I rating delle agenzie, la storia, il peso politico e militare non sono tutto: già prima della caduta del governo Barnier, i bond francesi offrivano rendimenti in linea con quelli della piccola e indebitata Grecia. Ancora nel corso della giornata del 5 dicembre, day after della mozione di sfiducia ai danni del premier appoggiato politicamente da Emmanuel Macron, il rendimento del decennale francese è arrivato a superare quello dei titoli di Atene, toccando il 2,924%.
Con la caduta del governo, a pochi mesi dalle elezioni legislative della scorsa estate, “la politica francese attraversa un territorio inesplorato, dato che non esiste una coalizione alternativa evidente e il presidente Macron non può indire altre elezioni anticipate prima della metà del prossimo anno,” aveva sottolineato Capital Economics già venerdì scorso.
Per Scope Ratings, “il forte quadro istituzionale della Francia fornisce le garanzie necessarie per assicurare l’approvazione di una legge di bilancio l’anno prossimo, con il rinnovo dell’ultimo minuto del bilancio 2024 da parte del parlamento come scenario più probabile” o facendo uso dei “poteri straordinari” del presidente “per garantire la continuità delle funzioni dello Stato”.
Tuttavia, è inutile nascondersi che, per un po’, la Francia dovrà pagare di più per finanziare la sua crescente spesa pubblica, con possibili conseguenze sul rating: “Un prolungato periodo di paralisi politica o instabilità prima delle prossime elezioni presidenziali potrebbe avere effetti negativi sul credito, qualora indebolisse significativamente le prospettive di governance e fiscali,” afferma Scope, “ciò potrebbe avvenire nonostante i numerosi fattori che sostengono il rating creditizio della Francia, tra cui un mercato ampio e liquido per il debito pubblico e la posizione del Paese come membro centrale dell’area euro.”
Se ci si limitasse ai soli dati del bilancio pubblico, sarebbe difficile mantenere un AA- (Scope, S&P, Fitch), a fronte di economie meno “blasonate” che di fatto pagano rendimenti più bassi, come la Spagna. Infatti, ci sono elementi per ritenere che il disavanzo della Francia continuerà a crescere nel 2025, avvicinandosi al 7% del Pil, aggiunge l’agenzia di rating, segnando il terzo anno consecutivo di sforamento del bilancio, dopo disavanzi del 6,1% nel 2024 e del 5,5% nel 2023. Questi fattori, uniti al rialzo dei pagamenti netti per interessi dal 4% delle entrate nel 2024 a quasi il 6% nel 2029, e a una crescita stagnante, contribuiscono ulteriormente a un aumento del rapporto debito/Pil, previsto al 119% entro il 2029.
Gli Oat francesi, a questo prezzo, sono un’occasione?
A questo punto, è legittimo chiedersi se valga la pena comprare titoli di Stato francesi, sulla base dell’elevato rendimento per un rating da potenza mondiale, o mettere in conto che, a breve termine, potrebbe essere un pessimo affare, poiché le agenzie potrebbero essere costrette a declassare ulteriormente Parigi. Capital Economics sembra propendere per la seconda ipotesi. “Siamo piuttosto pessimisti sulle prospettive dei titoli di Stato francesi,” ha sostenuto il senior markets economist Hubert de Barochez, “dubitiamo che ci saranno progressi significativi verso un miglioramento delle finanze pubbliche, a meno che non siano i mercati finanziari a imporre un cambio di rotta. Prevediamo che il rendimento dei titoli decennali francesi si allontanerà ulteriormente da quello tedesco, superando di gran lunga anche il rendimento dei titoli greci”.
È facile immaginare che la situazione dei rendimenti francesi resterà surriscaldata fino a quando una nuova elezione presidenziale non metterà in chiara assonanza l’Eliseo con il parlamento: una risoluzione che gli stessi francesi sembrano auspicare, secondo un nuovo sondaggio pubblicato da Le Point magazine. Il 54% dei francesi sarebbe favorevole alle dimissioni di Macron, in modo da anticipare le elezioni presidenziali, altrimenti previste per il 2027.