Il rally dei bond, atteso e rimandato per mesi, sembra finalmente essere partito con slancio a partire da luglio. Fino all’inizio di questa settimana (16 luglio), l’indice obbligazionario globale di S&P ha registrato una performance del 6,8%, mentre l’indice obbligazionario Usa ha guadagnato il 6%. Anche l’Etf che traccia le performance del Btp a 10 anni ha segnato un incremento del 5,8% tra luglio e il 18 settembre. Due fattori fondamentali sembrano aver accelerato questo movimento: da una parte, l’inflazione di fondo si sta finalmente avvicinando ai livelli desiderati dalle banche centrali su entrambe le sponde dell’Atlantico; dall’altra, la Bce ha effettuato il primo taglio dei tassi a giugno.
Con il rallentamento economico sempre più evidente sia negli Stati Uniti che nell'Eurozona, cresce l'aspettativa di un ritmo più sostenuto nei tagli ai tassi nei prossimi mesi. Ciò potrebbe portare a un ulteriore calo dei rendimenti obbligazionari e a un conseguente aumento dei prezzi. Chi ha acquistato bond nei mesi scorsi potrebbe cogliere l'opportunità di vendere anticipatamente prima della scadenza, mentre è già diminuita la possibilità di bloccare rendimenti elevati come quelli offerti all'inizio dell'estate.
A un primo sguardo, il percorso di taglio dei tassi (e di rallentamento economico) è solo all'inizio: i rendimenti delle obbligazioni potranno scendere ancora? “Siamo moderatamente costruttivi sulle obbligazioni per fine anno, anche se con alcune precauzioni. Il recente passo di apprezzamento è insostenibile e una pausa ora sarebbe fisiologica”, ha dichiarato a We Wealth Marco Vailati, Responsabile Ricerca e Investimenti di Cassa Lombarda. “Il mercato si è portato eccessivamente avanti rispetto ai possibili tagli dei tassi ufficiali”, ha proseguito Vailati, “il titolo a 2 anni negli Stati Uniti è coerente con i tassi impliciti nella curva dei futures dei Fed Fund, che scontano ora un numero di tagli ravvicinati rilevante da parte della Fed: quasi cinque tagli da 25 punti base ciascuno a fine anno e dieci da qui all’ottobre 2025, arrivando già al 2,8%, il tasso r* indicato dal Fomc di marzo come equilibrio di lungo periodo oltre il 2026”.
Il polso dei gestori dei fondi globali, sondato da Bank of America a settembre, indica con convinzione crescente che si riuscirà a far atterrare l'economia senza traumi nel corso dei prossimi mesi. Il rallentamento, tuttavia, dovrebbe comunque colpire gli utili societari e far aumentare la disoccupazione: un colpo più forte del previsto sull'economia potrebbe costringere le banche centrali a tagliare di più. Da manuale, questo penalizzerebbe le azioni, mettendo i bond in una buona posizione per performare nei prossimi mesi. “L’economia sta rallentando, ma la crescita è ancora superiore al potenziale. La vischiosità di alcune determinanti dell’inflazione e la sostanziale tenuta dell’economia ci fanno credere che la Fed non procederà così velocemente nei tagli”, come atteso dal mercato, “anche se l’inflazione calante giustifica la normalizzazione della politica monetaria attualmente ancora restrittiva”, ha affermato Vailati.
Il 93% dei gestori crede che i rendimenti dei titoli obbligazionari a breve termine siano destinati a scendere nei prossimi mesi, ma sui titoli a lunga scadenza solo un gestore su tre crede si verificherà la stessa cosa. La visione di Cassa Lombarda è in sintonia con questa prospettiva: i bond a lunga scadenza “sono esposti al rischio di delusione temporanea del mercato”, ossia tagli meno aggressivi del previsto, in quanto “offrono già ai livelli correnti un rendimento reale positivo sulla base delle aspettative prezzate di evoluzione dell’inflazione, e coerente con la crescita potenziale, il premio a termine, nonché con la funzione di reazione delle banche centrali”.
L'andamento dei bond nell'Eurozona
Gli economisti non mettono in dubbio che i tassi scenderanno sia negli Stati Uniti sia nell'Eurozona, ma quale delle due aree dovrà agire in modo più deciso per raggiungere l'equilibrio? Tornando alle considerazioni da manuale, l'economia europea, essendo relativamente più debole, dovrebbe richiedere un rientro dei tassi più ampio. Ciò potrebbe motivare un rally relativamente più prevedibile per i bond europei, Btp inclusi. Non è detto però che le cose si svolgano in modo così lineare: “La Bce fronteggia un’inflazione più vischiosa e ha un maggior focus istituzionale verso il controllo dei prezzi”, ha ricordato Vailati, sottolineando come un aumento della disoccupazione non orienterebbe all'azione la Bce come, invece, avverrebbe negli Stati Uniti per la Fed. “Questo potrebbe determinare un passo di normalizzazione più cauto e lento”.