Sono oltre 480 i miliardi di dollari di tasse perse all’anno a causa di pratiche fiscali dannose
Il Regno Unito è il più grande facilitatore mondiale di abusi fiscali, in quanto opera attraverso una rete composta da territori britannici d’oltremare che sono a tutti gli effetti paradisi fiscali
Le giurisdizioni che, con le loro politiche fiscali anti-concorrenziali, producono maggiori volumi di sommerso fiscale non sono – come spesso si è portati a credere – gli Stati palm-fringed island (vale a dire quegli Stati sperduti negli atolli), ma i più ricchi Paesi occidentali: come, ad esempio il Regno Unito, il Lussemburgo e la Svizzera. È lungo questi tre Stati, infatti, che passa l’asse dell’elusione fiscale mondiale (axis of tax avoidance). Secondo Tax Justice Network, le tre giurisdizioni appena indicate, producono il 55% (268 miliardi di dollari) dell’elusione fiscale globale.
Tra i membri dell’Ocse il primo posto sul podio è del Regno Unito, responsabile di oltre un terzo (39%) della perdita di gettito mondiale. Il Regno Unito è, infatti, di gran lunga il più grande facilitatore mondiale di abusi fiscali, in quanto opera attraverso una rete composta da territori britannici d’oltremare, dipendenti dalla corona, come le Isole Cayman, come Jersey o, ancora, come la City di Londra.
Dei 483 miliardi di dollari di tasse che i paesi perdono all’anno, 312 miliardi di dollari di perdite sono dovute a pianificazioni fiscali aggressive di società multinazionali e 171 miliardi di dollari a causa dell’evasione fiscale offshore da parte di individui facoltosi. È bene però specificare che si tratta solo della punta dell’iceberg. Queste astronomiche cifre, infatti, sono solo la stima delle perdite dirette dovute alle pratiche fiscali dannose. Se, infatti, si dovessero prendere in considerazione anche le perdite di risorse indirette provocate dall’elusione e dall’evasione fiscale, come avverte il Fondo Monetario Internazionale, si dovrebbe parlare di cifre almeno 3 volte maggiori.
E invero, alla luce di questi allarmanti dati, si fa strada la proposta di trasferire alle Nazioni Unite la competenza per revisionare l’architettura fiscale mondiale e stabilire nuove regole sulla responsabilità finanziaria internazionale degli enti e sulla trasparenza delle società.
Ebbene, oltre a invocare un ruolo delle Nazioni Unite sulla tassazione globale, molti studiosi del settore fiscale e finanziario, invitano i governi a introdurre maggiori tasse sui profitti delle multinazionali, in particolare sulle società che operano nel digitale e, inoltre, a introdurre maggiori tasse sul patrimonio dei contribuenti più facoltosi.