Net-zero e carbon tax, le mosse di un’Europa più green

L’obiettivo a emissioni zero entro il 2050 dell’Unione europea ha al centro un ambizioso alleato: l’idrogeno verde. Ma prima questo dovrà diventare molto meno oneroso

“Sarà il 2030 l’anno in cui l’idrogeno verde diventerà commercialmente redditizio. Entro il 2040, se non prima, questo potrà essere usato come combustibile”. Sono queste le stime degli esperti di BNP Paribas Asset Management sulla transizione energetica, destinata ad accelerare il passo nei prossimi anni in vista dell’obiettivo di un’economia a zero emissioni che l’Unione Europea si è data per il 2050.
Una corsa contro il tempo che potrebbe comportare l’introduzione di nuove misure attuate dall’Unione per raggiungere i target prefissati. “All’orizzonte potrebbe esserci un nuovo paradigma di tariffazione, come una carbon tax”, commenta Mark Lewis, Chief Sustainability Strategist in BNPP AM. Ma quali sono le misure oggi in atto? Quali i prossimi step per il net-zero? E quale sarà il ruolo dell’idrogeno verde?

Ets vs carbon tax: il futuro del net-zero

Nel 2005 l’Unione Europea ha istituito il primo sistema internazionale di scambio di quote di emissione di carbonio al mondo (Eu Ets, European union emission trading scheme). Attualmente è il più ampio, trattando oltre i tre quarti degli scambi internazionali di carbonio. “È essenzialmente un costrutto normativo concepito per ottenere un risultato politico specifico, ovvero il net-zero entro il 2050. Il legislatore stabilisce d’anticipo la riduzione delle emissioni perseguita in un determinato periodo e le forze di mercato determinano poi il prezzo al quale avviene la riduzione richiesta”, sottolinea Lewis. All’interno del mercato, le imprese ricevono o acquistano delle quote di emissione (Eua, European emission allowances) che possono poi scambiare. A fine anno le società dovranno restituire abbastanza quote per coprire le loro emissioni, pena il pagamento di pesanti multe.
A questo sistema potrebbe in futuro aggiungersi una carbon tax comunitaria, per armonizzare le attuali differenze tra i 17 stati membri che prevedono questa misura e coinvolgere invece gli stati che ancora non l’hanno adottata. Il primo paese a introdurla fu la Finlandia nel 1990: ad oggi, la carbon tax più alta in Europa si registra in Svezia, dove le società sono obbligate a pagare una tassa di circa 109 euro per ogni tonnellata di Co2 emessa.

Un cambio di paradigma, al centro l’idrogeno

Nel 2020, per la prima volta in 15 anni di storia del mercato del carbonio europeo le Eua stanno scambiando al di sopra dell’estremità superiore dell’intervallo di fuel-switching, ovvero l’intervallo in cui i prezzi delle Eua incentivano impianti a gas a minore intensità di carbonio in sostituzione di quelli a combustibili fossili a maggiore intensità di carbonio nell’ordine di merito della produzione di energia elettrica”, commenta Lewis.
Anche il mercato sembra quindi muoversi nella stessa direzione dell’Unione. E, in questo contesto, l’idrogeno verde sembra essere la soluzione. “A luglio, la Commissione europea ha infatti presentato un’ambiziosa strategia che colloca l’idrogeno al centro del processo per lo net-zero, visto che l’idea è di soddisfare con questo il 20% del consumo finale di energia nell’Ue entro il 2050 (rispetto al 2% attuale)”, aggiunge Lewis.

Obiettivo: idrogeno verde commercialmente redditizio

Attualmente, produrre idrogeno verde comporta costi significativi. Ecco quindi la preferenza per energie rinnovabili come l’eolico o il solare. Un prerequisito della visione europea è quindi rendere l’idrogeno verde commercialmente redditizio (entro il 2030), per cui saranno necessari circa 320-460 miliardi di euro di investimenti, secondo le stime della Commissione.
Dalle ricerche di BNPP AM emerge che l’idrogeno verde diventerà redditizio entro i prossimi 10 anni se avverrà “un raddoppio del prezzo delle quote di carbonio dell’Ue, definendo così un range compreso tra 42-55 euro a tonnellata rispetto ai livelli attuali” (la media del 2020 è infatti di 24,5 euro a tonnellata).
Stimare il prezzo esatto potrebbe però non bastare. Ciò che serve è “un cambiamento della psicologia del mercato e del comportamento dei suoi operato. Infatti, se il mercato considererà la decarbonizzazione radicale una priorità urgente, sia gli acquirenti per ragioni di compliance che gli investitori finanziari si aspetteranno dalla Commissione la creazione delle condizioni necessarie affinché i prezzi raggiungano il livello auspicato entro il 2030”.

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