Le collezioniste hanno superato i collezionisti nel 2021

Teresa Scarale
Teresa Scarale
8.3.2022
Tempo di lettura: 5'
In che senso le collezioniste hanno fatto meglio della controparte maschile in Italia, nel 2021? Lo svela l'imponente studio Collezionisti e valore dell'arte in Italia di Intesa Sanpaolo
Alla vigilia della giornata internazionale della donna 2022, la notizia giunge gradita. Nel 2021, per la prima volta, le collezioniste donne in Italia hanno speso mediamente più della controparte maschile in opere d'arte. Lo ha esposto il professor Guido Guerzoni (Università Bocconi) durante presentazione del volume Collezionisti e valore dell'arte in Italia (Edizioni Gallerie d'Italia | Skira) studio avviato nel 2020 da Intesa Sanpaolo Private Banking, in collaborazione con la Direzione arte, cultura e beni storici e la Direzione studi e ricerche del gruppo.
Tradizionalmente, il collezionismo italiano era di appannaggio maschile, «a volte venato di misoginia. Attualmente, la quota maschile di collezionisti è ancora elevata, pari al 68%», precisa Guerzoni. «Ma quel 32% di donne rappresenta un trend crescente» e nel collezionismo di coppia «la quota femminile sale ancora, al 41%». Nelle prossime edizioni della collana di studi, «sarà interessante capire se esiste un tratto specifico che connota il collezionismo femminile rispetto a quello maschile. È una domanda che ci siamo già posti». Lo studio sull'anno 2021 ha potuto contare sul database «prezioso» di Artissima: 4741 nominativi, il 90% dei quali vive in Italia; 256 rispondenti». Si tratta di una ricerca che definisce benissimo i tratti identitari del mercato italiano, la seconda più importante di sempre in Europa (la più ampia ad oggi è uno studio sul mercato nazionale francese del 2015, con 332 intervistati).

Le collezioniste hanno superato i collezionisti nel 2021
Joan Miró. Tutte le foto nel corpo dell'articolo sono courtesy Gallerie d'Italia - Gruppo Intesa Sanpaolo

Ma l'indagine non si limita a sancire l'ascesa delle collezioniste nel 2021. Il profilo del collezionista italiano in generale emerge a livello internazionale per la sua qualità intrinseca: è «più senior, più esperto, più eclettico di quello internazionale», rivela Guido Guerzoni. E nella transizione da covid e post covid la platea si è allargata, con l'ingresso nel mercato di nuove generazioni di collezionisti, i cosiddetti young collector. L'apertura e il rafforzamento dei canali online ha rimosso quel carattere intimidente che prima aleggiava sul collezionismo d'arte.

Le collezioniste hanno superato i collezionisti nel 2021
Caravaggio, Martirio di Sant'Orsola

Come comprano i collezionisti italiani? Il 76% prevalentemente arte contemporanea, del secondo dopo guerra, Arte Povera. «Ma quasi il 40% colleziona anche altro: fotografia, scultura, gioielli. All'interno delle stesse collezioni si trovano più correnti. Il collezionista italiano è onnivoro». Quello dell'eclettismo è un tratto molto interessante: non viene nemmeno disdegnata l'arte antica, «e non solo perché viene ereditata». Qual è la soglia minima di opere per essere definiti collezionisti? «Gli intervistati possiedono fra le 50 e le 100 opere». E un collezionista su quattro ha più di 100 opere. Se non di collezioni museali, si tratta comunque di raccolte imponenti. La pratica è mediamente longeva: il collezionista medio lo è da più di 10 anni.

Le collezioniste hanno superato i collezionisti nel 2021
Hydria Kalpis

Le motivazioni che spingono a investire in beni d'arte sono di carattere precipuamente non finanziario. Dice Guerzoni: passione civile (13%), sincero amore per l'arte (32%), piacere personale (32%). Ma in generale si registra un'attenzione crescente per le motivazioni di carattere economico della spesa. E in particolare, se si restringe la platea dei collezionisti ai millennial, i motori di carattere finanziario diventano essenziali per il 40% degli acquirenti. In un mondo sempre più volatile e incerto, diversificare il portafoglio con investimenti in arte e in pleasure asset in generale vuol dire anche proteggere il patrimonio, come riscontra Gregorio De Felice, capo economista di Intesa Sanpaolo e ideatore della collana Collezionisti e valore dell'arte in Italia insieme con Michele Coppola, direttore delle Gallerie d'Italia ed executive director arte patrimonio beni storici Intesa.



De Felice evidenzia che nell'ultimo anno la tradizionale opacità del mercato dell'arte si è ridotta grazie all'incremento dei canali digitali di vendita e alla conseguente visibilità al pubblico dei prezzi delle opere d'arte, anche da parte di operatori precedentemente restii alla loro comunicazione (come le gallerie d'arte). Il numero delle transazioni è in crescita, con il fatturato in netto rialzo anche rispetto al 2019: +10%. Nel 2021 «il 75% degli intervistati era positivo nei confronti del futuro». In generale «le scelte sono meno dettate dall'emotività rispetto al passato», rientrando in vere e proprie «strategie di investimento, per le quali è indispensabile un mercato trasparente e funzionante». Del resto, l'arte è un asset class a tutti gli effetti, dice Andrea Ghidoni, direttore generale private banking Intesa Sanpaolo.


Andrea Ghidoni

Apparentemente, la distribuzione dei collezionisti è polarizzata: il 48% dei rispondenti vive in tre sole città: Milano (23%), Torino (16%), Roma (10%). Però complessivamente, rivela il professor Guerzoni, «abbiamo riscontrato 582 luoghi diversi di residenza dei collezionisti e delle collezioniste nel 2021. Ciò significa che il collezionismo vive anche in luoghi decentrati».

Sofisticato e curioso, il mondo del collezionismo del Belpaese sta evolvendo verso una visibilità strutturata. Se in passato chi collezionava arte amava vivere la sua passione nella discrezione più assoluta, oggi l'atteggiamento è mutato. «I collezionisti sempre più ambiscono al pubblico riconoscimento e alla condivisione», afferma Ilaria Bonacossa, direttrice del Museo Nazionale Arte Digitale (MAD) e già direttrice di Artissima. «La cultura della visibilità è cresciuta di pari passo con la cultura della trasparenza delle gallerie». Negli ultimi quattro anni i mecenati filantropi sono aumentati dell'8,4%; i musei privati del 10,5%. «Esistono progetti fortemente centrati sulla ricerca e sul rapporto con l'artista».

Fra i progetti più innovativi Bonacossa menziona quello di Marina Nissim – Una boccata d'arte e DucatoPrize di Michele Cristella. «Forse solo il collezionismo belga ha lo stesso coraggio di quello italiano di scoprire talenti». Inoltre, a differenza dei collezionisti Usa, quelli italiani «comprano spesso in prima persona e presto, quando gli artisti non sono ancora stati scoperti, facendo così buoni affari».

Infine, uno sguardo gli nft. Incoronati asset del 2021, non hanno iniziato il 2022 nel migliore dei modi. I risultati di mercato a gennaio sono stati deludenti, e, a febbraio, c'è stato il tonfo di 104 CryptoPunks, la cui vendita in un'asta a lotto singolo era stata annunciata in pompa magna da Sotheby's. Peccato che poi gli stessi nft siano stati ritirati dalla vendita a pochi minuti dalla sua apertura per mancanza di interesse (23/02/2022). Siamo già nella fase di sgonfiamento della bolla speculativa? È presto per dirlo. Nel 2020 il mercato valeva 18 milioni di dollari, nel 2021 20 miliardi. È ancora presto per parlare di sgonfiamento della bolla nel 2022, ma, come evidenzia Alberto Fiz, «gli nft non sono né una categoria dello spirito né una corrente artistica. L'artista va scelto sempre nel modo tradizionale, sapendo individuare le novità linguistiche al di là del mezzo».
Caporedattore Pleasure Asset. Giornalista professionista, garganica, è laureata in Discipline Economiche e Sociali presso l'Università Bocconi di Milano. Scrive di finanza, economia, mercati dell'arte e del lusso. In We Wealth dalla sua fondazione

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