Golden visa: la crisi Ucraina interrompe il rilascio dei visti d'oro

Nicola Dimitri
3.3.2022
Tempo di lettura: 5'
La crisi Ucraina innescata dall'invasione russa interrompe i regimi di rilascio dei visti d'oro

Talvolta la libertà di circolazione delle persone fisiche è utilizzata con finalità di evasione fiscale

A causa del conflitto in atto alcuni Stati hanno interrotto la pratica di concedere visti dietro promessa di investimenti

Tra i molti risvolti dell'invasione armata della Russia in Ucraina, vi sono alcuni dettagli che mettono in luce il modo, per certi versi inedito, in cui si sta articolando il conflitto in corso.
Si è molto parlato degli effetti che le sanzioni adottate da Ue e Usa hanno causato e stanno causando sugli immensi patrimoni degli oligarchi russi.

Francia, Italia, Regno Unito e l'America di Biden, per citare alcuni paesi, hanno, infatti, avviato una serie di verifiche sugli asset detenuti dai miliardari vicini al Cremlino per congelarne l'utilizzo e bloccare i movimenti economici.

Siffatta circostanza ha indotto molto rapidamente i miliardari russi a correre ai ripari, attraverso strategie (non sempre riuscite, si veda la scelta di Abramovich di cedere il Chelsea) di ricollocamento dei beni o di devoluzione e trasmissione di cariche societarie ad altri soggetti.

Ma non è tutto. A queste misure sanzionatorie, pensate per colpire prevalentemente i beni, si aggiungono anche quelle che incidono direttamente sugli individui.

In effetti, Malta e Grecia, limitando il commento a questi due Stati, hanno comunicato la decisione di sospendere il rilascio e la vendita dei cd. golden visa nei confronti degli oligarchi.

La vendita dei “passaporti d'oro” rappresenta ormai una consolidata e profittevole pratica portata avanti da alcuni Stati per fare cassa e garantirsi nuovi investimenti sul territorio e correlate (e consistenti) nuove entrate fiscali.

In buona sostanza, gli Stati riconoscono la cittadinanza o la residenza a un soggetto extra-Ue (che ha interesse a diventare cittadino dell'Unione) dietro il pagamento di un prezzo che può consistere anche nell'impegno di effettuare importanti investimenti sul territorio.

E invero, come ha sottolineato il Parlamento europeo in un report dedicato ai reati fiscali e ai fenomeni di evasione ed elusione sul territorio dell'Unione, le politiche adottate dagli Stati membri che hanno introdotto regimi di cittadinanza tramite investimenti (CBI - Citizenship by Investment) e di residenza tramite investimenti (RBI - Residency by Investment), possono a certe condizioni essere dannose per l'Ue in quanto si tratta di pratiche potenzialmente foriere di reati fiscali.

I meccanismi di rilascio dei golden visa e in generale di permessi di residenza o cittadinanza, da un lato, determinano una vera e propria svalutazione della cittadinanza dell'Ue, dall'altro, favoriscono – sostiene il Parlamento europeo – la corruzione, il riciclaggio di denaro e l'evasione fiscale.

Concedere permessi tenendo conto solo dei resoconti economici rischia di produrre più che cittadini dei veri e propri clienti, trasformando perciò il concetto di cittadinanza da status a privilegio; privilegio riconosciuto e concesso, tra l'altro, solo a determinate categorie di soggetti ad alta capacità contributiva ed economica.
Molto spesso, come ha avuto modo, a più riprese, di avvertire l'Ue, è difficile operare un'accurata due diligence sull'identità dei candidati richiedenti i permessi, di modo che, altrettanto sovente, detti visti (golden visa) vengono concessi a individui di discutibile integrità.

In particolare, i visti più discussi e su cui più si è agito in seno alle Istituzioni europee, sono quelli che richiedono al nuovo contribuente (dunque al nuovo residente) una presenza fisica sul territorio del tutto irrilevante.

È perciò il caso di chiedersi se il conflitto in atto sta, tra le altre cose, incidendo anche su quelle storture che fino ad ora hanno caratterizzato alcuni sistemi giuridici e fiscali degli Stati membri. Stati membri che, ora, nel marasma della crisi si vedono costretti a fare un passo indietro e riconoscere, non troppo indirettamente, le potenzialità dannose che alcuni regimi preferenziali hanno per l'intera Unione.
Redattore e coordinatore dell'area Fiscal & Legal di We Wealth. In precedenza ha lavorato nell'ambito del diritto tributario e della fiscalità internazionale presso primari studi legali

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