Quando si parla del modo più adeguato per gestire un’azienda, il termine utilizzato è Governance. Se la Governance è virtuosa, riesce a costituire un valore aggiunto per l’azienda e si va ad aggiungere alla capacità di garantire la performance economica aziendale anche nel periodo medio-lungo.
Molto spesso, la Governance viene confusa con il Management: in realtà si tratta di due modalità diverse, ma complementari, di gestire le attività aziendali, ognuna con le proprie caratteristiche. Ma le finalità delle due attività sono differenti: mentre la prima ha lo scopo di ottimizzare i processi per raggiungere gli obiettivi economici e tutelare gli interessi dell’azienda, il secondo invece di determinare gli obiettivi centrati già prefissati dalla Governance. La concentrazione della ricchezza familiare combinata con la crescente articolazione delle famiglie imprenditrici, ha comportato in capo alle famiglie medesime la necessità di adottare condotte e azioni di contrasto alla fisiologica tendenza alla disgregazione del gruppo familiare, composto da numerosi membri, appartenenti a diverse generazioni con ruoli e posizioni differenti sia nella famiglia, sia all’interno o all’esterno dell’azienda. I Family Office rispondono al tentativo di governare le esigenze ed i rischi a cui le famiglie sono esposte nella gestione della ricchezza. Il family office, oltre ad offrire potenzialmente una vasta gamma di servizi nell’ambito della consulenza di matrice finanziaria, della gestione degli investimenti e della pianificazione del trasferimento di ricchezza, incorpora lo scopo di migliorare le condizioni affinché coesione familiare e continuità aziendale prosperino. Un nuovo concetto di consulenza si affaccia sul mondo della gestione dei patrimoni. Si tratta di un approccio completo che mira alla qualità della vita del cliente nella sua interezza. Quindi non solo gestione della ricchezza, ma anche del benessere totale della persona. La parola chiave per chi vuole continuare a giocare nella serie A della consulenza finanziaria è ‘inclusione’. Io ho deciso di essere un Family Officer, capace di proteggere l’identità familiare nel tempo, così che ogni generazione sappia agire come custode della generazione successiva aiutando altresì la famiglia a identificare il codice dei valori intangibili per questo faccio parte di AIFO (Associazione Italiana Family Office) che ultimamente mi ha accreditato per la qualità e la qualificazione professionale per i servizi prestati come Family Officer. Ho deciso di coinvolgere la dott.ssa Patrizia Misciattelli delle Ripe, che oltre ad essere stata Top manager in importanti realtà nel segmento del Private Banking è la Founder e Presidente di AIFO, svolgendo, con elevata qualità, attività di mentorship in progetti di passaggio generazionale. Pertanto abbiamo chiesto a Patrizia la sua visione sulla Governance aziendale, la capacità dei Senior di delegare verso le nuove generazioni e il ruolo che può ricoprire, anche in tal senso, il Family Office nelle aziende famigliari.
“La relazione tra un imprenditore e la sua azienda è un intenso e lungo viaggio, caratterizzato da tappe diverse nel tempo. C’è la costruzione, il coraggio dell’assunzione di un rischio per realizzare una visione, per la quale servono energia, determinazione, concretezza- ci ha chiarito subito Patrizia Misciattelli delle Ripe– segue poi il momento in cui si vede la realizzazione, si sperimenta il successo e quindi crescono l’orgoglio e l’autostima, nonché la sicurezza di sé, che spesso diviene motore per trainare uomini e business. La terza fase è quella della necessità di espansione e dalle strategie di protezione per quanto si è creato, ci sono sfide competitive continuamente crescenti per l’innovazione, ci sono le esigenze finanziarie e la necessità della delega per integrare management- continua la Misciattelli– poi arriva la quarta fase, la più difficile, spesso negata poiché richiede un modo nuovo per l’imprenditore di vedere sè stesso, di modificare la propria centralità, diventando regista e non più primo attore protagonista, per preparare progressivamente la scena per uno o più altri protagonisti, i propri eredi. Non è una regia semplice perché spesso le generazioni che si confrontano parlano linguaggi diversi: alle generazioni successive, quella dei figli, dei nipoti, si è donato il privilegio del tempo e della non urgenza, l’annullamento del rischio, la libertà di conoscere, di ampliare, anziché focalizzare. L’imprenditore senior nel frattempo sempre di più si è radicato nel quotidiano della propria impresa, nel perimetro della propria costruzione e del contesto nel quale l’impresa stessa vive”.
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Questo mancato dialogo e la conseguente mancata delega di condivisione e responsabilità apre a tre grandi rischi, come ci ha elencato la Presidente, che sono:
1. La vendita dell’azienda per mancanza di conoscenza e di fiducia nelle generazioni a seguire, trasformando così in asset finanziari il valore costruito nel tempo, facendo diventare centrali i beni liquidi, per loro natura più “evaporabili” e soprattutto incapaci di dare solidità e unione rispetto ai valori economici, reali e anche intangibili che un’impresa familiare esprime;
2. Una pericolosa lentezza nell’adeguare il business alla velocità di cambiamento con i suoi nuovi modelli economico-sociali, a causa della non integrazione dei talenti giovani e della mancata organizzazione dei processi per raccogliere i loro input;
3. L’eccessiva standardizzazione nel far coincidere la delega con soluzioni giuridiche come trust, patti di famiglia, patti parasociali o assimilabili, omettendo di attivare quel lungo e dialettico percorso di condivisione allargata attorno a valori, regole, visione del domani, fondamentale per ogni duraturo processo di governance;
“Se questi sono i rischi, esistono metodologie con comprovate esperienze positive – prosegue Patrizia Misciattelli delle Ripe– volte a non disperdere il valore dell’esperienza che nasce dalle realizzazioni già compiute dalle generazioni senior, riuscendo a coniugarlo con il valore espresso dalle generazioni più giovani, operando non in logica di alternativa, alternanza e successione, ma in logica di integrazione per un significativo arco temporale. Viviamo tempi in cui la longevità porta a non poter considerare finita la vita produttiva e professionale a settanta anni, portando così tre generazioni sedute allo stesso tavolo, non in osservazione o in attesa, ma con un dovere/diritto di attiva partecipazione e contributo”.
Il primo atto della metodologia per una Governance Inclusiva è legato alla necessità di identificare una ragione identitaria comune, in virtù della quale ognuno sia disposto a trovare poi punti di mediazione negli inevitabili conflitti e nelle contrapposizioni di opinioni che fanno parte di una aperta dialettica, come ci ha sapientemente sintetizzato la Presidente di AIFO attraverso una serie di regole.
La prima regola prevede il lavorare insieme alla stesura di una Carta dei Valori, i valori comuni, quelli della Famiglia, quelli che la storia ha già sedimentato o quelli che ognuno vuole come identità sociale e valoriale legata al nome nel presente e nel futuro, a protezione di una precisa responsabilità e reputazione comune. Sono quei valori che segnano il senso di appartenenza per difendere il quale ognuno saprà mediare sulle proprie posizioni, se divergenti. Una seconda regola è prestare grande attenzione ai processi di Circolazione della comunicazione, quali informazioni, con quali mezzi (anche tecnologici), con quale frequenza, con quali modalità di feedback. La comunicazione si dovrà distinguere tra comunicazione di informazione, di decisione, di coinvolgimento emozionale. Una terza regola è quella di interpretare la Governance non come ‘chi comanderà dopo di me’, ma come un modello di organizzazione di strutture funzionali diverse, in grado di ottimizzare l’espressione di talenti diversi all’interno di un Modello di deleghe frazionate ma convergenti (Unità produttive o commerciali indipendenti, comitati, ruoli di consiglieri tecnici, start up per i programmi R&D). Particolare interesse può rappresentare l’istituzione di uno Shadow Board, ove i più giovani siano per i senior di stimolo per una visione alternativa nei processi decisionali. Uno step fondamentale sarà quello della conoscenza di talenti e attitudini di tutte le risorse umane coinvolte”.
La sostenibilità nel tempo dell’impresa è una delle aree di maggior attenzione per il Family Office deputato a proteggere l’integrità del patrimonio familiare, in quanto la partecipazione nell’azienda di famiglia rappresenta spesso oltre il 50% della totalità della ricchezza, quindi con un rischio di concentrazione molto alto su un solo asset. Pertanto sarà compito del Family Office non l’intervenire in merito alla gestione dell’impresa, ma controllare la sua sostenibilità nel tempo, senza rischi di disgregazione per conflittualità interne, e senza rischi di sottoperformance per mancanza di visione e innovatività. Quindi, secondo le conclusioni della dott.ssa Patrizia Misciattelli delle Ripe, il compito del Family Office è garantire la presenza di competenze specializzate atte ad affiancare la strutturazione di un adeguato processo per la regia di una governance integrata e consapevole.