Quando parla di lotta al cambiamento climatico e di rivoluzione sostenibile, si guarda per lo più ai grandi inquinatori del mondo, come Stati Uniti, Cina e India, ma questo non significa che gli altri Paesi siano giustificati nel rimanere immobili, senza puntare sul cambiamento. In Europa l’impegno per la sostenibilità è chiaro, con gli stati scandinavi considerati tra i migliori al mondo, ma anche l’Asia ha iniziato a muoversi.
Sostenibilità: ritrovare l’armonia con la natura
Nella cultura tradizionale giapponese l’armonia tra individui, società e natura (wa) gioca un ruolo fondamentale. Tuttavia, il Giappone moderno ha dovuto confrontarsi con un modello di sviluppo intensivo che ha in parte messo in crisi questa armonia.
Ad oggi, il 70% dell’energia del Paese proviene ancora dai combustibili fossili. Questo perchè, dopo il disastro nucleare di Fukushima molte centrali sono state spente, aumentando così la dipendenza da carbone e gas naturale liquefatto.
In quanto firmatario dell’Accordo di Parigi, il Giappone si impegna a raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050, ma questa possibilità sembra ancora un miraggio. Nel frattempo, si impegna a ridurre di almeno il 75% le emissioni di gas serra rispetto ai livelli del 2013 entro il 2035 e di aumentare l’utilizzo delle energie rinnovabili, che dovrebbero rappresentare almeno il 60% del mix energetico entro il 2035.
Giappone sostenibile: vicino ma non immediato
Il Giappone ha un rapporto complesso con la sostenibilità: da un lato è innovatore e un paese all’avanguardia, dall’altro si trova ancora di fronte sfide significative, legate alla sua dipendenza dalle importazioni energetiche.
Proviamo ad analizzare questo dualismo. Il Paese del Sol Levante è pioniere nei trasporti sostenibili, il famosissimo sistema ferroviario degli Shinkansen ad alta velocità permette, infatti, di viaggiare per tutto il Giappone in modo rapido, comodo, economico e sostenibile, senza la necessità di utilizzare aerei per le tratte interne. D’altra parte, l’utilizzo di auto elettriche è bassissimo, soprattutto fuori dalle grandi città. Questo perché le infrastrutture di ricarica sono un ostacolo che sembra, al momento, insormontabile.
Un altro aspetto in cui il Giappone è un campione riconosciuto è quello del riciclaggio e dello smaltimento dei rifiuti, imponendo regole molto rigide sulla separazione dei materiali, valide anche nelle zone più rurali. Però il Paese ha un altissimo consumo di plastica, che si tratti di buste, imballaggi o sacchetti. Un problema enorme, anche considerando che il sistema di smaltimento è basato soprattutto sull’incenerimento dei rifiuti, che contribuisce alle emissioni di CO2.
Se questo non bastasse, non ci sono dubbi sul fatto che sia uno dei Paesi più vulnerabili ai cambiamenti climatici con tifoni e piogge torrenziali sempre più intensi, ma anche un altissimo rischio sismico e di tsunami, come il terremoto di Kumamoto del 2016 che ha causato la morte di 137 persone, con danni stimati di almeno 20miliardi di dollari.
Un passo verso la sostenibilità per il Giappone
Secondo Aina Fukuda, head of Japan investment stewardship di Legal & General Asset Management, è necessario un duplice approccio, combinando l’advocacy politica diretta e l’impegno delle società. “A nostro avviso, le proposte del governo per il Piano di Contromisure per il Riscaldamento Globale (e NDC) e per il Piano Energetico Strategico del governo giapponese mancano della velocità e dell’ambizione necessarie per allinearsi all’obiettivo di 1,5°C e agli impegni globali”. Le politiche attualmente in fase di deliberazione saranno fondamentali per ridefinire il percorso del Giappone verso gli obiettivi globali, essenziali anche per mantenere la competitività del paese, rafforzando la sua posizione nelle catene di approvvigionamento.
Solo se il Giappone riuscirà a integrare innovazione tecnologica e tradizione, potrà davvero diventare un modello di sostenibilità armoniosa.