Nel nostro Paese i collocamenti di “mini titoli di debito” hanno aumentato la propria massa, non curandosi delle tensioni geopolitiche e dell’aumento dell’inflazione e dei tassi di interesse
“Sicuramente un ruolo importante nel 2022 è stato giocato dalle diverse iniziative di basket bond lanciate, tra gli altri, da Cassa Depositi e Prestiti, in cooperazione con alcune banche – spiega Giancarlo Giudici,
“Auspichiamo che il mondo del risparmio gestito e degli investitori istituzionali italiani possa sempre più interessarsi al tema del private debt verso le PMI, oggi occupato da una nicchia di operatori specializzati”
Nel 2022 c’è stato un balzo nell’emissione di minibond green e sustainability-linked
Tra gli investitori professionali, investire in minibond sta diventando una forma di investimento obbligazionario, di certo alternativo, sempre più diffuso e remunerativo. A dimostrarlo sono i dati diffusi dall’Osservatorio Minibond della School of Management del Politecnico di Milano, arrivata alla nona edizione, che si focalizza sulla crescita di offerta nell’ultimo triennio dell’industria italiana dei minibond, emissioni obbligazionarie con valore inferiore ai 50 milioni di euro da parte di società non finanziarie. I numeri sul 2022 non lasciano dubbi. Lo scorso anno ha registrato un nuovo record per questi strumenti in Italia. Un risultato che vale doppio, se consideriamo che nello stesso periodo i fondi di private capital a livello mondiale ed europeo hanno visto un calo della raccolta.
Ebbene, nel nostro Paese i collocamenti di “mini titoli di debito” hanno aumentato la propria massa, non curandosi delle tensioni geopolitiche e dell’aumento dell’inflazione e dei tassi di interesse. Le imprese italiane non finanziarie che hanno raccolto capitale attraverso i minibond nel 2022 sono state ben 254 (in netta crescita rispetto alle 200 del 2021), di cui 190 emittenti per la prima volta, per un totale incassato pari a 1,65 miliardi di euro, di cui 988 milioni dalle sole Pmi.
L’impatto delle iniziative di “basket bond”
“Sicuramente un ruolo importante nel 2022 è stato giocato dalle diverse iniziative di basket bond lanciate, tra gli altri, da Cassa Depositi e Prestiti, in cooperazione con alcune banche – spiega Giancarlo Giudici, direttore dell’Osservatorio -, progetti che sono riusciti a ottenere la garanzia di istituzioni europee, nazionali e regionali, contribuendo da una parte a ridurre il costo del capitale per le imprese, dall’altra a sostenere l’offerta di capitale di investitori che solitamente considerano poco ‘appealing’ prestare denaro alle PMI. Un secondo fattore va cercato nella crescente attenzione del mondo della finanza verso la sostenibilità: nel 2022 c’è stato un balzo nell’emissione di minibond green e sustainability-linked. Questi titoli piacciono agli investitori e danno visibilità alle imprese, permettendo loro di ottenere crediti spendibili rispetto al loro scoring ESG: nell’ultimo anno il 18,5% della raccolta è associato a queste tipologie specifiche di minibond”.
Ma quanto ha influito il cambio al rialzo della dinamica dei tassi di interesse da parte delle banche centrali e sui mercati obbligazionari in generale? Giudici entra nel dettaglio: “si può pensare che l’incremento dei tassi di interesse sul mercato abbia convinto alcune imprese a diversificare le fonti di finanziamento, mettendo il ‘fieno in cascina’ e preparandosi a possibili restrizioni future nella disponibilità di credito (o nel suo costo). A riprova di questa ipotesi si registra un aumento della dimensione media dei collocamenti rispetto al biennio precedente e il ritorno sul mercato delle Mid-Cap. Nel 2023 pensiamo che questi temi continueranno ad essere trainanti e auspichiamo che il mondo del risparmio gestito e degli investitori istituzionali italiani possa sempre più interessarsi al tema del private debt verso le PMI, oggi occupato da una nicchia di operatori specializzati”.
Agli investitori piace il minibond Esg
Anche quest’anno il Report ha riservato uno spazio specifico ai minibond ESG, emessi per finanziare progetti con impatto positivo sugli indicatori di sostenibilità. Stando a quanto comunicato da chi ha studiato i numeri, questi titoli virtuosi risultavano praticamente inesistenti fino al 2018. Ma dopo i 23 emessi nel 2021, nel 2022 ne sono stati collocati ben 60, di cui 29 green minibond e 31 sustainability-linked minibond, per un controvalore di 304,95 milioni di euro, una quota di mercato pari al 18,5% della raccolta annuale. Nel complesso il database dell’Osservatorio contiene 1.461 emissioni di minibond effettuate dalle imprese del campione (che spesso ne hanno condotte più di una) a partire dal 2013, per un valore nominale totale di 8,61 miliardi di euro, 3,56 miliardi se ci si limita alle PMI.
Ma chi sta beneficiando di questa ampia seppur frammentata offerta? Come si legge nel comunicato di presentazione del Report del Politecnico di Milano, per quanto riguarda gli investitori che hanno sottoscritto i minibond, il 2022 ha confermato l’importante ruolo delle banche italiane, a cui è riconducibile il 33% dei volumi, anche se in calo rispetto al 2021, seguite dai fondi di private debt (24%). Fondi stranieri e banche estere contribuiscono con il 17%, in crescita sull’anno precedente. Guadagna ulteriore visibilità la Cassa Depositi e Prestiti (14%). Fra i fondi di credito specializzati, sono arrivati nuovi player e altri inizieranno presto la raccolta, ma gli operatori sono ancora pochi.
Secondo gli esperti che hanno curato il Report, “sarebbe auspicabile allargare la platea degli investitori e riservare maggiore attenzione alle PMI non quotate”.
Le caratteristiche dei titoli e del loro mercato
Solo una piccola parte dei titoli è stata quotata su un mercato borsistico; nel 2022 tale percentuale è scesa al minimo del 5% (il 4% su ExtraMOT PRO3 e l’1% su un listino estero). Per quanto riguarda la scadenza, la distribuzione continua a essere molto variegata, con una serie di titoli short term con maturity a pochi mesi ed emissioni a più lunga scadenza. Il valore medio del 2022 è 5,64 anni.
La maggioranza dei titoli prevede il rimborso a rate successive, ma nelle emissioni a breve scadenza è relativamente più frequente la modalità bullet, con un rimborso integrale alla scadenza. Per quanto riguarda la cedola, nella maggioranza dei casi è fissa ma in 105 emissioni del 2022 (in netta crescita sul 2021) è indicizzata. Cresce la remunerazione offerta, in linea con la dinamica dei tassi sul mercato (la media è 5,18% rispetto a 3,94% dell’anno prima).
L’interessante novità è che nel 2022 in ben 31 emissioni la cedola era indicizzata alla performance di sostenibilità: nel 2021 i casi erano 18, nessuno negli anni precedenti. I titoli senza garanzie, sulla scia dei provvedimenti emergenziali post-Covid, sono ancora una minoranza del mercato ma crescono dal 16% al 22%. Il ricorso al rating emesso da agenzie autorizzate è rimasto minoritario, solo il 14% delle emissioni l’ha richiesto. La motivazione principale del collocamento rimane la crescita interna, seguita dal rifinanziamento del debito pregresso.