Con l’inasprirsi dello scontro tra Israele e Iran, in seguito agli attacchi del 13 giugno, i mercati tornano a interrogarsi su quali investimenti offrano vera protezione in una fase di possibile escalation miliatare. Oro, difesa, liquidità e valute “difensive” riaffiorano come scelte imprescindibili. Fra queste ultime, pesa molto meno di un tempo il dollaro.
Una biforcazione davanti ai mercati
Secondo Michaël Nizard e Nabil Milali di Edmond de Rothschild AM, “si stanno delineando due scenari”: una risposta iraniana su larga scala che potrebbe portare a una dichiarazione di guerra da parte di Israele, oppure una risposta più misurata da parte di Teheran, simile a quelle già osservate negli ultimi due anni.
Nel primo caso, spiegano, “l’intervento degli Stati Uniti nel conflitto sarebbe inevitabile”, con il rischio di “una conflagrazione regionale che potrebbe far precipitare il mondo in un’escalation senza precedenti”. L’effetto principale sarebbe “l’interruzione dei flussi di petrolio e un’impennata incontrollata dei prezzi del greggio”, con conseguenze dirette su crescita e asset rischiosi.
Ma il secondo scenario — più probabile secondo i due gestori — si basa su segnali incoraggianti: “Gli Stati Uniti hanno dichiarato di essere stati informati dell’attacco israeliano ma di non averlo appoggiato. Trump ha anche specificato di voler riprendere i colloqui con Teheran”. Il regime iraniano, aggiungono, “è in posizione particolarmente delicata, soffocato dalle sanzioni e con crescente malcontento interno”.
Oro: ritorno al bene rifugio per eccellenza
L’oro è tornato a brillare come asset difensivo principale. Alessio Garzone, portfolio manager di Gamma Capital, osserva che “la rottura sopra i 3.400 dollari non è solo tecnico ma riflette acquisti sistemici da parte di banche centrali, soprattutto la Cina, che non sono pienamente riflessi nei dati ufficiali”.
Nel portafoglio di un investitore prudente, aggiunge Garzone, l’oro può rappresentare “fino al 5–10% del patrimonio, anche tramite Etc fisici (non sintetici)”.
Anche Edmond de Rothschild AM conferma il ruolo protettivo del metallo giallo: “Sebbene l’oro abbia sin da subito svolto bene il suo ruolo di bene rifugio, con un +1,5% a 3.430 dollari/oncia, i rendimenti sovrani non offrono lo stesso appeal, segno che i timori inflazionistici stanno prevalendo”.
Difesa: una scommessa sulla realtà
Se i conflitti si protraggono, la spesa militare cresce. Garzone spiega che “in scenari di instabilità prolungata, la spesa per difesa aumenta ovunque. Etf settoriali o selezione attiva su nomi europei come Leonardo e Thales, e Usa come Lockheed Martin e Northrop Grumman, restano una valida opzione”.
Una dinamica coerente con quanto indicato da S&P Global Ratings: “L’aumento delle spese per la sicurezza pesa sui bilanci pubblici”, soprattutto in Israele, dove “l’impatto fiscale e sociale di danni fisici alle infrastrutture può essere significativo”.
Liquidità: la nuova asset class difensiva
Nel contesto attuale, “la liquidità deve essere trattata come una vera e propria asset class”, sottolinea Garzone, “non come semplice mancata allocazione, perché offre protezione da drawdown violenti e flessibilità tattica in caso di riprezzamento improvviso degli asset”.
S&P conferma che una delle principali vie di trasmissione del rischio in caso di escalation è “il deterioramento della fiducia, l’aumento dei costi di finanziamento e la pressione sulla liquidità del sistema bancario”.
Petrolio: rischio più che opportunità
Il Brent ha segnato un +7% nelle ore successive agli attacchi israeliani, ma per Nizard e Milali “l’altissimo livello di incertezza richiederà il mantenimento di un premio per il rischio geopolitico nelle prossime settimane”.
Aggiungono che “un’impennata del Brent a livelli in grado di indebolire l’economia globale o innescare nuova inflazione potrebbe essere evitata se l’OPEC, e in particolare l’Arabia Saudita, accettassero di aumentare la produzione”.
Garzone raccomanda cautela: “Esporsi direttamente al petrolio, soprattutto con strumenti a leva o a breve scadenza, può amplificare la volatilità in portafogli che cercano difesa e stabilità. Meglio guardare, in questo momento, ad altro”.
S&P mette in guardia dal fatto che “prezzi più alti del petrolio beneficerebbero solo se la produzione continua, la domanda globale si mantiene e le rotte restano aperte”. Blocchi dello Stretto di Hormuz, anche solo percepiti, “potrebbero alzare i costi di trasporto e ridurre l’offerta”.
Valute: il dollaro regge, ma altri brillano
Ebury rileva che “il dollaro, già indebolito dall’inflazione inferiore alle attese e dalle preoccupazioni economiche, ha trovato respiro dopo l’attacco israeliano”, ma la sua performance è stata modesta. “I veri vincitori della settimana sono stati il franco svizzero e la corona norvegese”.
Anche Edmond de Rothschild AM sottolinea la debolezza strutturale del biglietto verde: “L’apprezzamento del dollaro è rimasto particolarmente modesto, a testimonianza della forza del trend ribassista di fondo”. Per questo, “intendiamo mantenere una politica di copertura attiva del rischio valutario sul dollaro”.
Domande frequenti su Oro, difesa e valute: dove si protegge il portafoglio dalla geopolitica
L'articolo indica oro, difesa, liquidità e valute 'difensive' come asset che offrono protezione in una fase di possibile escalation militare, in seguito agli attacchi del 13 giugno tra Israele e Iran.
L'articolo suggerisce che il dollaro, pur mantenendo una certa solidità, ha perso parte del suo tradizionale peso come valuta rifugio rispetto al passato, con altre valute che mostrano maggiore brillantezza.
Michaël Nizard e Nabil Milali di Edmond de Rothschild AM ritengono che si stiano delineando due possibili scenari ('una biforcazione') per i mercati, implicando una fase di incertezza e potenziale volatilità.
L'articolo menziona il settore della difesa come una 'scommessa sulla realtà', suggerendo che gli investimenti in questo ambito possono rappresentare una strategia per proteggere il portafoglio in un contesto geopolitico instabile.
L'articolo considera il petrolio più come un rischio che come un'opportunità di investimento, suggerendo che le tensioni geopolitiche potrebbero portare a maggiore volatilità e incertezza nel mercato petrolifero.