Dopo la sospensione del titolo la scorsa settimana, in seguito alle limitazioni alla libertà personale del presidente Hui Ka Yan, Evergrande si è ripresentata alla Borsa di Hong Kong martedì mattina con un comunicato nel quale si affermava che la società non ha ulteriori informazioni da condividere con gli investitori
Con prospettive economiche in deterioramento, l’azionario cinese ha gravemente deluso le speranze di inizio anno, dopo l’abbandono delle restrizioni dovute alla covid-19. L’indice Csi 300 ha perso il 5,10% da inizio anno al 3 ottobre e il 4,14% solo nell’ultimo mese
Le azioni del colosso immobiliare cinese Evergrande continuano ad essere strattonate in ogni direzione: l’ultima spinta ha portato il titolo verso l’alto con un rialzo del 28% alla chiusura del 3 ottobre, anche se ad averla giustificata sono segnali apparentemente di poco peso.
Dopo la sospensione del titolo la scorsa settimana, in seguito alle limitazioni alla libertà personale del presidente Hui Ka Yan, Evergrande si è ripresentata alla Borsa di Hong Kong martedì mattina con un comunicato nel quale si affermava che la società non ha ulteriori informazioni da condividere con gli investitori. Preparati al peggio, i trader hanno interpretato positivamente questa assenza di novità riportando l’azione su un rialzo complessivo del 17% rispetto al prezzo di rientro in Borsa dello scorso 28 agosto – data in cui il titolo Evergrande è tornato agli scambi dopo aver dichiarato default due anni fa.
Ristrutturazione del debito ostacolata
L’atteso piano di ristrutturazione del debito di Evergrande, aveva comunicato la società la scorsa settimana, era stato ritardato a causa delle indagini che avevano coinvolto il presidente Hui. Il debito internazionale (offshore) di Evergrande ammontava a 20 miliardi di dollari nel momento in cui il default è stato dichiarato.
L’autorità di regolamentazione cinese sul mercato (Csrc) aveva respinto l’emissione di nuovi titoli azionari per mancanza dei requisiti necessari, aveva comunicato Evergrande. In secondo momento, la società ha fatto sapere che le regole della Csrc potrebbero impedire anche l’emissione di nuovo debito perché la divisione di property development risulta sotto indagine.
Questi ostacoli alla raccolta di nuove risorse finanziarie dal mercato, che permetterebbero a Evergrande di sostituire il vecchio debito insolvente con una combinazione debito di nuova emissione e azioni, mettono a rischio il piano di ristrutturazione. Secondo fonti raggiunte la scorsa settimana dal Wall Street Journal, in queste condizioni i creditori internazionali di Evergrande sarebbero costretti ad accettare una perdita da 15 miliardi di dollari.
Con queste premesse negative, il mercato martedì ha interpretato l’assenza di notizie come buone notizie.
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Immobiliare, un peso che rallenterà la Cina nei prossimi anni
La crisi di Evergrande è una delle rappresentazioni più eloquenti delle difficoltà attraversate dal modello di sviluppo immobiliare cinese – alimentato dal debito, spesso attraverso canali di finanziamento non bancari (shadow banking) le cui condizioni di finanziamento sono meno stringenti e più rischiose. Il calo nelle vendite di nuovi alloggi e la perdita di fiducia nella capacità di completare i cantieri avviati ha gettato lunghe ombre sulle conseguenze a lungo termine del rallentamento immobiliare sulla crescita cinese dei prossimi anni. Da inizio anno fino ad agosto gli investimenti nel real estate cinese sono diminuiti dell’8,8% rispetto al 2022, anno durante il quale erano già scesi del 10%. Le vendite dei cento maggiori costruttori, in termini di valore, sono scese del 34% nel mese di agosto.
L’edilizia rappresenta circa un quarto del prodotto interno lordo cinese e la sua crisi ha già contribuito a raffreddare le attese de gestori di fondi e delle istituzioni internazionali sulle prospettive di crescita di quest’anno e oltre. Domenica 1° ottobre la Banca Mondiale ha limato le sue previsioni per la crescita della regione Asia-Pacifico, che include la Cina, portandole dal 5,1 al 5% per il 2023 e dal 4,8% al 4,5% per il 2024.
“Sono dieci anni che la Cina persegue campagne di costruzione immobiliare a ritmi altissimi e insostenibili, completamente sganciati dalle logiche di mercato dettate dalla domanda e dall’offerta. Le case rimangono invendute e le società di costruzione versano in condizioni critiche, in quanto non riescono ad onorare i debiti”, ha affermato l’Ufficio Studi di Copernico Sim in un rapporto condiviso in esclusiva con We Wealth, “il governo di Xi Jinping, inoltre, mediante la commissione di Regolamentazione bancaria e assicurativa è intervenuto nel sistema bancario al fine di rafforzarlo nei principi di indipendenza, prudenza, diligenza e di riduzione dei rischi”.
La regolamentazione più stringente, però, ha permesso a soggetti non bancari di soddisfare la domanda di credito del settore immobiliare, attivando una pericolosa relazione di interdipendenza fra banche ombra e il destino dell’edilizia. Le shadow bank “detengono un’esposizione di circa 155 miliardi di dollari nel settore immobiliare cinese, hanno colmato la carenza di liquidità del sistema creditizio cinese ampiamente limitato dalle nuove normative; ne sono un esempio il Beijing International Trust e il gigante Zhongrong Enterprice Group (capogruppo di Zhongrong International trust)”, ha ricordato Copernico Sim.
L’insolvenza di soggetti come Country Garden o della stessa Evergrande, dunque, potrebbe colpire il sistema finanziario parallelo e amplificare i danni all’economia cinese. Quanto potrebbe toccare altri soggetti finanziari fuori dalla Cina? Secondo Copernico Sim, non molto: “Siamo abbastanza fiduciosi nell’allontanare attualmente l’ipotesi di un effetto domino mondiale, in quanto la Cina rimane un sistema finanziario piuttosto isolato ma ben supportato dalla banca centrale cinese che ha dichiarato che aumenterà i prestiti per l’edilizia residenziale e che interverrà qualora ci fosse la necessità”.
Con prospettive economiche in deterioramento, l’azionario cinese ha gravemente deluso le speranze di inizio anno, dopo l’abbandono delle restrizioni dovute alla covid-19. L’indice Csi 300 ha perso il 5,10% da inizio anno al 3 ottobre e il 4,14% solo nell’ultimo mese. Dati in netto contrasto con il rialzo dell’11,6% ottenuto nello stesso periodo dall’S&P 500.