Alcuni analisti ritengono che le applicazioni dell’artificial intelligence generativa – capace, cioè, di creare contenuti inediti (testo, immagini, video, pezzi di software) – avranno sull’economia e sulla società un impatto paragonabile all’introduzione dell’energia elettrica alla fine dell’800.
Charlie Munger, vice presidente di Berkshire Hathaway (è socio di Warren Buffett) ha dichiarato: “Personalmente sono scettico sul clamore suscitato dall’intelligenza artificiale: penso che l’intelligenza vecchio stile funzioni abbastanza bene”.
Wall Street, più 18%. Nasdaq 100, + 43%. Le performance a doppia cifra consegnate nella prima metà dell’anno dalle principali Borse mondiali – le “piccole”, come Milano, non fanno eccezione (+21%) – lasciano un po’ perplessi molti investitori.
È vero che l’economia americana si sta dimostrando più tenace del previsto e l’inflazione sta calando. Ma diversi analisti alzano comunque il sopracciglio, trovando quei numeri poco coerenti con lo scenario di rallentamento del Pil in corso, che si manifesterà a pieno, anche sulla traiettoria dei profitti, proprio nel secondo semestre.
Intelligenza artificiale, come cambierà l’economia e i mercati
C’è un fattore che, però, potrebbe spiegare una fetta importante dello sprint messo a segno dai mercati azionari dopo la crisi delle banche, a marzo: l’intelligenza artificiale.
Chiunque abbia provato a dialogare con ChatGPT, il software sviluppato da OpenAI e capace di simulare una conversazione umana, rispondendo a frasi scritte o pronunciate dall’utente, è probabilmente rimasto impressionato dalla potenza di questo strumento. Bard, la nuova “creatura” di Google è appena arrivata in Europa.
C’è chi sostiene che le applicazioni dell’artificial intelligence generativa – capace, cioè, di creare contenuti inediti (testo, immagini, video, pezzi di software) – avranno sull’economia e sulla società un impatto paragonabile all’introduzione dell’energia elettrica alla fine dell’800.
Altri la considerano l’evoluzione tecnologica più importante nella storia dell’umanità, evocando analogie con la rivoluzione industriale. Ovviamente non tutti sono d’accordo. Di recente, Charlie Munger, vice presidente di Berkshire Hathaway (il conglomerato finanziario di Warren Buffett), ha dichiarato: “Personalmente sono scettico sul clamore suscitato dall’intelligenza artificiale: penso che l’intelligenza vecchio stile funzioni abbastanza bene”.
L’impatto dell’AI sulla produttività
Ci troviamo di fronte a un eccesso di euforia, lo stesso che in tempi recenti ha alimentato ondate di entusiasmo nei confronti di altri temi d’innovazione (vedi il metaverso), poi velocemente ridimensionate? Probabilmente no. Gli economisti di Goldman Sachs, in un report pubblicato a giugno, ipotizzano che l’adozione diffusa dell’intelligenza artificiale aumenti la crescita della produttività di 1,5 punti percentuali all’anno nei prossimi 10.
In questo scenario, gli utili per azione sarebbero destinati a crescere più velocemente, al punto che il “fair value” dell’S&P500 sarebbe superiore di nove punti percentuali rispetto al livello corrente, a parità di altre condizioni, scrivono gli analisti: si tratta, per la verità, di un valore medio, ottenuto da una forbice di partenza molto ampia, che va dal 5% al 14%, a testimoniare l’elevato grado d’incertezza sul potenziale aumento della produttività e sulla capacità delle aziende di tradurre l’AI efficacemente in aumento degli utili. Senza contare l’effetto negativo prodotto dall’aumento dei tassi, che potrebbero restare più alti, più a lungo, e un possibile futuro intervento legislativo sulla fiscalità delle imprese, per bilanciare gli effetti nocivi sulla forza lavoro.
Per Goldman Sachs le valutazioni dell’S&P500 non sono eccessive
Ciò detto, a livello di indice S&P 500, “né l’attuale livello del premio per il rischio azionario né le aspettative di crescita degli utili per azione a lungo termine indicano un mercato azionario eccessivamente ottimista sui potenziali benefici dell’adozione dell’intelligenza artificiale: entrambe le metriche sono all’incirca in linea con la loro media storica e meno estreme rispetto ai picchi raggiunti all’apice della bolla delle dotcom”, precisano gli analisti di Goldman.
L’apertura di credito che gli investitori sembrano voler concedere all’AI, guardando alle prospettive future dei suoi poderosi algoritmi, potrebbe essere più che giustificata. Sempre che, da investitori, si guardi a un orizzonte sufficientemente ampio. Nel breve termine, infatti, ci potrebbero essere delle cadute: la stagionalità non è positiva, e molti investitori potrebbero farsi tentate dalla lunga cavalcata – specialmente se si guarda ai titoli tecnologici – per una gratificante presa di profitto.
Articolo tratto dal numero di Luglio/Agosto del Magazine We Wealth