Il mercato dei green e dei social bond è ancora giovane. È tuttavia protagonista di una forte crescita, sia in termini di rappresentatività delle società e degli enti emittenti che di duration. Anche se i suoi volumi rimangono ancora minori rispetto a quelli generati dagli investimenti in obbligazioni tradizionali, possono contribuire al raggiungimento di ambiziosi obiettivi per il pianeta e la nostra società. Con Arnaud Guilhem Lamy, Portfolio Manager di BNP Paribas Asset Management, parliamo di greenium, performance, impatto e altri temi centrali per questo comparto del reddito fisso, sfatando alcuni (falsi) miti.
È un dato di fatto che il mercato dei green e social bond sia ancora giovane, anche se in crescita. Quali sono stati gli sviluppi degli ultimi anni e quali sfide deve affrontare attualmente?
La situazione che osservavamo nel 2017, quando il principale ostacolo alla crescita era la concentrazione sia in termini settoriali sia in termini di scadenze (con una presenza dominante di emissioni di green e social bond da parte di agenzie, enti sovranazionali e utilities, perlopiù a lungo termine), è cambiata radicalmente. Oggi è possibile trovare emittenti di green e social bond in ogni settore, da quello industriale a quello finanziario, dalle utilities alle agenzie, oltre che ai governi. Anche in termini di scadenze lo scenario è diverso: ora, infatti, è possibile individuare green bond lungo tutta la curva, come dimostrano le emissioni tedesche a 2, 5 e 30 anni. Questa diversificazione è essenziale per lo sviluppo del mercato dei green e social bond, perché può favorire gli investitori alla ricerca di strategie a gestione attiva e desiderosi di allocare stabilmente in questi strumenti una quota del proprio portafoglio.
Attualmente, il solo mercato dei green bond supera i 2mila miliardi di dollari, con un trend di crescita che dal nostro punto di vista potrebbe proseguire in futuro. Basti pensare ai capitali necessari per sostenere la transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio, pari a circa 6-7mila miliardi di dollari l’anno entro il 2030, che lasciano ampio spazio per la crescita del mercato delle obbligazioni verdi (circa 500miliardi di nuove emissioni l’anno, secondo le nostre stime). Ecco perché si può affermare che questo comparto abbia ora raggiunto una liquidità paragonabile a quella delle obbligazioni standard. Un’altra nota interessante, a riprova del fatto che questo non sia più un mercato di nicchia, è il fatto che circa un corporate bond investment grade in euro su cinque emesso nel 2024 appartiene alla categoria green, social o sustainable. Per gli investitori significa poter trasformare un’allocazione potenzialmente ridotta in una parte fondamentale del proprio portafoglio.
Questa crescita potrebbe sorprendere molti. Parlando di differenze rispetto ai bond tradizionali, si discute spesso del “greenium”, ossia di un premio che gli investitori dovrebbero pagare per contribuire agli obiettivi ambientali, sociali e di sostenibilità previsti da questi titoli. Esiste davvero un prezzo per la sostenibilità?
Direi che il “greenium” è più una leggenda metropolitana che una verità. Può sì esistere una differenza nel rendimento tra un’obbligazione standard e una green dello stesso emittente e con la medesima scadenza, ma si tratta di un’oscillazione da 0 a 7 punti base, quindi non dovrebbe influire sulla performance e non dovrebbe inoltre compromettere il desiderio di investire in questo comparto o l’interesse nei suoi confronti.
Con oltre 2mila miliardi di dollari, il mercato dei green bond è cresciuto notevolmente negli ultimi anni, anche se rimane più circoscritto rispetto al mercato obbligazionario tradizionale. Nonostante questo, gli investitori possono aspettarsi che una strategia di investimento green possa performare come una strategia tradizionale?
Si tratta di un’ottima domanda. Il 2022 è stato un anno difficile per l’intero mercato del reddito fisso e specialmente per l’indice dei green bond, che ha sottoperformato rispetto alle obbligazioni tradizionali. Tuttavia, dal 2022 alla fine del terzo trimestre 2024, i risultati mostrati dall’indice Bloomberg MSCI Green Bond in euro e dall’indice Bloomberg Euro Aggregate Bond sono stati simili, con un divario di appena 8 punti base (rispettivamente, 10,37% e 10,45%). Credo fermamente che gli investitori con un orizzonte di medio-lungo termine dovrebbero includere i green bond tematici nelle loro allocazioni: questo consentirebbe loro di creare portafogli capaci non solo di ottenere rendimenti competitivi, ma di avere anche un impatto positivo e concreto per il pianeta.
Approfondendo questo ultimo punto, è possibile portare qualche esempio dell’impatto che questi investimenti possono avere?
Certamente. Come BNP Paribas Asset Management pubblichiamo un Impact Report ogni anno. Analizzando i risultati ottenuti, possiamo dire di aver finanziato progetti che hanno evitato oltre 540.000 tonnellate di emissioni di CO2 legate alla produzione di elettricità. Inoltre, abbiamo supportato la costruzione o la ristrutturazione di oltre 80.000 m² di edifici green. Questi sono esempi concreti di investimenti che generano un impatto reale, promuovendo sia l’energia rinnovabile che il risparmio energetico. Per entrare nel nostro universo di investimenti in green bond, ogni emissione deve soddisfare i nostri criteri in termini di obiettivi green, integrità del progetto e destinazione dei proventi, nonché dimostrare un impegno a lungo termine verso attività sostenibili.
Ad esempio, abbiamo finanziato la transizione dai treni diesel ai treni elettrici. Tuttavia, abbiamo valutato anche come veniva prodotta l’elettricità utilizzata, per evitare il coinvolgimento di centrali a carbone. Per questo motivo, i nostri analisti ESG svolgono sempre accurate verifiche per garantire che gli esiti dei progetti abbiano un effetto netto positivo per il pianeta. Crediamo fermamente che le strategie in green bond possano offrire agli investitori un’efficace opportunità per sostenere progetti di sostenibilità e che possano rappresentare una componente centrale anche nei portafogli più tradizionali.