Nonostante tutto, investire in Cina resta ancora un’opportunità

La Cina rimane un’attraente opportunità in cui investire, pur essendo stata travolta da un insolito destino, per riprendere il celebre titolo del film cult diretto da Lina Wertmüller. E’ questo il tempo di investire in Cina?

“Riteniamo che la Cina resti un mercato in cui si possa sicuramente continuare a investire”. Così Gergely Majoros, Portfolio advisor e Member of the Investment Committee di Carmignac.
Un’estate travagliata, quella del mercato cinese, che ha dovuto far fronte ad una stretta normativa trasversale, alla risalita di casi covid nazionali e al rischio fallimento Evergrande, secondo colosso immobiliare cinese, dopo aver fallito due pagamenti sulle cedole in scadenza del debito offshore a fine settembre da 83,5 milioni e 47,5 milioni di dollari.
Per quel che riguarda la stretta normativa, si è passati dalla legge sui dati e la privacy per le big tech, al divieto di tutoring privato nel doposcuola, ma anche alla riduzione di ore consentite durante il giorno da passare sui videogames per i minorenni. Tuttavia, “la maggior parte delle misure annunciate si conferma in linea con gli obiettivi e le ambizioni politiche di lungo periodo del Partito comunista cinese” che lo scorso luglio, in occasione del centenario del Partito, ha ricordato come la priorità della Cina sia la Cina stessa, dove vanno coltivati consumi, produzione e conoscenze interne. “Per quanto aggressivo” prosegue ancora Majoros, “il giro di vite normativo adottato dalle autorità cinesi non differisce in modo sostanziale dai timori espressi frequentemente nelle economie occidentali”.

Normative e Evergrande: come ha reagito il mercato azionario

L’ondata di misure normative, che prendono di mira diverse società della new economy cinese (principalmente quelle che posseggono o gestito grandi quantità di dati), ha innescato una marcata divergenza nel trend dei mercati azionari cinesi rispetto a quelli statunitensi. L’indice Nasdaq Golden Dragon China, che raggruppa le aziende leader del settore tecnologico cinese, è calato del 35% nei primi 9 mesi di 2021, mentre l’indice Nasdaq Composite si è apprezzato del 13% durante lo stesso periodo (20% se non si considera lo storno di settembre). Le vendite non hanno risparmiato nemmeno i settori non direttamente colpiti dalla stretta, prosegue l’esperto, tra cui si inseriscono quelle società che forniscono le infrastrutture necessarie agli operatori di internet e che operano nell’ambito della tecnologia cloud o dei data center. Di conseguenza, “molte aziende stanno attualmente registrando valutazioni molto interessanti rispetto ai multipli storici e alle aziende statunitensi concorrenti”.

La strategia azionaria di Carmignac

“La Cina resta dunque un mercato in cui si può continuare a investire. Manteniamo infatti le nostre convinzioni rispetto alla selezione dei titoli della new economy cinese. Il nostro approccio resta basato sull’identificazioni di società che presentano forte potenziale di crescita, ben gestite e con bilanci in buono stato di salute, favorite da trend visibili e di lungo periodo” afferma l’esperto. “Persiste nel nostro portafoglio la sovra ponderazione dei titoli growth resilienti a uno scenario di crescita economica potenzialmente deludente e conserviamo accuratamente le posizioni in Cina su una selezione di titoli ad altissimo potenziale, le cui quotazioni sono tornate a essere particolarmente interessanti negli ultimi tempi”.
Infine, “ci sembra sempre più plausibile ritenere che la visibilità sul nuovo quadro normativo possa migliorare gradualmente. Ciò consentirà agli investitori di iniziare a integrare le nuove informazioni nelle valutazioni, e di valutare in modo indipendente il livello di interesse offerto da queste aziende” conclude Majoros.

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