Mercati di frontiera: 7 domande chiave per capirli meglio – Parte 2

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Ancora poco presenti nei portafogli di investimento, questi mercati meno sviluppati potrebbero fornire un aiuto ai bisogni di diversificazione. Ecco sette domande chiave per chiarirsi le idee. A rispondere è T.Rowe Price

Chiarite le caratteristiche dei mercati di frontiera e la modalità di selezione per inserirli nel portafoglio di investimento (Parte 1), il viaggio in questa parte di mercato azionario continua con le tre restanti domande, poste a Johannes Loefstrand, portfolio manager della strategia T.Rowe Price Frontier Markets Equity.

Domanda 5: Quali principali rischi di investimento nei mercati di frontiera?

“I mercati di frontiera sono intrinsecamente più rischiosi degli emergenti sviluppati e dei paesi avanzati, data la fase iniziale del loro sviluppo economico e del mercato dei capitali”, avverte l’esperto di T.Rowe Price, che allo stesso tempo sottolinea però come i mercati di frontiera siano potenzialmente meno volatili degli emergenti. “Ciò è dovuto al gran numero di paesi all’interno dell’universo del mercato di frontiera, tutti in diversi stadi di sviluppo economico e crescita e alimentati da diversi settori e fattori strutturali”, spiega. Ciò crea quindi un universo diversificato, guidato dal mercato interno, meno influenzato dai flussi di investimento globali rispetto ai mercati emergenti. Per questa ragione, i mercati di frontiera presentano una bassa correlazione. 

Tuttavia, presentano anche una scarsa liquidità: dati i flussi di investimento più limitati, i mercati di frontiera tendono ad essere meno liquidi rispetto ai loro omologhi dei mercati sviluppati ed emergenti. “Ma meno liquido è molto lontano dall’essere problematico o limitato. Con la liquidità in continuo miglioramento in questi mercati, gran parte del rumore sul “rischio di liquidità” sembra essere radicato nella storia e nella percezione piuttosto che nella realtà odierna”, precisa l’esperto di T.Rowe Price.

Domanda 6: Quanto sono avanzati i mercati di frontiera in termini di ESG?

“C’è anche un’ampia divergenza nel livello di progresso e ambizione ESG tra i singoli mercati di frontiera”, ammette l’esperto. Ma proprio l’investimento in questi paesi, soprattutto se guidato con logiche sostenibili, può contribuire in maniera ancora più incisiva e concreta a uno sviluppo green ed equo di questa parte di mondo. In altre parole, fornire capitale alle società dei mercati di frontiera può avere un effetto significativo, persino trasformativo, non solo sulle imprese stesse, ma anche sulle comunità in cui operano, con un impatto positivo sui mezzi di sussistenza. 

Domanda 7: Quali prospettive a breve termine per i mercati di frontiera?

Le prospettive per i mercati di frontiera sono piuttosto vaghe e richiedono un’attenzione particolare alle dinamiche di ogni singolo paese. “Kenya, Sri Lanka, Nigeria e Pakistan, ad esempio, si trovano ad affrontare un contesto più complicato in un momento in cui le rispettive prospettive si stanno indebolendo”. L’impennata dei prezzi dell’energia e di altre materie prime, destinata a proseguire anche nel prossimo futuro per la crisi russa-ucraina ancora in corso, ha accresciuto la loro vulnerabilità. Al contrario, altri paesi, come “Vietnam, Bangladesh, Filippine e Romania, dovrebbero comportarsi meglio rispetto alla maggior parte dei mercati di frontiera in un contesto globale difficile nei prossimi 12-18 mesi, in quanto dovrebbero beneficiare di livelli generalmente bassi di indebitamento e di una robusta crescita economica che manterrebbe stabili le loro valute”.

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