Parlare di cambiamento climatico è sempre più all’ordine del giorno alla luce anche degli eventi estremi che questa estate hanno portato distruzione in tutta Italia, da nord a sud, con un impatto che è impossibile non vedere. Quando si parla degli effetti della perdita di biodiversità la situazione è diversa, è molto più complicato capire veramente la sua portata: negli ultimi 50 anni la fauna selvatica è diminuita del 70% e, a fine 2022, erano più di 42mila le specie di animali che rischiavano l’estinzione, stando alla lista rossa stilata dall’Unione internazionale per la conservazione della natura. Un numero che drammaticamente continua a crescere di anno in anno.
Perché la biodiversità è importente per gli investitori
Animali, piante, funghi e microorganismi non sono forme di vita distinte e a sé stanti, bensì interagiscono le une con le altre per creare gli ecosistemi, fondamentali per la natura, perché se anche solo una di queste dovrebbe estinguersi, l’equilibrio verrebbe perso per sempre. Ma non si tratta solo di natura, l’impatto che la perdita di biodiversità potrebbe avere sul mercato è inimmaginabile: secondo il recente studio di PwC il 55% del Prodotto interno lordo globale, ovvero 58mila miliardi di dollari, dipende dalla natura.
Considerare le tipologie di rischi di investimento legati alla biodiversità non può più essere uno step ignorabile per gli investitori. Le cause che fanno capo a questo fenomeno sono moltissime, dall’inquinamento allo sfruttamento della terra e degli oceani, passando anche per il cambiamento climatico. Capire “i rischi fisici, di disintermediazione, normativi, legali, di transizione e reputazionali” è il primo step per costruire un portafoglio sostenibile, spiega Velislava Dimitrova, Suistainable, Investing Portfolio Manager di Fidelity International.