Al leader turco in carica non è bastato il 49,51% dei voti per ottenere la riconferma al primo turno, un risultato che dunque resta in bilico per il Paese cruciale nelle relazioni fra Nato e Russia, oltre che per la gestione dei flussi migratori diretti in Europa
Mentre il futuro della Turchia resta in bilico, un certo numero di gestori hanno espresso una visione più chiara sulle opportunità di altre economie emergenti. L’ipotesi di fondo è che l’interruzione nel ciclo di rialzi dei tassi della Federal Reserve, ormai nell’aria, possa indebolire il dollaro e favorire le monete delle principali economie emergenti dell’America Latina
Sarà ballottaggio in Turchia, il prossimo 28 maggio, per decidere quale sarà il nuovo presidente fra Recep Tayyip Erdogan e Kemal Kilicdaroglu. Al leader in carica non è bastato il 49,51% dei voti per ottenere la riconferma al primo turno, un risultato che dunque resta in bilico per il Paese cruciale nelle relazioni fra Nato e Russia, oltre che per la gestione dei flussi migratori diretti in Europa. La lira turca ha perso quota sull’euro lunedì 15 maggio, all’indomani delle votazioni, ma il suo livello rimane in linea con quello osservato nell’ultima settimana a ridosso alle elezioni (21,399). La moneta turca, tuttavia, ha toccato un nuovo minimo storico sul dollaro.
A subire con evidenza il contraccolpo è stato anche l’indice azionario turco Bist 30, che ha perso oltre il 6,6%. “Una vittoria dell’opposizione sembra essere diventata meno probabile e questo deluderà gli investitori che speravano in un ritorno a una politica economica ortodossa e in un impegno più credibile per affrontare il problema dell’inflazione in Turchia”, ha dichiarato in una nota l’economista senior dei mercati emergenti di Capital Economics, Liam Peach. Durante la sua presidenza Erdogan ha ripetutamente interferito nell’indipendenza della banca centrale, sostenendo la tesi che tassi bassi potessero essere più appropriati in un ambiente economico contraddistinto da inflazione elevata – il contrario di quanto la scienza economica sostiene comunemente.
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Le opportunità emergenti dalla “pausa Fed”
Mentre il futuro della Turchia resta in bilico, un certo numero di gestori hanno espresso una visione più chiara sulle opportunità di altre economie emergenti. L’ipotesi di fondo è che l’interruzione nel ciclo di rialzi dei tassi della Federal Reserve, ormai nell’aria, possa indebolire il dollaro e favorire le monete delle principali economie emergenti dell’America Latina. Il real brasiliano da inizio anno ha già guadagnato terreno sul dollaro, con un rialzo del 7,66%, così come il peso messicano, che ha segnato un +10,90% (e un +8,44% sull’euro): si tratta di due divise in grado di mantenere un trend di apprezzamento sul dollaro anche nei prossimi mesi, durante i quali i mercati attendono una possibile inversione di rotta per i tassi d’interesse americani.
Un’opzione interessante, secondo il responsabile emerging markets di Abrdn, Edwin Gutierrez, consiste nel guardare ai rendimenti del debito in valute “high yield”. Oggi il decennale brasiliano offre un interesse del 11,925%, mentre il titolo messicano rende l’8,77%: un apporto positivo anche dall’andamento del cambio a breve termine sembra attirare i gestori in questa fase, considerando che Messico e Brasile sono i Paesi più rilevanti nei flussi finanziari dell’America Latina.
“I mercati locali emergenti ci piacciono in un’ottica di medio termine, in quanto prevediamo un indebolimento del dollaro americano, ma ci preoccupa la volatilità a breve termine”, hanno affermato gli analisti di Bank of America, suggerendo di rimanere selettivi sui cambi ai quali esporsi, con una preferenza per il real brasiliano, il rand sudafricano e il fiorino ungherese, fra gli altri. “Manteniamo la visione delle nostre previsioni annuali secondo cui i mercati locali emergenti più performanti (Brasile, Messico e Indonesia tra gli altri) possono produrre circa il 20% di rendimento totale nel 2023 e che l’asset class nel suo complesso possa puntare a circa il 12% di rendimento totale in termini di dollaro”, ha aggiunto BofA. Il bond messicano a un anno, che al momento rende l’11,2% viene considerato da BofA uno dei più interessanti come profilo di rischio e rendimento.
Anche T. Rowe Price, Amundi e Fidelity International hanno espresso una visione positiva sul potenziale dell’America Latina in vista del previsto indebolimento del dollaro (un fattore che accade, di norma, quando si prevede una politica monetaria più morbida in futuro). “Le valute con un buon rendimento reale e una forte bilancia dei pagamenti con l’estero dovrebbero beneficiare” della pausa della Fed, ha dichiarato Esther Law, senior money manager di Amundi, “una volta che ci sarà più chiarezza sull’impatto delle preoccupazioni bancarie e quando la Fed si sarà chiaramente presa una pausa, penso che si presenterà una buona opportunità per le valute emergenti”.