In che cosa consiste quindi la violazione perpetuata dall’Italia, su quali argomentazioni si basa la sentenza europea e quali conseguenze ne deriveranno?
Prima di indagare le suddette questioni è bene premettere che l’attività di bunkeraggio, termine tecnico volto ad indicare l’approvvigionamento di carburante a bordo delle imbarcazioni, operata sulle coste italiane a favore di yacht da diporto è di norma assoggettata al pagamento delle accise. Ciò consegue al dettato della normativa interna che, evolvendosi nel corso degli anni, ha tentato di rimanere in linea con le previsioni europee che stabiliscono quale regola generale il pagamento delle accise sul carburante quando la navigazione è finalizzata al diporto, ossia a scopi sportivi o ricreativi dai quali esula il fine di lucro.
La normativa europea, però, in deroga alla regola generale, ammette l’esenzione per il rifornimento di imbarcazioni da diporto qualora utilizzate per scopi commerciali facendo sorgere non pochi dubbi sulle modalità attuative di tale disposizione nell’ordinamento italiano, in particolare nel caso in cui gli yacht siano soggetti a contratti di noleggio (ovvero quelli in cui il noleggiante si occupa del servizio di navigazione e della conduzione tecnica dello yacht) o di locazione (ovvero quelli in cui il locatore non gestisce alcun tipo di servizio legato alla conduzione dello yacht).
Nel suddetto scenario, infatti, concorrono in capo alla medesima unità nautica l’impiego commerciale in capo al locatore o noleggiante e, nella stragrande maggioranza dei casi, il fine diportistico, e quindi ricreativo o sportivo, del conduttore o noleggiatore.
Nella prassi nazionale si è optato per garantire l’esenzione dalle accise per le imbarcazioni da diporto nel caso in cui queste vengano adibite a scopo commerciale mediante un contratto di noleggio ritenendosi così soddisfatto il requisito dell’utilizzo per scopo commerciale. Al contrario, si è esclusa dall’ambito agevolato la fattispecie in cui il mezzo nautico è oggetto di un contratto di locazione, poiché, essendo il locatore estraneo rispetto alla fruizione del servizio, non si è considerata rispettata la natura commerciale nell’utilizzo.
Proprio per tale interpretazione, ritenuta di vantaggio per il turismo nautico italiano e non conforme al diritto unionale, la Commissione europea ha dapprima messo in mora l’Italia nel corso del 2018 e, due anni dopo, ha presentato ricorso dinanzi alla Corte di Giustizia.
La Corte ha accolto il ricorso della Commissione, ritenendo quindi che concedere l’esenzione dalle accise per le imbarcazioni da diporto per il solo motivo di essere oggetto di un contratto di noleggio, senza che venga tenuto in considerazione il modo in cui l’unità nautica è effettivamente utilizzata dall’utente finale, rappresenti una violazione del diritto comunitario.
Quindi, a prescindere che l’utilizzatore finale sia conduttore, noleggiatore o proprietario dell’imbarcazione, l’esenzione da accise per il rifornimento di carburante è garantita solo se il richiedente dimostra l’utilizzo commerciale e non diportistico dell’unità nautica interessata.
A una soluzione simile è pervenuta la Corte di Cassazione che, già nel corso del 2020, ha ritenuto necessario disapplicare la normativa italiana laddove stabiliva che lo scopo commerciale dell’unità da diporto derivasse dalla tipologia del contratto concluso con l’utente e non già dall’uso concreto dell’imbarcazione da parte dell’utilizzatore ultimo.
In un certo senso, pertanto, il giudice di legittimità ha aperto la strada alla Corte di Giustizia che, con la recente sentenza, ha ribadito la stretta sull’applicazione dell’esenzioni dalle accise, fondando la decisione su requisiti sostanziali a prescindere dal giustificativo formale.
Il nostro turismo nautico della prossima stagione vedrà dunque una riduzione delle possibilità di beneficiare dell’esenzione dal pagamento delle accise rispetto a quanto accaduto in passato.