Cosmelli (Banca Ifigest): “Trump avanti sui dazi. Le azioni a rischio”

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La guerra commerciale avviata da Donald Trump a meno di due settimane dal suo insediamento alla Casa Bianca si arricchisce progressivamente di nuovi capitoli. In arrivo nuovi dazi al 25% contro l’Unione europea

Prima i dazi contro Messico, Canada e Cina. Poi il momentaneo dietrofront nei confronti delle due nazioni vicine. E ora l’annuncio di nuove tariffe al 25% in arrivo contro l’Unione europea. La guerra commerciale avviata da Donald Trump a meno di due settimane dal suo insediamento alla Casa Bianca si arricchisce progressivamente di nuovi capitoli, con potenziali effetti a cascata sui mercati azionari da una parte all’altra dell’Oceano Atlantico. Il tutto mentre il 2025 è iniziato in sordina per i listini americani, tra un’aggressiva politica del tycoon che aumenta l’incertezza tra famiglie e aziende a stelle e strisce e la debolezza delle azioni tecnologiche. Ma quali settori rischiano di finire nell’occhio del ciclone?

Wall Street: azioni tech in tilt

“Il settore tecnologico evidentemente è arrivato a multipli pazzeschi”, sottolinea Francesco Cosmelli, responsabile private banking di Banca Ifigest intervenuto in occasione dell’ultima puntata di Weekly Bell, la trasmissione di We Wealth in diretta ogni lunedì mattina per fare il punto sui mercati finanziari e gli appuntamenti macroeconomici della settimana. “Se si osservano i price-earnings, il valore che hanno raggiunto i titoli americani in generale e quelli tecnologici in particolare spaventa”, dichiara Cosmelli. Tra l’altro, dopo aver trainato il mercato azionario americano per due anni consecutivi, le azioni tecnologiche hanno iniziato a vacillare, contribuendo a frenare la corsa dell’S&P 500 da inizio anno (+1,45%).

Dazi: le azioni più a rischio

“Anche il settore dei consumer staples potrebbe andare abbastanza male, perché i consumi americani potrebbero chiaramente risentire dei dazi”, prosegue Cosmelli. Senza dimenticare che un’eventuale riduzione dell’assistenza sanitaria, approvata dall’amministrazione repubblicana, potrebbe compromettere il settore farmaceutico e assistenziale. Quanto invece all’effetto delle tariffe di Trump sull’Europa, secondo l’esperto il settore food & beverage non dovrebbe risentirne, diversamente da alcuni beni industriali più esposti a un’eventuale riduzione dell’export nei confronti dell’America. Fa eccezione il lusso, secondo Cosmelli. “Credo che anche le più alte tassazioni, a un certo livello di portafogli dei consumatori, possano tutto sommato non nuocere più di tanto”, osserva l’esperto.

Il rally dell’Europa continuerà?

Intanto, occorre ricordare che alla fine dello scorso anno i gestori finanziari avevano almeno due convinzioni: con i tassi in calo, l’oro avrebbe perso appeal, mentre i dazi avrebbero favorito le azioni americane rispetto a quelle europee. Eppure, contrariamente alle attese, la guerra commerciale ha spinto l’oro in rialzo, mentre Wall Street continua a non tenere il passo dell’Europa. L’indice Stoxx Europe 50 avanza infatti dell’11,40% da inizio anno, a fronte dell’1,45% dell’S&P 500. “Il rally del Vecchio Continente continuerà”, sostiene Cosmelli. “Il lusso ne favorirà la corsa, ma non solo. L’Europa potrebbe essere coinvolta in un piccolo Piano Marshall dedicato all’Ucraina in futuro e i settori delle costruzioni, delle opere civili e delle infrastrutture potrebbero beneficiare della necessità di ricostruire un Paese che è stato praticamente raso al suolo”, afferma l’esperto.

Il record di Piazza Affari

Spostando la lente sull’Italia, il Ftse Mib è scattato oltre la soglia dei 39mila punti mercoledì scorso, rivedendo livelli che non esplorava dal lontano 2007. Il risiko bancario sembrerebbe stare dando una mano, considerato il forte peso dei titoli finanziari nel paniere. Ma l’ombra dei dazi di Trump incombe anche su Piazza Affari. “Il risiko bancario continuerà ad avere un’importanza elevata in termini di una possibile continuazione del rally, in quanto siamo effettivamente ancora lontani dalla conclusione delle mosse di consolidamento cui abbiamo assistito finora. Il nostro listino è popolato anche da molte utility, che potrebbero continuare a generare buoni utili e distribuire dividendi interessanti agli azionisti. Qualche preoccupazione c’è tuttavia sull’industria: le tariffe potrebbero pesare su tante imprese italiane che hanno il mercato americano tra i loro mercati di sbocco principali”, conclude Cosmelli.

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