Il decreto del ministero dell’Economia e delle Finanze dell’ottobre scorso, ha ufficialmente stabilito che nel biennio 2023-24 gli ingressi a pensione non subiranno alcun incremento nei requisiti anagrafici o contributivi
La pandemia ha portato ad un crollo senza precedenti dell’attesa di vita a 65 anni nel 2020, pari a 13 mesi in meno a livello nazionale
Nel lungo periodo, ISTAT prevede un aumento dell’attesa di vita. Nei prossimi 20 anni la crescita per gli uomini potrà essere compresa tra 1,3 e 3,6 anni, mentre per le donne tra 0,8 e 3,1 anni.
Quali effetti ha avuto la pandemia sul momento della pensione?
I requisiti pensionistici resteranno probabilmente invariati per ancora un biennio, forse anche di più. E’ una buona notizia, ma non la possiamo annunciare con il sorriso. E’ una buona notizia perché, a prescindere dal dibattito sul superamento di Quota 102 a partire dal 2023, è evidente che sia nei desideri di chi fa le leggi, sia in quelli dei cittadini, c’è voglia di flessibilità e di poter andare prima in pensione. Non possiamo però sorridere perché dietro alla stabilità dei requisiti pensionistici ci sono la pandemia 2020 e le sue vittime. I numeri ISTAT rilasciati a maggio 2021 hanno confermato quello che era già emerso nelle prime anticipazioni: la pandemia ha portato ad un crollo senza precedenti dell’attesa di vita a 65 anni nel 2020, pari a 13 mesi in meno a livello nazionale.
Perché la crescita dell’attesa di vita influenza il momento della pensione?
Il nostro sistema pensionistico, per mantenere la spesa in equilibrio, ha introdotto da oltre dieci anni un meccanismo automatico grazie al quale se si vive più a lungo, si va in pensione dopo: in questo modo la durata degli anni della pensione rimane uguale e lo Stato deve pagare le pensioni sempre per lo stesso numero di anni. Se l’attesa di vita sale, i requisiti salgono, con un limite massimo di 3 mesi ogni 2 anni: l’eventuale parte “a debito”, eccedente i 3 mesi, verrebbe però recuperata negli incrementi successivi. Se l’attesa di vita scende, i requisiti restano uguali, ma la parte negativa rimarrebbe “a credito” e verrebbe scontata dagli incrementi successivi. L’ultimo adeguamento, che ha lasciato invariati i requisiti, è stato nel 2021. Il prossimo sarà per il 2023.
Come cambieranno i requisiti per il 2023 (ed il 2025)?
L’adeguamento previsto per il 2023 si basa sulla differenza tra la media dell’incremento di vita nel biennio 2019-2020 e in quello 2017-2018. Applicando questa formula ai dati ISTAT, l’incremento da applicare nel 2023 sarebbe negativo, pari ad un decremento di tre mesi. Ecco perché nel 2023 i requisiti pensionistici di vecchiaia e di pensione anticipata contributiva resteranno invariati, mentre quelli di pensione anticipata erano già stati bloccati per legge dalla riforma 2019 fino al 2026. Nel 2025, tuttavia, dovremo scontare il credito di 3 mesi: è quindi assai probabile che, in caso di bassa crescita dell’attesa di vita, i requisiti possano restare nuovamente invariati, e così via per i successivi incrementi fino alla fine di questa decade.
Le previsioni sulla ripresa dell’attesa di vita
La realtà è che in questo momento non conosciamo ancora né l’effetto della pandemia sulle attese di vita nel 2021, né se ci sarà un rimbalzo nella longevità nel 2022 o 2023. L’ISTAT ogni anno rilascia delle previsioni sull’aumento dell’attesa di vita, ma è ancora troppo presto per immaginare che cosa potrà accadere nel breve periodo. Nel lungo periodo, comunque, ISTAT prevede, in ogni scenario, un aumento dell’attesa di vita. Nei prossimi 20 anni la crescita per gli uomini potrà essere compresa tra 1,3 e 3,6 anni, mentre per le donne tra 0,8 e 3,1 anni. Nel lungo periodo, tra 50 anni, la crescita sarà ancora maggiore: tra 2,8 e 6 anni per gli uomini, tra 2,2 e 5 anni le donne.
I requisiti per il 2022, 2023 e seguenti
La tabella riassume i vari requisiti pensionistici per l’anno in corso e per i prossimi, a seconda di quanto potrà aumentare l’attesa di vita.
Il requisito di vecchiaia, basato sull’età, resterà probabilmente fermo a 67 anni almeno fino al 2026. Il requisito di pensione anticipata contributiva, riservato a chi ha iniziato a lavorare dopo il 1996, resterà invece fermo a 64 anni. Per legge invece, il requisito di pensione anticipata resterà fermo a 41 anni e 10 mesi per le lavoratrici e 42 anni e 10 mesi per i lavoratori almeno fino al 2027.
Le altre variabili per chi è prossimo alla pensione
Chi si sta avvicinando al momento della pensione non deve tuttavia guardare solamente ai requisiti e a come siano stati congelati a causa del calo dell’attesa di vita. L’importo della componente contributiva della pensione è infatti legato al Pil: migliore è l’andamento dell’economia, maggiore è la rivalutazione dei contributi che versiamo, maggiore sarà l’importo della pensione. Se la ripresa economica fosse messa a rischio non solo dagli strascichi della pandemia, ma anche dalle tensioni internazionali, anche gli assegni pensionistici ne risentiranno. Così come bisognerà verificare l’andamento dell’inflazione, che potrà erodere o meno il potere di acquisto di retribuzioni e di pensioni. La serenità economica al tempo della pensione necessità sempre di attenzioni e cure, di un monitoraggio accurato per poter vivere con la giusta serenità gli anni nei quali smetteremo di lavorare.