Piazza Affari ha battuto il resto d’Europa nel 2023. Secondo l’ultimo Osservatorio sui mercati dei capitali del team investment banking di Equita, lo scorso anno l’Italia ha registrato la migliore performance tra le piazze europee (+28%), seguita da Spagna (+23%), Germania (+20%) e Francia (+17%); complice il contributo delle banche, che ancora oggi continuano a beneficiare dell’aumento dei tassi di interesse. We Wealth ha intercettato Luigi De Bellis, co-head dell’ufficio studi dell’investment bank, per analizzare l’outlook sull’anno in corso.
Secondo il vostro osservatorio, nel 2023 l’Italia ha registrato la migliore performance tra le piazze europee, grazie al contributo delle banche. Questo trend proseguirà nel 2024? I titoli bancari continueranno la loro corsa?
L’andamento positivo dell’indice principale è stato guidato dalla forza del settore bancario, che continua a beneficiare dell’aumento dei tassi di interesse, dell’assenza di segnali significativi di peggioramento del costo del rischio e delle aspettative di M&A. Inoltre, a febbraio è stata annunciata un’importante operazione, ovvero il progetto di razionalizzazione societaria del gruppo Unipol tramite la fusione di UnipolSai in Unipol, che ha portato ulteriore interesse per il settore. Pensiamo che questo trend possa proseguire almeno nella prima parte dell’anno, poiché l’Euribor si mantiene sui livelli più alti dal 2008 con la media dei tassi forward attesa prevista per il 2024 addirittura più alta rispetto al 2023. Nella seconda parte dell’anno, invece, con l’atteso calo dei tassi d’interesse, pensiamo che gli investitori inizieranno a orientarsi maggiormente verso i titoli finanziari con maggior peso delle commissioni sul totale ricavi.
Quali sono gli altri fattori che dovranno monitorare gli investitori, guardando al Belpaese?
L’Italia ha mostrato un’ottima ripresa post-covid, superiore a quella degli altri paesi europei, con un rafforzamento del sistema bancario. La resilienza dell’Italia può essere attribuita principalmente alla riduzione dei rischi energetici e ai consistenti risparmi delle famiglie, oltre alla riduzione del rischio politico, con il governo attuale che ha usato un approccio prudente e sostenibile per la finanza pubblica. Per l’Italia prevediamo una crescita del pil reale 2024 attorno al +0.5% e uno spread Btp-Bund che rimane sotto controllo in assenza di shock esogeni.
Tuttavia, i principali rischi che osserviamo riguardano la crescita per il 2024, che continua a mostrare una tendenza al ribasso a causa dei segnali di indebolimento nel ciclo macroeconomico, e l’aumento dell’offerta di titoli sul mercato. Infatti, uno dei fattori chiave da monitorare è la capacità del mercato di assorbire le emissioni di titoli di Stato da parte del governo, considerando che l’Italia è uno dei paesi con l’ammontare maggiore di emissioni a livello europeo nel 2024, anche a causa dell’incremento del cash deficit previsto per lo stesso anno.
Riguardo alle prospettive future e sfide, le dinamiche di medio termine dell’Italia sono legate al Piano nazionale di ripresa e resilienza, e andrà monitorata l’efficacia e la tempistica di esecuzione delle riforme e investimenti a causa delle debolezze nella capacità amministrativa a livello locale. La riduzione del deficit nei prossimi anni sarà cruciale per la sostenibilità del debito, considerando la prevista inversione tra crescita nominale e tassi di interesse dal 2025. Le spese legate all’invecchiamento della popolazione metteranno pressione sulle finanze pubbliche, con incertezza sulla capacità del governo di mantenere elevati surplus primari. Infine, chiave per lo spread Btp-Bund sarà anche la prossima manovra di bilancio, dato che molte misure annunciate, sono finanziate solo per il 2024.
Cosa attenderci per le mid e small cap in particolare?
Le mid-small cap italiane continuano a sottoperformare l’indice principale a causa del calo della liquidità, dei continui deflussi dai Pir (a gennaio -163 milioni di euro dopo i -2.75 milioni del 2023) e di una minore presenza di titoli finanziari nell’indice. Questo ha generato un significativo aumento del gap di valutazione tra le società big-cap e small-cap (le valutazioni sono ai livelli più bassi degli ultimi 10 anni per le small cap) spingendo anche verso ulteriori potenziali delisting: a febbraio è stata annunciata l’Opa su Tod’s da parte del fondo di private equity LCatterton di concerto con la famiglia Della Valle e la cessione del 35% di Saras da parte della famiglia Moratti a Vitol, con successiva Opa obbligatoria. Riteniamo che questo trend sia destinato a persistere. Crediamo che questa sottoperformance sia destinata a terminare molto presto e che il segmento delle mid-small cap italiane sia attualmente uno dei più interessanti nel quale investire, a condizione di selezionare attentamente le aziende vincenti.
E per i Pir?
Il calo dei tassi d’interesse agirà sicuramente come catalyst sia per la ripresa dei Pir (se supportate adeguatamente da una campagna marketing da parte delle reti) che per una rivalutazione delle small-cap. L’indice Russel 2000 delle small cap Usa, ad esempio, si sta già avvicinando ai massimi storici.
Quali settori potrebbero risultarne favoriti?
A livello settoriale siamo complessivamente sovrappeso sui finanziari, mentre siamo più cauti sulle utilities a causa del peggioramento dello scenario sui prezzi energetici. Siamo tatticamente prudenti sul lusso nel breve, sovrappeso nel settore healthcare e abbiamo un posizionamento difensivo nel settore energy. Manteniamo una posizione neutrale sulla tecnologia, un posizionamento selettivo nel settore industriale, mentre ci piace il settore delle infrastrutture.