La buona notizia è che una soluzione esiste e che essa passa innanzitutto dalla consapevolezza di come stiano le cose e degli scenari futuri
Pianificare sin da subito il proprio futuro previdenziale è indifferibile, che la scelta ricada su un singolo strumento o su una combinazione di essi poco importa
Partiamo dal concetto di montante contributivo: tutti sappiamo che si tratta dell’ammontare dei contributi, obbligatori e volontari, che abbiamo versato durante la nostra vita lavorativa.
Ma conosciamo il modo in cui questi contributi vengono rivalutati? Ecco la prima delle verità nascoste: siamo tutti consapevoli della differente modalità con cui vengono rivalutati il TFR da un lato e i contributi previdenziali dall’altro?
Sappiamo che mentre il primo viene rivalutato applicando un tasso sempre positivo e per di più in regime di capitalizzazione, i secondi invece corrono il rischio, avendo come parametro di riferimento l’andamento del PIL, di avere, così come hanno avuto, un tasso di rivalutazione pari a zero o addirittura, come avrebbe potuto accadere nel 2015 in mancanza di un intervento governativo, negativo?
Le stime per il 2020 indicano che il PIL potrebbe addirittura segnare un -11%. Sappiamo per quante rivalutazioni successive questo dato così negativo provocherà un coefficiente di rivalutazione negativo e quindi rivalutazioni del montante contributivo pari a zero o addirittura negative, con la conseguente svalutazione ( già proprio così) dei contributi versati nel caso in cui i futuri governanti decidano di non intervenire?
E sappiamo tutti che, oltre a questo, esiste un altro nemico dei nostri risparmi previdenziali che si chiama inflazione?
Siamo in grado di simare l’impatto sul nostro montante contributivo, che ricordo essere la somma di tutti i sacrifici fatti nell’arco della vita lavorativa, dell’azione congiunta di inflazione e mancata rivalutazione?
Sembra impossibile che possa esserci di peggio.
Siamo sicuri?
Passiamo al secondo concetto su cui si poggia il nostro sistema previdenziale: il patto generazionale. La verità nascosta è che il nostro non è un sistema basato sul contributivo puro.
Tutti immaginiamo che quel montante contributivo di cui sopra, che durante l’attività è stato oggetto magari di mancata rivalutazione e che alla fine dell’attività lavorativa sarà trasformato in rendita applicando dei coefficienti che, basandosi sulla aspettativa di vita, saranno sempre più sfavorevoli.
Tutti immaginiamo che quelli siano poi i soldi che saranno utilizzati per pagare la propria pensione. E invece no: quello che noi versiamo in termini di contributi previdenziali non viene accantonato per il nostro futuro pensionistico ma serve per pagare le pensioni correnti.
Ed ecco la seconda, e forse peggiore, brutta notizia: attualmente siamo in un sistema che va avanti con un rapporto tra popolazione attiva e popolazione in quiescenza pari a 7/10, al momento cioè ogni 7 lavoratori ci sono 10 pensionati.
Ebbene se in un sistema con questa proporzione l’assegno medio per la pensione di vecchiaia è di 1129 €, cosa avverrà quando, grazie all’allungamento della vita da un lato e per effetto della crescita zero per le poche nascite dall’altro, ci troveremo in un sistema in cui si stima che per ogni lavoratore ci saranno due pensionati?
Come farà a reggere un sistema basato sul patto generazionale? Possiamo mai chiedere ai nostri figli di pagare il doppio di quanto stiamo pagando noi? Siamo pronti a vivere di una pensione di 600€ al mese?
Sembra difficile trovare una buona notizia ma c’è.
La buona notizia è che una soluzione esiste e che essa passa innanzitutto dalla consapevolezza di come stiano le cose e degli scenari futuri.
Una volta acquisita questa consapevolezza il passo successivo viene naturale. Sarà naturale pensare che dovremo colmare il gap previdenziale e che dovremo farlo con decisioni autonome.
Pianificare sin da subito il proprio futuro previdenziale è indifferibile, che la scelta ricada su un singolo strumento (piani di accumulo, piani previdenziali, rendita da fitti, flussi cedolari) o su una combinazione di essi poco importa.
La vera differenza la farà la velocità con cui costruiremo, magari con il supporto professionale dei nostri consulenti, una adeguata strategia.
L’unica vera risposta, come sempre, è la pianificazione.