Il metaverso esiste davvero? Ecco su cosa investono le imprese

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Esistono 141 mondi virtuali, ma nessun metaverso. Almeno secondo la definizione della School of management del Politecnico di Milano. Ecco dove (e come) investono le imprese in questo scenario

Dei 141 mondi virtuali mappati, solo il 44% viene definito “metaverse ready”, vale a dire accessibile da tutti, interoperabile, economicamente attivo e dotato di una grafica 3D

Portale: “Il metaverso ancora non esiste, anche se centinaia di milioni di utenti hanno iniziato a muoversi e comunicare in questi spazi virtuali”

Gli avatar di centinaia di milioni di persone stanno popolando ben 141 mondi virtuali. Mondi in cui anche le imprese stanno iniziando a muovere i primi passi, tanto che si contano 308 progetti internazionali in cantiere tra social e gaming ma anche lavoro, formazione e nuovi touchpoint per l’acquisto di prodotti. Eppure, stando al nuovo Osservatorio realtà aumentata e metaverso della School of management del Politecnico di Milano, parlare di “metaverso” non è ancora possibile.

“Di certo il metaverso sarà la prossima grande rivoluzione dell’interazione online in spazi virtuali condivisi e interconnessi in cui gli utenti possono muoversi, condividere e interagire tramite la propria rappresentazione digitale. Ma il suo futuro è ancora tutto da scrivere”, spiega Valeria Portale, direttore dell’osservatorio. “Solo alcuni dei mondi esistenti potranno diventare interoperabili e componibili. Di fatto, il metaverso ancora non esiste, anche se centinaia di milioni di utenti hanno iniziato a muoversi e comunicare in questi spazi virtuali”. Con metaverso, secondo la definizione del Polimi, si intende infatti un ecosistema immersivo, persistente (continua a esistere indipendentemente dalla presenza o meno di un soggetto che lo popoli), interattivo e interoperabile, composto da mondi virtuali interconnessi tra loro in cui gli utenti possano socializzare, lavorare, effettuare transazioni, giocare e creare tramite strumenti di realtà estesa. 

La mappa dei mondi virtuali

Dei 141 mondi virtuali mappati, il 44% (62 piattaforme) viene definito “metaverse ready”, vale a dire accessibile da tutti, persistente, interoperabile, economicamente attivo e dotato di una grafica 3D. Si parla per esempio di Decentraland, The Sandbox o dell’italiana The Nemesis. Il 33% dei mondi viene definito invece “open world”, ovvero uno spazio virtuale aperto, persistente, modulabile e immersivo ma non interoperabile, che può essere utilizzato sia da parte delle imprese sia per finalità sociali, basti pensare al caso di Horizon Worlds di Meta. Il 19% appartiene invece alla categoria “Focused world”, essendo mondi virtuali verticali su una specifica area di interesse, come il gaming, il commercio, la formazione o la collaborazione lavorativa, vedi Fortnite o Microsoft Mesh. Chiudono il cerchio gli “Showrooming world” (categoria nella quale rientrano il 4% dei mondi virtuali analizzati), vetrine che consentono per esempio l’esposizione di opere d’arte ma non la creazione da parte dell’utente o la presenza di un’economia interna, come Musee Dezentral. Restano esclusi dall’analisi i “Temporary space”, spazi temporanei costruiti per un determinato evento o manifestazione ma che non rientrano nella definizione di mondi virtuali del Polimi.

Su cosa investono le imprese

In questo panorama, come anticipato in apertura, sono 308 i progetti internazionali realizzati da 220 aziende. Ma sebbene siano disponibili 141 mondi virtuali, gli investimenti tendono a concentrarsi sulle tre piattaforme ritenute più conosciute e mature, vale a dire The Sandbox (43%), Decentraland (23%) e Roblox (15%). Inoltre, il 72% dei progetti fa leva su piattaforme basate sulla blockchain e l’83% di questi utilizza Nft (Non-fungible token). L’82% consente un’interazione utente-brand unicamente virtuale mentre il 18% prevede un contatto anche nel mondo fisico, con sconti disponibili nel punto vendita, accessi esclusivi a beni o servizi reali o premi.

“Sta alle aziende ora costruire esperienze virtuali stimolanti e offrire value proposition significative”, osserva Portale. “Il metaverso potrà trovare sviluppi in molti ambiti applicativi trasversali e differenti, non solo social e gaming, ma anche lavoro, formazione, customer experience, vendita e molti altri, in una pluralità di settori”, interviene Riccardo Mangiaracina, responsabile scientifico dell’osservatorio. Che lancia infine un avvertimento alle aziende: “Non devono lasciarsi prendere dalla fretta di entrare nel nuovo mondo digitale solo per un ritorno mediatico immediato: per il raggiungimento di benefici concreti occorre identificare e strutturare la strategia più corretta, ragionando sugli obiettivi specifici da raggiungere”.

Gli articoli pubblicati sono stati realizzati da giornalisti e contributors di We Wealth e vengono forniti a Poste Premium a scopo informativo.


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