La consulenza finanziaria olistica, che abbraccia tutte le componenti del patrimonio oltre ai titoli e ai prodotti finanziari, è da tempo uno dei leitmotiv comuni alle strategie delle maggiori reti di private banking italiane – ma non tutte le facce del patrimonio dei clienti hanno la stessa rilevanza strategica agli occhi delle banche.
Per essere più chiari, l’offerta di criptovalute, la consulenza sugli asset digitali, ma anche quella sui beni artistici e da collezione e sul patrimonio immobiliare sono tutti elementi in fondo alle priorità per i leader del private banking, sondati da una nuova ricerca condotta da Aipb e Supernovae Group, una società di consulenza specializzata nel wealth management e nei servizi bancari. Sul versante opposto, i 32 istituti coinvolti nell’indagine mettono in cima alle priorità, nell’ordine, un servizio proattivo e personalizzato; la pianificazione finanziaria; l’offerta di prodotti sostenibili (ESG) e la disponibilità di un universo investibile ampio. A queste coordinate fondamentali, si aggiunge un servizio più specifico che risulta particolarmente rilevante per il private banking, ossia la pianificazione successoria.
Di portata intermedia, invece, è la prospettiva di gestire anche asset detenuti presso terzi, così come la gestione integrata della posizione privata e aziendale.
La tecnologia sta assumendo un ruolo importante nell’abilitare le reti di private banking a una consulenza sempre più a 360 gradi, attraverso le piattaforme per la consulenza evoluta. Anche qui, però, non tutto sta rientrando nel perimetro di queste piattaforme con la stessa urgenza. Ad esempio, solo il 13% delle reti afferma di mettere a disposizione dei propri banker soluzioni tecnologiche in grado di fare una consulenza integrata di privato e azienda, per quanto il 44% ritenga questo aspetto meritevole di attenzione. E ancora, solo il 13% offre soluzioni analoghe per includere i digital asset nelle piattaforme dei banker. Piuttosto, la priorità più diffusa (60%) risulta essere la rendicontazione del tempo e delle attività svolte dai banker, seguita dalle piattaforme per la sola esecuzione di ordini e dalla gestione di asset terzi.
“Il 76% degli istituti già offre consulenza sugli asset detenuti presso terzi, con soluzioni più o meno integrate che consentono ai clienti di avere una visione complessiva del proprio patrimonio”, informa una nota di Aipb, “tuttavia, meno del 50% degli istituti ha sviluppato soluzioni che consentono di caricare automaticamente i dati dei portafogli depositati presso altri istituti e di aggiornare automaticamente i dati”.
La regolamentazione europea in lavorazione sul tema dell’open finance, la FiDA (Financial Information Data Access), potrebbe essere un nuovo passo nella concorrenza nel mercato del private banking, secondo il 72% degli intervistati. Questo regolamento, che potrebbe diventare operativo nell’arco dei prossimi due anni, consentirebbe di aggregare i dati relativi ai prodotti finanziari detenuti presso vari istituti, estendendo quanto già previsto in seguito alla PSD2 con i dati relativi a conti correnti e pagamenti. Solo il 21% dei leader del private banking, tuttavia, pensa che FiDA porterà alla “necessità di rivedere il proprio modello di business sviluppando un canale ‘pure digital’ accanto a quelli attuali per vincere la competizione e resistere all’ingresso dei nuovi player tra cui i FISP (Financial Information Service Provider)”.
“La ricerca mostra chiaramente come i leader delle Private Bank italiane abbiano compreso che, in uno scenario in cui i regolatori nazionali ed europei spingono verso la razionalizzazione del mercato e l’aumento della competizione, saranno gli istituti che sapranno cogliere rapidamente le opportunità generate dall’innovazione tecnologica a guidare la trasformazione del settore”, ha commentato Carlo Giugovaz, CEO e founder di Supernovae Group. “Per generare valore, l’innovazione tecnologica dovrà essere integrata stabilmente nei modelli operativi e di servizio, come già avviene nelle principali best practice internazionali”.
Cosa fa (e cosa farà) il private banking con l’AI
Anche l’intelligenza artificiale applicata al private banking resta ancora in una fase di esplorazione solo parziale delle sue potenzialità. L’ottimizzazione dei processi e la riduzione dei costi operativi sono i due ambiti più citati dai leader del settore, anche se risultano molto in alto fra i maggiori benefici attesi dall’AI nei prossimi 18 mesi anche “l’analisi dei dati avanzata” e il “miglioramento delle decisioni di investimento”. Inoltre, solo il 13% degli intervistati afferma di non aver considerato l’uso dell’AI nel processo di ribilanciamento dei portafogli a supporto dei loro consulenti – e il 27% starebbe già utilizzando questa tecnologia per questo scopo. Anche i ribilanciamenti coadiuvati dall’AI a supporto diretto della clientela, già in uso nel 7% delle private bank, potrebbero farsi largo: un altro 20% sta già sperimentando in tal senso, con una larga quota di leader che ritiene interessante esaminare questa possibilità.
Gli intervistati descrivono l’AI come “il fattore tecnologico più rilevante dal punto di vista strategico per supportare modelli di consulenza evoluta, nonché approcci olistici alla gestione del patrimonio, con investimenti previsti in crescita del 9,7% nel 2025”, si legge nella nota di Aipb, “gli istituti stanno sperimentando già oggi le potenzialità dell’intelligenza artificiale per una maggiore conoscenza dei clienti, finalizzata a una personalizzazione più precisa dell’offerta di consulenza”.