La Federal Reserve ha confermato le attese lasciando invariati i tassi, con il riconoscimento che i rischi per il raggiungimento dei suoi obiettivi su occupazione e inflazione sono diventati “più equilibrati” nell’ultimo anno. Tuttavia , le proiezioni economiche per il 2024 hanno indicato un livello più elevato per l’inflazione Pce di fondo, passata dal 2,6% previsto a marzo al 2,8% attuale, mentre sono rimaste invariate le previsioni su Pil e occupazione. Piuttosto, è arrivata l’attesa revisione sulla previsione mediana dei tassi d’interesse per fine 2024, che sale dal 4,6 al 5,1% riducendo così da tre a un solo taglio le attese dei membri del Fomc. Nel 2025 la Fed vede ora quattro tagli da 25 punti base, mentre il tasso di lungo termine sale dal 2,6 al 2,8%.
Si tratta di revisioni anticipate da gran parte degli analisti: questo potrebbe in qualche modo spiegare perché il rally di Borsa innescato in mattinata dalla pubblicazione dei dati sull’inflazione sia rimasto sostanzialmente intatto nonostante il minor numero di tagli anticipato dal Fomc per il 2024. In rialzo euro, oro, Treasury e i maggiori indici azionari Usa.
Le parole del comunicato
“Recenti indicatori suggeriscono che l’attività economica ha continuato a espandersi a un ritmo sostenuto. I guadagni occupazionali sono rimasti forti e il tasso di disoccupazione è rimasto basso. L’inflazione è diminuita nell’ultimo anno, ma rimane elevata”, ha affermato il comunicato del Fomc, prima di riconoscere come “negli ultimi mesi, ci sono stati ulteriori progressi modesti verso l’obiettivo del 2% di inflazione del Comitato”.
Questi progressi hanno motivato l’apertura di uno spiraglio verso il futuro taglio dei tassi: “Il Comitato giudica che i rischi per il raggiungimento dei suoi obiettivi di occupazione e inflazione siano diventati più equilibrati nell’ultimo anno”. Tuttavia, come ampiamente previsto la Fed “non ritiene opportuno ridurre l’intervallo obiettivo finché non avrà maggiore fiducia che l’inflazione si stia muovendo in modo sostenibile verso il 2%”.
L’atteggiamento rimane, quindi dipendente dai dati macroeconomici che arriveranno. “Nel valutare l’adeguatezza della politica monetaria, il Comitato continuerà a monitorare le implicazioni delle informazioni in arrivo per le prospettive economiche”, si legge nel comunicato, “il Comitato sarebbe pronto a modificare l’orientamento della politica monetaria se emergessero rischi che potrebbero ostacolare il raggiungimento degli obiettivi”.
Le parole di Powell: ecco perché non tagliamo ancora
“Permettetemi di dire che comprendiamo che, se aspettiamo troppo a lungo, questo potrebbe avere un costo per l’attività economica, l’occupazione e l’espansione. Comprendiamo anche che, se agiamo troppo rapidamente, potremmo annullare gran parte dei progressi ottenuti e dover poi ricominciare da capo, causando gravi disagi. Siamo quindi estremamente consapevoli di entrambi questi rischi e stiamo cercando di gestirli al meglio. Abbiamo detto che non riteniamo opportuno iniziare ad allentare la politica fino a quando non saremo più sicuri che l’inflazione stia scendendo verso il 2% in modo sostenibile nel tempo. Questo è stato il nostro criterio. Un altro criterio è un eventuale deterioramento inatteso delle condizioni del mercato del lavoro. Penso che questo sia il modo corretto di affrontare la questione. Questo è il nostro doppio mandato. Abbiamo un’economia più forte, con una crescita prevista comunemente intorno al 2%, un tasso di crescita robusto per la nostra economia. Il mercato del lavoro continua a generare posti di lavoro a un ritmo piuttosto elevato e la disoccupazione è ancora bassa. Abbiamo quindi la possibilità di affrontare questa questione con cautela, e questo è ciò che stiamo facendo”.
Jerome Powell, presidente della Federal Reserve, in conferenza stampa
Inflazione in miglioramento a maggio
La riunione della Fed è stata preceduta da una lettura più favorevole del previsto per l’inflazione al consumo di marzo: il dato di fondo è cresciuto dello 0,2% rispetto ad aprile e del 3,4% su base annua, meno rispetto a quanto previsto dagli economisti. A questo si è aggiunto un dato invariato sui prezzi generali, grazie al calo nei costi dell’energia. Di particolare rilevanza per determinare il peso del costo del lavoro sui prezzi è il rallentamento dei rincari osservato sui servizi, calato dal +0,4% mensile di aprile al +0,2% – l’incremento congiunturale più basso in oltre sei mesi. Il presidente della Fed, Jerome Powell, ha confermato come la lettura sull’inflazione di maggio sia stata positiva, ma non ha offerto commenti chiari sulle chance che un taglio dei tassi a settembre sia possibile nel caso la tendenza si consoliderà nei prossimi mesi.
Il Treasury Usa e le azioni sono andate in rally subito dopo la pubblicazione dei dati, sospettando che la posizione della Fed si sarebbe fatta più morbida sull’eventualità di tagliare i tassi. Nelle ore successive al dato sull’inflazione le probabilità implicite di un taglio ai tassi già a settembre, secondo le posizioni sul mercato dei future, hanno superato il 70%, così come risultano superiori a tale percentuale le probabilità che la Fed tagli almeno un’altra volta entro fine anno. In seguito alla decisione della Fed le chance di un taglio a settembre sono scese al 65%.
Mercati galvanizzati dall’inflazione
La reazione di mercato, assai positiva dopo la pubblicazione dei dati sull’inflazione di maggio è rimasta intatta, nonostante le cautele della Fed e la revisione del dot plot: l’S&P 500 è in rialzo dello 0,9% mentre è in corso la conferenza stampa del presidente della Fed, Jerome Powell. Il Nasdaq Composite, un indice più sensibile all’andamento dei tassi, nel frattempo è cresciuto dell’1,6%. L’euro si è rafforzato dello 0,67% a quota 1,0813 flettendo solo in misura lieve dopo la pubblicazione del comunicato del Fomc. L’oro, che tende a crescere quando aumentano le aspettative di tagli ai tassi Fed, ha guadagnato lo 0,56% a 2.340,50 l’oncia, dopo aver toccato un massimo di giornata a 2.358,80.