Il ciclo globale di allentamento monetario sarà pienamente in atto nel 2025, con l’inflazione ormai vicina agli obiettivi delle banche centrali nella maggior parte delle economie sviluppate. La liquidità in circolo è ancora elevata e i tassi di interesse continuano a essere superiori al tasso di inflazione. Detto ciò, i mercati affrontano un crescente punto di tensione: gli asset con i fondamentali più solidi presentano valutazioni più estese, e viceversa. I rischi economici e politici di breve termine saranno decisivi nel determinare se prevarrà ancora il momentum o le valutazioni elevate influenzeranno i rendimenti degli investimenti nel 2025.
In questo breve articolo vorrei esporre ai lettori come le valutazioni attuali, che risultano molto elevate, influenzeranno i rendimenti futuri e per quale motivo quindi il 2025 sarà un anno ricco di insidie e opportunità.
Partendo dall’analisi odierna, l’S&P 500 viene scambiato a dei livelli di valutazione particolarmente alti.

Come mostrato nel grafico soprastante il Forward P/E dell’S&P 500 ad oggi è pari a 21,5x, la media dei 30 anni è pari a 16,7x, il picco massimo è stato raggiunto durante la bolla delle dot.com nel 2000 con una media P/E pari a circa 24x, il che testimonia la bontà delle valutazioni attuali. Dalle analisi pubblicate da JP Morgan Asset Management[1] che mettono in relazione i livelli di P/E[2] e i rendimenti attesi futuri, emerge che i ritorni attesi per i prossimi 12 mesi e per i prossimi dieci anni sono molto contenuti.
Questa relazione è ben mostrata nei due grafici successivi

- Rendimento atteso per il prossimo anno (grafico a sinistra): Ogni quadratino rappresenta il rapporto Forward P/E in un dato momento e il rendimento osservato nell’anno successivo.
- Rendimento atteso per i prossimi dieci anni (grafico a destra): Ogni quadratino mostra il rapporto Forward P/E al momento dell’osservazione e il rendimento annualizzato nei successivi dieci anni.
Le osservazioni coprono il periodo dal 1988 fino a dicembre 2024, per un totale di circa 430 punti dati (36 anni x 12 mesi). Dai grafici emergono alcune considerazioni fondamentali:
- C’è una forte relazione tra la valutazione iniziale e i successivi rendimenti annualizzati nei successivi dieci anni (o cinque anni[3]). Valutazioni iniziali più elevate portano costantemente a rendimenti inferiori e viceversa. Ci sono piccole variazioni nelle osservazioni ma la tendenza è chiara.
- Oggi il rapporto P/E è chiaramente ben al di sopra del decile superiore delle osservazioni storiche
- Negli ultimi 36 anni, quando l’S&P è stato acquistato a rapporti di P/E simili a quelli odierni, i rendimenti annualizzati nei successivi dieci anni sono sempre stati tra il più 2% e il meno 2%.
Non dovrebbe sorprendere che il rendimento di un investimento sia significativamente influenzato dal prezzo pagato per esso. Di conseguenza, gli investitori non dovrebbero essere indifferenti alle valutazioni di mercato attuali.
Chi si contrappone a questo pensiero, indicando che nel lunghissimo termine i mercati tendono ad andare verso l’alto e nel frattempo guadagnare più o meno il 2% non sarebbe la cosa peggiore del mondo, trascura un aspetto fondamentale. Tale affermazione presuppone che i prezzi delle azioni restino stabili per i prossimi dieci anni. Ma un’altra possibilità è che una correzione multipla sia compressa in un anno o due, implicando un grande calo nei prezzi delle azioni come abbiamo visto nel 1973/74, 2000/02 o 2007/09.
In questo caso il risultato per gli investitori potrebbe essere molto avverso.
Il 2025 si preannuncia un anno di elevata volatilità, con una gamma più ampia di risultati possibili per aziende e mercati. Sebbene questo possa sembrare scoraggiante, rappresenta un contesto favorevole per gli investitori attivi.
La volatilità può portare a valutazioni errate, offrendo opportunità per identificare aziende di qualità e resilienti.
Una costruzione del portafoglio bilanciata e ponderata sarà fondamentale per sfruttare queste condizioni, garantendo agli investitori il raggiungimento dei propri obiettivi finanziari di lungo termine, senza lasciarsi influenzare dall’incertezza di breve periodo
[1] https://am.jpmorgan.com/content/dam/jpm-am-aem/global/en/insights/market-insights/guide-to-the-markets/mi-guide-to-the-markets-ce-en.pdf
[2] rapporto prezzo utili, indica quante volte si devono pagare gli utili per acquistare un’azione; in finanza è uno tra gli indicatori per valutare se un’azione è cara o meno
[3] Stesse analisi di JP Morgan Asset Management condotto dal 1999 al 2024 sui rendimenti a cinque anni. https://am.jpmorgan.com/us/en/asset-management/adv/insights/market-insights/guide-to-the-markets/