Le banche sono in prima linea nel mobilitare il capitale necessario per finanziare la transizione “zero emissioni”. L’opportunità di finanziamento derivante dalla transizione “zero emissioni” è enorme. Secondo il World Economic Forum, entro il 2050 saranno necessari più di 50 trilioni di dollari di investimenti globali aggiuntivi. Ad oggi, però, gli investimenti effettivi sono stati inferiori alle ambizioni. In questo scenario, le banche si sono impegnate pubblicamente a raggiungere gli obiettivi “zero emissioni”, hanno assunto esperti del clima, hanno lanciato nuovi prodotti e servizi lungo due direttrici principali.
La prima è l’evoluzione del modello di business: lo sviluppo dei mercati del commercio di carbonio rappresenta un canale privilegiato per incentivare e finanziare l’azione per il clima. Dal momento che i prezzi sono cresciuti significativamente, molti operatori pensano di ritagliarsi un ruolo nell’ecosistema emergente per migliorare il funzionamento del mercato del carbonio. La seconda linea strategica è l’ampliamento della relazione con il cliente: le imprese hanno bisogno di consigli per comprendere appieno le loro emissioni di carbonio e le azioni che possono intraprendere per fare evolvere le loro pratiche produttive e commerciali per avvicinarsi alle “emissioni zero”. Ad esempio, un numero crescente di aziende sta scegliendo di compensare le proprie emissioni mentre si organizza per ridurle, creando così una doppia opportunità per le banche: finanziare i loro progetti volti a generare un credito di carbonio e aiutarle ad accedere ai relativi mercati.
Si tratta di una nuova sfida per le banche, basata sulla creazione di team con conoscenze e strumenti adeguati. Ed esiste ormai un’ampia gamma di strumenti e strutture che possono soddisfare una domanda crescente di finanziamento da parte delle imprese. Infatti, le principali società di consulenza hanno rilevato rilevato nel 2021 una rapida crescita del “finanziamento verde” (circa 500 miliardi di dollari, il 6 % di tutte le emissioni di debito, ma in valore assoluto si tratta di importi ancora insufficienti).
Alcune nuove tecnologie per la transizione “zero emissioni” sono al momento penalizzate da forti svantaggi competitivi rispetto alle alternative esistenti, perché richiedono investimenti su larga scala, ad alto rischio e con un orizzonte di lungo termine. Queste tecnologie incontrano le preferenze di sostenibilità di investitori istituzionali, asset manager e wealth manager con clientela privata caratterizzata da un orizzonte di lungo periodo. Intanto le famiglie private sono ormai pronte a esprimere le loro preferenze di sostenibilità: le principali direttrici verso cui preferirebbero orientare oggi le loro scelte di investimento sono la tutela dell’ambiente, lo sviluppo di tecnologia a basso impatto ambientale e la crescita di piccole imprese socialmente virtuose.
Dall’atro lato, gli operatori sono fermamente convinti che i temi della sostenibilità possono rappresentare un valido elemento di diversificazione. La comunità finanziaria ha messo a punto un “approccio progressivo”, che prevede inizialmente una parziale copertura dei portafogli degli investitori per facilitare la transizione nel medio periodo verso una piena adozione per non determinare un insostenibile aumento del costo dei servizi finanziari e assicurativi in capo agli investitori finali. Assicurare al cliente una piena diversificazione dell’asset allocation grazie a un approccio uniforme verso le diverse asset class resta l’obiettivo principale di tutti i professionisti della consulenza finanziaria. Il riferimento a tutti gli strumenti azionari e di debito, senza alcuna esclusione, assicurerà nel tempo che l’approccio di investimento sostenibile venga effettivamente incorporato nell’asset allocation e nella gestione del rischio di tutti gli investitori.
(Articolo a cura di Simona Maggi, direttore scientifico di Aipb, tratto dal magazine We Wealth di maggio 2022)