Il 2022 si è chiuso da ormai sei mesi e, nonostante un’instabilità dilagante lo abbia caratterizzato su più fronti, da quello geopolitico a quello economico, è possibile tracciare alcune “certezze”. Tra queste, una è chiara: l’interesse degli investitori verso le strategie sostenibili, specie quelle azionarie. Lo confermano i dati di Refinitiv sugli afflussi dei fondi Esg per l’anno passato, pari a 14,1 miliardi di sterline. Un trend positivo continuato anche nel primo trimestre del 2023, quando l’equity green ha attratto capitali per 2,34 miliardi di sterline, sempre secondo la stessa agenzia. Cosa aspettarsi per l’anno in corso? Lloyd McAllister, Head of sustainable investment di Carmignac, ha evidenziato sette tendenze che a suo avviso domineranno le riflessioni sull’investimento sostenibile. Scopriamole insieme.
I 7 trend degli investimenti Esg
1. La crescita delle soluzioni tecnologiche contro il climate change
“Gli scarsi progressi in materia di riduzione delle emissioni globali sposteranno la discussione sul clima dagli obiettivi di lungo termine all’urgenza dell’azione e all’importanza fondamentale dell’innovazione e di nuove soluzioni tecnologiche” spiega l’esperto. Il tutto, in un contesto regolatorio sempre più stringente a livello globale, specie per quanto riguarda il tema delle emissioni di carbonio. Nel concreto? “Si prevedono molte altre soluzioni tecnologiche verdi non ancora sviluppate o testate”. Inoltre, “gli incentivi finanziari possono invogliare le aziende a investire in settori in ritardo nella transizione, come il cemento, il carbone, l’aviazione, le spedizioni o gli alimentari”.
2. Dimostrare risultati concreti in materia di impegno Esg
“Era facile mostrarsi sostenibili nell’era post-crisi del denaro a buon mercato che premiava in maniera generosa la crescita. Il contesto incentivava in linea di massima un portafoglio “lungo sui tecnologici e corto sugli energetici”, una sorta di modello per la sostenibilità, grazie a una presenza limitata di fattori esterni negativi facilmente misurabili (per esempio le emissioni di CO2) e all’esposizione positiva alle società tecnologiche più avanzate che avevano il merito di migliorare la vita delle persone” spiega McAllister. Gli investitori dovranno quindi saper riconoscere un impegno effettivo, mentre le aziende “dovranno dimostrare chiaramente che tipo di allineamento al cliente, di risultati concreti o di valore aggiunto sono in grado di garantire e in che misura considerano i fattori Esg da un punto di vista finanziario e non finanziario”.
3. Le definizioni sono sotto la lente di ingrandimento
Le definizioni introdotte dalle ultime normative in materia di finanza sostenibile (come al Sustainable finance disclosure regulation e la Tassonomia) hanno reso più chiara l’interazione tra i sistemi finanziari, ambientali e sociali e i diversi obiettivi di investimento. Tuttavia, la sola definizione dei grandi principi basilari non è più sufficiente, dato che secondo l’esperto di Carmignac “si passerà a esaminare come gli asset manager hanno interpretato nel dettaglio il regolamento. La regolamentazione dovrà perfezionare la definizione di investimento sostenibile. Ci aspettiamo un’analisi più minuziosa e un orientamento più preciso sulla definizione di quali fondi rientrano nell’Articolo 8 del regolamento SFDR”.
4. Nuove aspettative sul dovere fiduciario e la materialità
“La definizione di dovere fiduciario si modificherà ancora e si passerà dalla centralità del patrimonio degli azionisti al ‘welfare’ degli azionisti, accompagnata dall’affermazione del capitalismo degli stakeholder. Significa che gli investitori e gli asset owner sono sempre più interessati a come i gestori patrimoniali considerano il concetto di doppia materialità, ossia la rilevanza sia delle conseguenze delle tematiche sociali e ambientali sulla performance aziendale, sia dell’impatto dell’impresa sull’ambiente e la società. È probabile che clienti e regolatori si concentreranno sulle tematiche ESG che sembrano meno sostanziali ai fini della valutazione di una società nel breve termine ma che sono rilevanti nel quadro di una decisione di investimento di lungo termine” aggiunge McAllister.
5. La sostenibilità diventerà un tema politicizzato
Le recenti discussioni politiche sulla sostenibilità che hanno pervaso gli Stati Uniti (la destra la considera una congiura che allontana la finanza da settori cruciali come energia e difesa, per la sinistra è l’ennesima opportunità di greenwashing atta a estorcere commissioni più elevate) “costringeranno ad adottare un approccio più trasparente e qualitativo, che non può che essere auspicabile”. In questo contesto, il ruolo dei gestori patrimoniali resta centrale, anche se riuniti in gruppi aggregati, data la loro “capacità, per quanto non illimitata, di realizzare gli obiettivi Esg a livello di sistema”.
6. La teoria della decrescita tornerà in auge
“Nel 2022 la teoria della decrescita (per cui è necessario ridurre il consumo delle risorse per permettere alla società di vivere in maniera ecocompatibile, ndr) è ritornata in auge a causa dell’inefficacia percepita della crescita verde (per cui è invece possibile continuare ad avere una crescita delle metriche tradizionali come il PIL realizzando obiettivi accettabili in termini di inquinamento globale e standard di vita). A meno che l’inquinamento globale non inizi a ridursi in termini assoluti, circostanza che riteniamo improbabile, la narrativa della decrescita dovrebbe cominciare a permeare lentamente il dibattito economico e pervadere le politiche dei governi. Le aziende che adottano logiche percepite comunemente come consumistiche, per esempio quelle che operano nel fast fashion o che producono articoli in plastica monouso, dovrebbero trovarsi maggiormente sotto i riflettori di regolatori, consumatori e clienti” prosegue l’esperto di Carmignac.
7. Dal clima alla biodiversità, fino ai temi sociali
Dal clima alla biodiversità, fino ai temi sociali, l’agenda di sostenibilità di governi e investitori si sta inevitabilmente allargando. “Pensiamo che i gestori patrimoniali dovranno dimostrare la loro performance da un punto di vista dei limiti del capitale naturale o dei budget anziché concentrarsi sulle metriche di performance assoluta. In un certo senso questa evoluzione è già in atto, basti pensare all’iniziativa dell’Unione europea del bilancio di CO2 per i fondi o alla Tcfd (la Taskforce sull’informativa finanziaria relativa alla natura), ma prevediamo che ci sarà un’accelerazione di queste dinamiche. L’attenzione ai temi sociali in senso lato darà adito a dibattiti più complessi, dove ci saranno meno dinamiche win-win per il capitale finanziario, naturale e sociale ma più compromessi tra i vari fattori che richiederanno una gestione accorta” conclude McAllister.
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