Dopo le riunioni di Fed e Bce, le Borse hanno già iniziato a interpretare il copione intitolato “taglio dei tassi”, con il consueto anticipo che caratterizza i mercati. Il Dow Jones ha aggiornato il secondo record storico consecutivo in chiusura giovedì, mentre S&P 500 e Nasdaq Composite hanno consolidato a loro volta robusti rialzi. Nell’ultimo mese alla chiusura del 14 dicembre l’S&P 500 ha segnato un +4,8%, che ha portato il risultato da inizio anno a +23,4%. In parallelo, sono scesi anche i rendimenti dei bond, a partire dal Btp decennale italiano: il rendimento al 15 dicembre è del 3,77%, in calo di 34 punti base negli ultimi cinque giorni, tornando sui livelli dell’agosto 2022. Da inizio anno il rendimento del Btp è sceso quasi di un intero punto percentuale, premiando gli investitori che avevano deciso di investire sui titoli a lungo termine in anticipo rispetto al raggiungimento del tasso terminale.
La mossa che alcuni investitori starebbero già mettendo in atto consisterebbe in un progressivo alleggerimento della quota di liquidità, detenuta sotto forma di titoli a brevissima scadenza o fondi monetari, per tornare a puntare sugli asset più in grado di approfittare dell’euforia generata dal calo dei tassi in arrivo. A supporto di questa virata, rafforzata soprattutto dalla svolta dovish della Federal Reserve, c’è l’esperienza del passato nelle fasi di mercato che hanno preceduto il primo abbassamento dei tassi.
Secondo un’analisi di BlackRock, citata dal Wsj, il momento in cui tutte le asset class offrono il miglior rendimento annualizzato è proprio quello della pausa – quando il mercato assume con ragionevole certezza che non ci saranno ulteriori rialzi dei tassi. In tali fasi, dal 1990, il ritorno medio è stato del 21,36% annualizzato per le azioni, 14,77% per i bond e 5,05% per il cash (fondi monetari e alternative comparabili). Nei sei mesi successivi al primo taglio dei tassi i rendimenti non sono altrettanto generosi, anche se il divario in favore delle azioni si allarga: rispettivamente, i ritorni scendono a 14,59%, 6,75% e 4,11%.
Per questo, la finestra più favorevole per acquistare obbligazioni potrebbe essere in fase di chiusura o addirittura già alle spalle, se l’inflazione continuerà a diminuire rafforzando, così, la previsione che i tassi dovranno scendere. Potrebbe quindi verificarsi in queste settimane una presa di beneficio sui bond a breve scadenza e uno spostamento sull’azionario – in particolare spolvero specialmente negli Stati Uniti dopo l’ultima riunione della Fed. “Siamo ancora più fiduciosi che siamo nella fase di pausa”, ha dichiarato Kristy Akullian, senior strategist di iShares presso BlackRock, “e quindi c’è più urgenza nel cominciare ad agire prima che la Fed inizi a tagliare i tassi”.
Un eloquente segno di audacia da parte degli investitori è l’ultimo andamento dell’indice Vix, noto come “indice della paura”: i trader che stanno anticipando volatilità dell’S&P 500 nei prossimi 30 giorni, stando a questo indicatore, negli ultimi giorni sono gravitati attorno ai livelli più bassi dall’era pre-Covid, con un minimo a 11,18 punti. Nel frattempo, il rapporto fra opzioni put e call e vicina ai livelli più ottimisti dell’anno (0,68 al 15 dicembre), testimoniando l’attesa di futuri rialzi di Borsa da parte degli investitori.
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