La febbre dell’oro continua, all’indomani della decisione della Federal Reserve che ha lasciato inalterati i tassi, ma ha peggiorato le previsioni sulla crescita e l’inflazione. Un esito che, in teoria, non avrebbe dovuto favorire il bene rifugio, se non per il fatto che i tagli dei tassi previsti entro fine anno restano di 50 punti base: la prospettiva di un calo del costo del denaro sostiene una domanda già forte. Il 20 marzo, il future sull’oro ha toccato un nuovo record a 3.065 dollari l’oncia, un aumento superiore al 15% da inizio anno. Anche l’oro al grammo in euro è vicino ai massimi storici, a quota 90,19 euro (il record toccato a febbraio era 91,89 euro).
Già mercoledì, l’oro aveva proseguito la sua salita, reagendo alla ripresa degli attacchi militari israeliani nella Striscia di Gaza, rompendo la tregua delle ultime settimane.
“L’aumento delle tensioni in Medio Oriente si accompagna a un’incertezza crescente sulle tariffe, preoccupazioni sull’outlook per l’economia Usa e l’aspettativa di tagli dei tassi da parte della Federal Reserve”, ha dichiarato in una nota il team di analisti di Ubs Wm, guidato da Mark Haefele. “Con il traguardo dei 3.000 USD/oncia raggiunto, gli investitori potrebbero essere incerti se l’appeal dell’oro possa estendersi ulteriormente”. Secondo Ubs Wm, l’oro resta “ben supportato” anche a questi livelli di prezzo. Conseguentemente, il nuovo obiettivo è stato fissato a 3.200 dollari: “Sebbene il mercato abbia raggiunto una situazione tecnica di sovra-acquisto, riteniamo che l’umore prevalente tra gli investitori rimanga prudente, il che probabilmente supporterà l’appetito per l’oro”.
Anche ING ritiene che l’oro abbia ancora spazio per crescere. Lo ha dichiarato l’analista senior per le materie prime, Ewa Manthey, dopo il traguardo dei 3.000 dollari: “Nonostante questo rally inarrestabile, l’oro è ancora lontano dal suo picco massimo rettificato per l’inflazione, che ha raggiunto nel 1980 e corrisponde a circa 3.800 dollari l’oncia, spinto dalla debole crescita economica, dall’inflazione crescente e dall’incertezza e instabilità geopolitica”, ha dichiarato, citando fra gli elementi a supporto della prosecuzione del rally gli acquisti da parte delle banche centrali, che sono aumentati a gennaio con acquisti netti per 18 tonnellate. “La banca centrale della Cina ha aumentato le sue riserve di oro per il terzo mese consecutivo”, ha aggiunto Manthey. “Durante il primo mandato di Trump come presidente degli Stati Uniti, la banca centrale cinese ha aggiunto oro per circa 10 mesi consecutivi”.
Per gli analisti di Ubs, ci sono poi altri fattori da considerare. Il primo è di tipo geopolitico: nonostante le crescenti possibilità di una pace in Ucraina che potrebbero far pensare a una minore richiesta di beni rifugio, “Le preoccupazioni sulle tariffe sono aumentate tra gli alleati commerciali degli Stati Uniti”, con nuovi dazi settoriali Usa reciproci che entreranno in vigore il 2 aprile. “In Medio Oriente, l’esercito degli Stati Uniti ha intensificato gli attacchi contro gli Houthi in Yemen. Martedì, Israele ha lanciato attacchi militari contro Hamas a Gaza, mentre i colloqui per estendere la fase iniziale della tregua concordata a gennaio sono falliti”.
Un secondo aspetto è legato ai rischi di rallentamento economico negli Stati Uniti, di cui ha parlato con toni meno ansiosi del previsto anche il presidente della Fed, Jerome Powell, in conferenza stampa mercoledì. “Nella situazione attuale, l’incertezza è notevolmente alta”, ha dichiarato Powell. “Non avremo fretta di intervenire” sui tassi di interesse, perché la Fed è “ben posizionata per aspettare ulteriori chiarimenti”. Per gli analisti di Ubs, “i mercati hanno iniziato a prezzare un ritmo più rapido di riduzione dei tassi da parte della Fed, offrendo un supporto aggiuntivo all’oro… I pessimi indicatori di sentiment negli Stati Uniti hanno portato i mercati a passare dalla previsione di due tagli di 0,25 punti percentuali della Fed quest’anno a una probabilità più alta di tre”.
Infine, la domanda di oro veicolata dagli strumenti finanziari è aumentata dopo un prolungato letargo. “Gli afflussi negli Etf sono accelerati nelle ultime settimane, soddisfacendo una delle condizioni che avevamo precedentemente indicato per sbloccare i prezzi più alti dell’oro. Il più grande Etf sull’oro del mondo (SPDR Gold Trust) ha riportato le sue riserve a circa 908 tonnellate metriche a febbraio, il che sarebbe il livello più alto da febbraio 2023. Le riserve d’oro negli Etf europei hanno continuato a salire, raggiungendo un record di 1.334 tonnellate dall’inizio del 2025, secondo i dati del World Gold Council. Anche gli Etf sull’oro degli Stati Uniti hanno visto un aumento della domanda, salendo di oltre il 4% quest’anno, raggiungendo quasi 1.650 tonnellate”.
Nonostante i record, l’oro rimane una protezione chiave del portafoglio contro l’incertezza a breve termine, ma anche contro episodi di avversione al rischio a lungo termine, hanno concluso da Ubs. Dopo un 2024 già in crescita del 27%, l’oro sta finendo per rendere più delle azioni: niente male per una componente di portafoglio ritenuta puramente conservativa.