Sono anni ormai che le nazioni di tutto il mondo sono scese in campo e hanno assunto impegni, a volte anche quasi irraggiungibili, per cambiare la situazione climatica. Ma questi impegni sono abbastanza? Guardando all’ultimo rapporto dell’Agenzia internazionale dell’energia sembra che lo scorso anno abbia battuto nuovi record e non tutti positivi, anzi. Le emissioni globali di CO2 legate all’energia, un settore che da solo causa oltre la metà delle emissioni a livello mondiale, sono aumentate dell’1,1% rispetto al 2022, toccando il massimo storico annuale di 37,4miliardi di tonnellate. Insomma, invece che passi avanti sembra che la transizione stia rallentando. Eppure, un occhio più attento non può ignorare che senza la continua espansione delle energie pulite, le emissioni di CO2 negli ultimi cinque anni sarebbero aumentate tre volte di più.
Ovunque si guardi però rimane una certezza, risolvere la componente energetica dell’equazione della decarbonizzazione è sempre più urgente, ma come fare? Infatti non è sufficiente ridurre, se non addirittura evitare i danni ambientali, ma anche mantenere un approvvigionamento sicuro, duraturo e affidabile su scala globale, permettendo a tutti di poter accedere in modo semplice e immediato all’energia.
La transizione energetica non passa solo per la decarbonizzazione
Ad oggi, il 60% dell’energia mondiale viene ancora fornita da combustibili fossili e, anche se l’uso delle energie rinnovabili continua a crescere, è ancora lontanissimo il giorno in cui le fonti alternative risponderanno al fabbisogno energetico mondiale. Secondo Jay Saunders, portfolio manager di PGIM Jennison Carbon Solutions Equity Fund, “i combustibili fossili a più basse emissioni di carbonio probabilmente avranno un ruolo cruciale nel percorso di decarbonizzazione, mentre quelli più puliti contribuiranno a colmare il divario fino a quando le fonti prive di carbonio non copriranno la maggior parte del fabbisogno di energia”.
Quello che ci troviamo davanti sarà un processo lungo e, solo alla fine, le tradizionali società del gas e del petrolio verranno viste come obsolete. Ma invece che aspettare che queste grandi fabbriche finiscano in disuso, possono giocare anche loro un ruolo cruciale nella transizione.
Svolta sostenibile: un cambiamento che parte dai giganti
L’obiettivo delle grandi aziende è quello di mantenere la loro posizione nell’olimpo il più a lungo possibile. Proprio in quest’ottica, anche le Big Oil, vista la direzione del mercato, stanno puntando sulla transizione energetica. Secondo l’esperto, “le grandi società del petrolio internazionali che sono sufficientemente dinamiche e umili da spostare la loro produzione energetica su fonti di combustibili verdi probabilmente manterranno la loro importanza e il loro dominio”. Questo cambiamento è chiaro fin da oggi, dove la maggior parte dei progetti innovativi sostenibili vengono sviluppati nei laboratori di ricerca di queste grandi società petrolifere.
Dai combustibili fossili alle fonti verdi, step by step
Sostituire dall’oggi al domani il carbone con delle fonti completamente green è impossibile. É proprio in questo momento di transizione che il gas naturale giocherà un ruolo cruciale. Entro il 2040, la domanda globale di gas naturale è destinata a crescere almeno del 40% e, accanto a lui, alcuni minerali critici come il litio e il cobalto otterranno sempre più attenzione. Fondamentale, in ogni segmento della transizione elettrica, sarà il rame.
La domanda per questo metallo continua a crescere, superando anche l’offerta, facendo così salire i prezzi. Eppure non si tratta dell’unico problema legato al commercio del rame. La risposta dell’offerta di rame è infatti notoriamente lenta, una miniera richiede circa 10/15 anni per essere esplorata, sviluppata e messa in funzione. Considerando che nel giro dei prossimi trent’anni la domanda potrebbe crescere di circa sei volte rispetto a quella di oggi, i dubbi relativi alla fattibilità di questo cambiamento sono ancora molti.
Intelligenza artificiale e corsa all’elettrificazione
Negli ultimi anni il fenomeno dell’intelligenza artificiale è completamente esploso. Ma a sostenere le continue innovazioni di questo settore ci sono i data center. Secondo un recente report di Newmark, il consumo energetico dei data center negli Stati Uniti è destinato a raggiungere i 35 GW entro il 2030, ovvero quasi il doppio rispetto al 2022. Dati basati sulle stime di crescita dell’intelligenza artificiale che, visto il ritmo attuale, potrebbero anche superare di gran lunga le aspettative.
Se questo non bastasse, per seguire i ritmi di trasformazione legati all’intelligenza artificiale, saranno necessarie almeno 50milioni di miglia di collegamenti, anche pronte a trasportare energia rinnovabile.
Insomma, da qualunque lato si guardi la transizione sostenibile si trova ancora sui suoi primi passi ed è necessario il supporto di tutti, dalle grandi aziende alle più piccole società, per fare la differenza, aprendo così nuove opportunità di investimento.