Il prezzo dell’oro è passato dai 1517 dollari di inizio anno al massimo storico di 2070 dollari in agosto, per poi calare e assestarsi intorno ai 1900 dollari
Il petrolio ha perso da inizio anno all’incirca il 40% del suo valore e ora a gravare nuovamente sul prezzo c’è la minaccia di nuovi lockdown generalizzati
We Wealth ha chiesto a Carlo Alberto De Casa cosa aspettarsi per i prossimi mesi riguardo alle due materie prime per eccellenza
Questione di margin call, dollaro e banche centrali
La corsa all’oro della prima metà dell’anno sembra essersi fermata. Dai massimi d’agosto il trend è stato ribassista e neanche la peggiore settimana dei mercati da marzo ha ridato linfa al metallo giallo. Siamo a fine corsa? Secondo Carlo Alberto De Casa, capo analista di ActivTrades è presto per dirlo. “La discesa di settimana scorsa è stata minima (2%) ed è da imputarsi principalmente ad un apprezzamento del dollaro” afferma De Casa che sottolinea che infatti guardando alla quotazione in termini di euro la contrazione appare minima. In più ci sono anche ragioni tecniche che possono spiegare una mancata performance aurea. “In un contesto in cui il mercato perdeva il 4% giornaliero, alcuni operatori sono stati costretti a chiudere la posizione sull’oro per aggiustare quelle sull’azionario (margin call, nrd)”. Ragioni borsistiche, che per l’esperto di ActiveTrades non inficiano l’analisi di valore dell’oro. “Il 2020 resta un anno molto positivo per l’oro. Se è vero che il prezzo si è aggiustato di 200 dollari negli ultimi tre mesi, la performance da inizio anno è al più 30%. E per i prossimi mesi il driver principale rimangono le banche centrali, che per mancanza di alternativa, continueranno a stampare”. Da un punto di vista tecnico il pericolo potrebbe essere la rottura della resistenza a 1850. “Si è creato un canale laterale ampio tra i 1850 e i 2070. Il superamento al rialzo o al ribasso di uno di questi due valori fornirebbe spazio per ulteriori movimenti” spiega De Casa
Per il petrolio l’antidoto si chiama normalità
Sia il Wti che il Brent hanno vissuto un anno horribilis. Oggi il petrolio viene scambiato a quasi metà del suo valore di inizio anno. Nell’ultima settimana si è assistito a un ulteriore ribasso quasi del 10%, dopo che il prezzo del petrolio si era assestato sui 45 dollari a barile. I nuovi lockdown affosseranno nuovamente l’oro nero? Secondo De Casa le sorti del petrolio sono intrinsecamente legate a quelli del covid-19, che finché non sarà debellato continuerà ad originare una domanda depressa. Tuttavia è difficile che si assisti a quello che è successo in primavera. “Innanzitutto il mercato è preparato. Ad aprile il prezzo negativo del future di maggio sul wti è stata una sorpresa. Oggi se ci fosse un movimento di questo tipo, in molti ne approfitterebbero subito e il prezzo risalirebbe. Inoltre i lockdown, almeno per il momento, sono meno severi senza dimenticare che in Cina con l’economia si è ripresa anche la domanda di petrolio” spiega De Casa. Infine sempre da tenere in considerazione lo scenario politico. “Se è vero che un’elezione di Biden sarebbe di per sé negativa per le compagnie petrolifere, indirettamente sarebbe un bene per il petrolio. Meno compagnie, meno estrazioni e dunque meno offerta creerebbe un sostegno di prezzo importante” afferma De Casa che conclude: “il contenimento della produzione è nell’interesse anche dell’Opec+, che si riunirà tra poco meno di un mese, in quanto a nessuno conviene un petrolio venduto a prezzi stracciati”.