di cripto circolanti nel nostro Paese esistono, anche grazie al monitoraggio di enti e società di consulenza che si occupano quotidianamente del mercato dei bitcoin.
Quante criptovalute hanno gli italiani
Uno di questi è l’Oam (organismo agenti e mediatori), che ogni trimestre raccoglie le comunicazioni dei Vasp (Virtual asset service provider) da cui transano le operazioni dei clienti detentori di criptovalute. In base all’ultimo report pubblicato il 30 giugno del 2023 emerge che la somma delle criptovalute in mano agli italiani, a quella data, era pari a 1,23 miliardi (120 milioni di euro in meno rispetto tre mesi prima), per un totale di 895.291 soggetti tracciati di cui la quasi totalità sono persone fisiche, con una media di portafoglio pari a 1.377,41 euro.
Il dato Oam è probabilmente è sottostimato perché non considera tutte le criptovalute detenute nella DeFi o nei wallet non custodial. Ma in ogni caso è il più realistico che abbiamo: allora prendendo come punto di riferimento i dati Oam di giugno 2023, ovvero i 1,23 miliardi di euro di bitcoin in portafoglio, e ipotizzando – come dicono gli analisti del settore – che Bitcoin arrivi entro dicembre a valere 100mila dollari (oltre 90mila euro), possiamo stimare che i portafogli degli italiani possano arrivare a valere 5 miliardi di euro.
L’incasso per il Fisco: fino a un miliardo di euro
Se tutti vendessero, lo Stato potrebbe incassare oltre 1 miliardo di imposte. Se consideriamo, invece, il prezzo attuale di Bitcoin, sopra i 70mila dollari (66mila euro), il gettito fiscale dovuto alle imposte sul capital gain potrebbe essere superiore al mezzo miliardo di euro. Per dare alcuni termini di paragone, si consideri che le imposte di bollo sul 2023 potrebbero generare un incasso per l’erario di circa 5 miliardi di euro, o per citare un’altra nota imposta indiretta, il tanto vituperato Canone Rai, la raccolta nel 2022 è stata di 1,4 miliardi di euro. Insomma, un incasso aggiuntivo da non disprezzare, per quanto al momento solo potenziale.
di Gianluca Massini Rosati, imprenditore, presidente e amministratore delegato di Allcore