Il 99% dei consulenti finanziari nordamericani sondati da Accenture ritiene che l’intelligenza artificiale giocherà un ruolo nel futuro dell’advisory
Cionostante, buona parte dei consulenti è rimasta delusa dai dati estrapolati da questi strumenti. Mentre il 37% crede che gli algoritmi diventeranno tanto sofisticati da assurgere a concorrente nella conquista della clientela
Una maggioranza schiacciante dei consulenti finanziari è convinta che l’intelligenza artificiale (Ia) giocherà un ruolo nel futuro dell’advisory. Ne è convinto il 99% dei 500 consulenti finanziari nordamericani sondati da Accenture nel nuovo report “AI in Wealth Management”. Ma non sono tutte rose.
Ad esempio, quattro advisor su 10 hanno affermato che i dati che l’Ia ha estrapolato dalla clientela “non sono stati d’impatto quanto sperarato”. E ancora, il 55% degli intervistati ritiene che le informazioni generate dalle intelligenze artificiali siano “troppo complicate da usare”.
Sintomatici di queste contraddizioni sono, da un lato, l’87% di consulenti che si dice volenteroso di usare quotidianamente gli strumenti basati su Ia, con il desiderio di investire tempo per per impararne l’utilizzo se producono un chiaro beneficio; dall’altro, il 37% che non ritiene l’Ia in grado di risolvere i loro problemi di business o anche solo di far risparmiare tempo.
“L’intelligenza artificiale può aiutare le società di gestione patrimoniale a ottenere un forte vantaggio competitivo e la nostra ricerca ci dice che la stragrande maggioranza dei consulenti è pronta ad adottare questa tecnologia”, ha dichiarato Keri Smith, responsabile dell’intelligenza applicata per le pratiche del settore bancario e dei mercati dei capitali di Accenture, “ma per sfruttare appieno il valore dell’Ia, gli insight che ne derivano devono essere specifici, attuabili e di facile comprensione”.
“I gestori patrimoniali”, ha aggiunto Smith, “devono fare un lavoro migliore creando casi d’uso chiari che aiutino i consulenti a servire meglio i loro clienti o a ridurre il tempo speso in attività amministrative, il tutto dando ai consulenti una voce nel processo”.
In generale, gli ottimisti su questa innovazione sono in maggioranza: il 55% dei consulenti di Usa e Canada ritengono che, “in larga misura, l’Ia avrà un effetto di trasformativo o rivoluzionario sulla consulenza finanziaria nei prossimi 3 anni”.
Ma le contraddizioni non sono finite. L’83% dei consulenti ritiene che entro 18 mesi l’Ia produrrà un impatto “notevole e misurabile sulla relazione con il cliente”. Qualche esempio? Otto advisor su dieci, ritengono che le notifiche in tempo reale degli eventi della vita dei clienti da parte dell’Ia rappresentino uno dei vantaggi più evidenti e misurabili, così come la capacità di tradurre i dati dei clienti in informazioni attuabili a loro vantaggio.
Il problema è che un altro 83% degli intervistati teme che l’Ia “possa raggiungere un livello di advice e pianificazione talmente sofisticato che, alla fine, costringerà i consulenti a contendersi i clienti con un algoritmo”.
In conclusione, le aspettative dei consulenti sembrano molto elevate su quello che l’Ia potrà fare per loro, ma anche contro di loro.
“In un contesto di mercato sempre più difficile, l’IA ha il potenziale per aiutare i gestori patrimoniali a sostenere e guidare una nuova crescita, a creare efficienze operative e a trasformare l’esperienza del cliente attraverso approfondimenti e prodotti iper-personalizzati”, ha dichiarato in una nota Scott Reddel, responsabile di Accenture per la gestione patrimoniale in Nord America. “Non è il momento di togliere il piede dal pedale”, ha aggiunto, “le aziende possono superare gli ostacoli all’adozione con un impegno costante da parte del management, applicazioni mirate che forniscano valore al business e, cosa forse più importante, collaborazione tra le linee di business”.