Non sono un’appassionata di calcio e ancor meno un’esperta, tant’è vero che prima di capire cosa fosse il fuorigioco me l’hanno dovuto spiegare più volte.
Ma non è questo il punto.
Ho tifato, sofferto e poi esultato come tutti gli italiani quella notte magica e come tutti ho gioito per orgoglio nazionale.
Ho apprezzato il grande gioco di squadra dei nostri calciatori, l’affiatamento e l’intesa tra tutti era palpabile. E ho percepito quanto rispetto provassero tutti nei confronti del loro allenatore.
Non ho visto nessuno uscire dal campo perché sostituito da Roberto Mancini con un compagno, fare il muso lungo o lamentarsi apertamente.
Non ho visto giocatori di serie A e giocatori di serie B, ma una squadra unita e compatta che ha lavorato duro e che ha saputo anche divertirsi.
Questa è stata la forza dell’Italia e il segreto della vittoria, anche perché se così non fosse stato, non avrebbero potuto reggere lo stress di un tifo così scorretto da parte dei loro avversari e con quei numeri spaventosi: quasi 60.000 tifosi inglesi contro meno di 10.000 tifosi italiani!
I rigori poi sono una lotteria, non era scontata la vittoria, ma qui non si parla di fortuna. Eh no! La fortuna non c’entra.
Ci vuole metodo, allenamento, costanza e pazienza.
È necessario leggere, informarsi da chi ne sa di più, farsi guidare da un allenatore con maggiore esperienza, freddezza e lucidità.
Bisogna prima pianificare una strategia a tavolino, avere chiari gli obiettivi che si vogliono raggiungere e solo dopo si scende in campo con un piano ben definito e strutturato che deve essere messo in pratica e, solo se necessario, modificato e corretto strada facendo.
E, non ultimo, non dimentichiamo che ognuno ha il suo ruolo che deve essere rispettato, perché non si vince da soli. Si vince uniti.