La fiera d’arte più importante al mondo si conferma il gold standard del mercato. Tornata in presenza nelle date canoniche di giugno, la kermesse ha accolto 70.000 visitatori felicemente disseminati fra le 289 gallerie provenienti da 40 paesi diversi. Le installazioni monumentali della sezione Unlimited erano 70, quasi tutte molto belle. Intorno, i mercati finanziari si agitavano: inflazione, tassi in aumento, prospettive di recessione, rischi geopolitici, criptovalute in caduta libera. Ma il mercato dell’arte alla sua massima potenza non se ne curava: Art Basel 2022 ha registrato fatturati oltre ogni aspettativa.
Nessuno di questi tumulti è sembrato avere impatto alcuno sugli scambi che frenetici si tenevano negli stand di Messeplatz. L’opera più cara, come già scritto, è stata lo Spider (1996) di Louise Bourgeois, ceduta dalla galleria Houser&Wirth per 40 milioni di dollari, cifra che supera di gran lunga il record personale dell’artista (fermo agli 8 milioni di dollari della vendita in asta da Christie’s nel 2018) e che la rende l’artista donna più pagata di sempre. Ma non sono stati solo gli artisti più storicizzati a vendere bene. Com’è stato notato da Marc Glimcher, ceo della galleria Pace, c’è stato un allineamento dinamico fra le vendite del mercato primario e di quello secondario, con il risultato di una brillante performance sia per gli artisti blue chip del XX che per gli emergenti. Ma quali sono state le gallerie che hanno venduto di più?
Hauser & Wirth, oltre al ragno della Bourgeois, ha registrato molte altre vendite milionarie. Della stessa Bourgeois ha ceduto un’opera su stoffa per 1,1 milioni. Ha venduto per esempio per 5,5 milioni di dollari un lavoro su carta di Arshile Gorky (fine anni ’40, bozza preparatoria di Betrothal); un dipinto di Francis Picabia dei primi anni ‘40 per 4 milioni di dollari. È del 2022 invece l’opera mixed media Cobra di Mark Bradford, venduta per 3,5 milioni di dollari. Del 2022 pure il Large Reclining Nude di George Condo (1957), fatturato 2,8 milioni. Hanno fatto bene anche il britannico nativo della Guyana Frank Bowling (2,75 milioni), Philip Guston (1913-1980; due opere a 2,5 milioni ciascuna), Glenn Ligon (1960; due milioni).
Raphael Barontini, Island Empress, 2022, dettaglio
Pace, la neo galleria di Jeff Koons, ha venduto vari Moon Phase nft dell’artista a due milioni di dollari l’uno. Ha poi ceduto per 16,5 milioni il dipinto su larga scala di Joan Mitchell, Bergerie (1961–62). Ottimi risultati anche per un autoritratto del 2022 di Adrian Ghenie, venduto a oltre un milione di dollari, come una tela del 1960 di Richard Pousette-Dart (1916-1992) e un’opera di Rauschenberg (1,2 milioni).
Sempre Robert Rauschenberg è stato fra gli artisti più costosi da Thaddaeus Ropac: una serigrafia vi è stata venduta per 3,5 milioni, un’opera su ceramica per 1,5 milioni. Prezzi milionari (sette cifre) anche per Elaine Sturtevant (1924-2014), Georg Baselitz (1938) e Alex Katz (1927). Stessa musica da David Zwirner: Felix Gonzalez-Torres (12,5 milioni); Marlene Dumas (8,5 e 2,6 milioni), Alice Neel (3,5 milioni), Neo Rauch (1,5 milioni), Josef Albers (1,5 e 1,1 milioni), Elizabeth Peyton e Ruth Asawa (un milione entrambe).
Certo, si tratta di alcune fra le gallerie più importanti al mondo, autentici colossi. Ma sorprese sono arrivate anche e soprattutto da chi, in questa edizione 2022, ha fatto il suo debutto. Come la parigina Mariane Ibrahim, il cui stand ha necessitato di più rifornimenti grazie alle cospicue vendite, fra le quali spiccano il nigeriano Peter Uka (1975; 80.000), Raphaël Barontini (1984; 25.000), Ayanna V. Jackson (1977; 18.500). Fra le altre ottime gallerie debuttanti: la OH Gallery di Dakar, la Galerie Cession & Bénétière, Galerie Maria Bernheim.