In Europa i 23 fondi indice su bitcoin hanno raccolto a fine febbraio 6,3 miliardi di dollari. Anche in Canada ci sono giù tre prodotti simili e almeno altri cinque in arrivo. Gli Usa sono una Cenerentola
La Sec ha finora rigettato tutte le richieste di autorizzazione adducendo preoccupazione sul rischio di manipolazione e volontà di proteggere gli investitori
La Sec ha paura degli Etf su bitcoin?
Ma è sul tema della riluttanza ad accettare un Etf basato su bitcoin che si crea un vero e proprio cortocircuito. Un non sense in un mercato che contempla futures su bitrcoin, con piattaforme che consentono di fare trading al retail (come Coinbase e Binance solo per citarne due) e un’Europa che ormai pullula di fondi indice su bitcoin, ben 23 per un patrimonio combinato di 6,3 miliardi di dollari alla fine di febbraio, secondo EtfGi, una società di consulenza. In Canada i primi due Etf su bitcoin, lanciati nell’ultima decade di febbraio, hanno raccolto 496 milioni di dollari entro fine mese. Da allora un terzo Etf bitcoin ha debuttato alla Borsa di Toronto, mentre sono in corso richieste per almeno altri cinque.
La barriera all’ingresso fissata dalla Sec si basa sulla preoccupazione in merito a potenziali “atti e pratiche fraudolente e manipolative” e alla necessità di “proteggere gli investitori e l’interesse pubblico”: con queste motivazioni l’organo di vigilanza ha rigettato le richieste già pervenute da VanEck e WisdomTree, due dei principali emittenti di Etf negli Stati Uniti, di Kkm, New York Digital Investment Group e Kryptoin Investment Advisers.
È in effetti una scelta opinabile. E viene da sé domandarsi dove fossero la Sec e la sua ansia di proteggere gli investitori quando fino al 2008 le banche concedevano mutui subprime che usavano poi in Abs venduti al pubblico. Ma tant’è: gli asset manager non si arrendono. Sia continuando a presentare nuove autorizzazioni, sia trovando escamotage diversi.
Gli escamotage degli asset manager per offrire esposizione al bitcoin
Nei giorni scorsi abbiamo raccontato della nuova richiesta arrivata da VanEck alla Sec e del fatto che Morgan Stanley abbia inserito nella sua gamma di prodotti dedicati alla clientela private, tre fondi che consentono di esporsi alla criptovaluta, due dei quali di Galaxy Digital e il terzo di FS Investments e Nydig. È una scelta determinata dalla domanda inarrestabile in arrivo dai clienti e che viene artificiosamente limitata da un ente regolamentare.
Visto l’atteggiamento tiepido delle istituzioni, gli asset manager Usa stanno cercando degli escamotage per riuscire a offrire esposizione in bitcoin ai propri clienti. Lo scrive il Ft: due asset manager hanno appena strutturato due panieri che prendono esposizione su bitcoin investendo non direttamente sulla moneta ma sulle società che la usano in qualche forma. È il caso della boutique di Chicago Kkm Financiale del Valkyrie Innovative Balance Sheet ETF, che punta su stock di aziende che “direttamente o indirettamente investono, effettuano transazioni o hanno comunque esposizione a bitcoin o operano nell’ecosistema bitcoin”. O del paniere di JPMorgan Chase che replica la performance delle 11 società che costituiscono il JPMorgan Cryptocurrency Exposure Basket: tra queste MicroStrategy, una società di software che, all’inizio di febbraio, aveva 3,2 miliardi di dollari in bitcoin in bilancio, quasi la metà della sua capitalizzazione di mercato di 6,6 miliardi di dollari; e Square, la società di pagamenti fondata dal co-fondatore di Twitter Jack Dorsey, che detiene oltre 200 milioni di dollari di criptovaluta a bilancio.
Sembra banale, ma vale la pena ancora ricordare che l’innovazione non si può fermare. E non c’è ente regolatore che tenga.