Le aspettative degli investitori sulle prossime mosse della Federal Reserve si sono fortemente riposizionate dopo che mercoledì i dati sull’inflazione di marzo hanno superato le attese. Il tasso annuo dell’indice Cpi è passato al 3,5%, superiore di un decimale alle previsioni degli analisti, e in aumento dal 3,2% di febbraio. L’incremento mensile è rimasto invariato all’0,4%, sia per il dato generale sia per l’inflazione di fondo, il cui tasso annuo si è stabilizzato al 3,8% (anche qui superando di un decimale le attese degli economisti).
Al momento, il Fed Watch Tool di Cme, che indica le probabilità sui prossimi tagli ai tassi implicite nelle posizioni dei contratti future, ha invertito le chance di un taglio a giugno a favore del mantenimento dei livelli attuali dei tassi, con chance superiori all’80%. Non solo: anche per la riunione di luglio prevale la scommessa (con probabilità al 55,6%) che i tassi resteranno nell’attuale range compreso fra il 5,25 e il 5,5%. Rispetto alle posizioni successive all’ultima riunione della Fed il cambiamento è stato molto forte: le probabilità di un taglio a giugno avevano superato il 70%, per poi scemare nelle settimane successive.
Questo slittamento in avanti sulle tempistiche del primo taglio dei tassi ha penalizzato Wall Street, con l’S&P 500 e il Nasdaq che nel corso della seduta del 10 aprile hanno ceduto oltre l’1%. In parallelo, i rendimenti dei Buoni del Tesoro Usa decennali sono balzati al 4,51%, ai massimi da metà novembre, aggiungendo in un giorno circa 15 punti base.
L’euro ha perso l’1,15% sul dollaro portandosi a 1,0733, mentre l’oro – che di solito risente negativamente del rafforzamento del dollaro, ha tenuto botta con un calo limitato allo 0,3% pur trovandosi su livelli storicamente elevati (2.354,90 dollari l’oncia).
Inflazione Usa a marzo, cosa cambia per gli analisti
“Le cifre su inflazione hanno evidenziato pressioni inflazionistiche ancora forti. Tenendo conto anche delle cifre robuste sul mondo del lavoro crediamo che le possibilità che il Fomc, la commissione operativa della Federal Reserve, possa decidere di tagliare i tassi di interesse nei prossimi mesi siano molto basse”, ha commentato il senior market strategist di IG Italia Filippo Diodovich, “a nostro avviso diventa sempre più probabile lo scenario che prevede un taglio del costo del denaro nella riunione di settembre”.
Secondo Diodovich, infatti, “non esistono al momento le condizioni per procedere a un cambio nelle strategie monetarie da parte della Federal Reserve”. Considerando le aspettative che si erano delineate fino a questo momento, non sorprende la “forte” reazione dei mercati “che scontavano un taglio del costo del denaro tra giugno e luglio”. Forti acquisti sul dollaro che guadagna tanto terreno contro le principali divise internazionali. Il cambio euro-dollaro è sceso fino a 1,0765.
“Nel complesso, gli indicatori di inflazione super-core (servizi esclusi alloggio) è probabile che rimangano solidi (ossia elevati), a meno che non ci sia un ulteriore allentamento nei mercati del lavoro”, ha commentato Tiffany Wilding, economista di Pimco, “facendo un passo indietro, il problema per la Fed è che la deflazione dei beni di base ha raggiunto il fondo, mentre l’inflazione dei servizi si dimostra persistente”.
“Questo rapporto, insieme al rapporto sull’occupazione pubblicato la settimana scorsa, complica il momento dei tagli dei tassi della Fed”, ha aggiunto Wilding, “con questi ultimi dati, ci sono forti argomenti per posticipare il momento del primo taglio oltre la metà dell’anno e ciò rafforza ulteriormente”.