Padre della teoria monetaria e premio Nobel, Milton Friedman potrebbe anche essere definito il padre involontario della società degli azionisti. Le generazioni successive di studiosi di finanza, dirigenti d’azienda e gestori di hedge fund hanno dichiarato che le aziende che spendono denaro per iniziative sociali rubano profitti ai veri proprietari, ossia gli azionisti.
I proprietari che desiderano che i profitti aziendali siano utilizzati per la società dovrebbero, dal loro punto di vista, prendere i loro dividendi o le loro plusvalenze e stanziare questi fondi a loro scelta: reinvestirli, darli in beneficenza o spenderli. Il professor Friedman, va ricordato, fu consulente sia del presidente americano Ronald Reagan che del primo ministro britannico Margaret Thatcher.
Come spesso accade, la cultura popolare ha semplificato la dottrina e l’ha piegata ai propri scopi, cosa che forse l’autore non intendeva fare. La dottrina di Friedman è quindi stata por tata al di là del concetto di società degli azionisti, diventando la società degli azionisti dove “l’avidità è un bene”.
Capitalismo a lungo termine
L’opinione del professor Friedman sugli azionisti era molto più articolata. Friedman reagiva all’idea, prevalente cinquant’anni fa, che le grandi società (ricche?) dovessero usare i loro prof it ti per scopi caritatevoli o per programmi sociali che i governi non erano disposti a finanziare.
Come esempio indicò il fatto che le aziende non dovrebbero assumere disoccupati “hard core” a spese dei profit ti aziendali qualora siano disponibili lavoratori meglio qualificati, laddove l’unico scopo sia quello di contribuire all’obiettivo sociale di ridurre la povertà. Allo stesso modo, un’azienda che costruisce a livello locale infrastrutture che dovrebbero invece essere fornite dal governo non fa altro che commettere un furto nei confronti degli azionisti.
Ma aggiunse un’importante eccezione: “Può essere nell’interesse di lungo periodo di una impresa, le cui decisioni sono rilevanti per una piccola comunità locale per la quale l’impresa costituisce un importante datore di lavoro, investire risorse per contribuire al benessere di tale comunità. Ciò può rendere più facile attrarre buoni dipendenti, offrire vantaggi in termini di minor costo del lavoro e maggiore produttività”.
Tale precisazione richiama alla mente il moderno concetto di investimenti basati sull’analisi ESG, secondo il quale il prendere in considerare tutti gli stakeholder, in ultima analisi, va a vantaggio degli azionisti.
Entra in scena l’impact investing
Si sta evolvendo un nuovo modello di business, Impact Investing, in cui l’azienda viene fondata per creare un impatto sociale o ambientale. Per questa nuova generazione di imprenditori, i profitti dell’azienda e il valore per gli azionisti derivano dall’impatto sociale, sia esso sociale o ambientale. Fornire acqua pulita. Costruire alloggi a prezzi accessibili. Creare agenzie di collocamento per abbinare i disoccupati di lungo periodo ai posti di lavoro in cui sono la persona giusta per il posto di lavoro. In questo nuovo modello, gli azionisti e le altre par ti interessate, mettendo in relazione il profitto con lo scopo sociale. Secondo noi lo “Zio Milty ” approverebbe.
Maïa Ferrand, Co-Head of External Multimanagement e Mohadeseh Abdullahi, Investment Analyst Impact Investments – Candriam
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