Ai fini dell’attribuzione dell’assegno divorzile rileva il contributo fornito alla conduzione della vita familiare e anche l’aver sacrificato la propria attività lavorativa
Non sarà necessario dimostrare le ragioni individuali che hanno portato l’ex coniuge, nel corso della vita matrimoniale, a rinunciare a svolgere attività professionale
L’assegno divorzile
Come noto, per compensare l’ex coniuge economicamente più debole, quando la vita di coppia è venuta meno, ad un partner può essere attribuito l’onere di versare un assegno divorzile al fine da far consentire il raggiungimento di un livello reddituale adeguato a quello goduto dal coniuge richiedente nel corso della vita familiare.
L’assegno divorzile è infatti parametrato in ragione del contributo materialmente offerto al coniuge nel rapporto di coppia o nell’ambito familiare anche con riferimento alle eventuali e personali rinunce lavorative cui l’ex coniuge è andato incontro per favorire la vita matrimoniale.
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La rinuncia al lavoro incide sul diritto a percepire l’assegno
Secondo i giudici di legittimità, infatti, come espresso nella recente sentenza della Cassazione, n. 27945 del 2023, il coniuge economicamente più debole che dimostri di aver sacrificato occasioni lavorative o di crescita professionale per dedicarsi alla famiglia ha diritto a percepire l’assegno divorzile.
Non sarà, per il coniuge richiedente, neppure necessario dimostrare le ragioni strettamente individuali e intime che lo hanno portato nel corso della vita matrimoniale a rinunciare allo svolgimento dell’attività professionale.
La parte che richiede l’assegno, infatti, osservano i giudici, può aver preferito dedicarsi esclusivamente o prevalentemente alla famiglia per amore dei figli o del coniuge, ma anche per sfuggire da un ambiente di lavoro ostile. L’assegno mira a compensare lo squilibrio economico conseguente alla scelta di impiegare le proprie energie e attitudini in seno alla famiglia, piuttosto che in attività lavorative o in occasioni di crescita professionale produttive di reddito.
Ciò che occorre unicamente dimostrare, rimarcano i giudici, è che l’ex coniuge abbia effettivamente contribuito alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio comune o personale dell’altro coniuge, a scapito del tempo e delle energie che avrebbe potuto dedicare al lavoro o alla carriera.
In altre parole, è irrilevante individuare il motivo sotteso alla scelta di dedicarsi maggiormente alla famiglia, né rileva che tale scelta comporti o meno una dedizione totale ed esclusiva al coniuge e ai figli.
Ai fini dell’attribuzione dell’assegno divorzile rileva il contributo fornito alla conduzione della vita familiare e anche l’oggettivo sacrificio della propria attività lavorativa.