Il mondo del venture capital in Italia ha ormai consolidato una base solida e ora è pronto a entrare nella fase successiva. A fare la differenza, secondo Giovanni Fusaro, Direttore Osservatorio VeM, saranno i prossimi cinque anni, il periodo necessario per colmare il gap con i mercati europei più virtuosi, come Regno Unito e Francia. Ora che il settore si è consolidato, è il momento di avviare un nuovo ciclo di crescita, puntando su un maggior numero di operatori, sia grandi che piccoli.
I risultati del 2024 del venture capital
Secondo il Rapporto di ricerca 2024 del Venture Capital Monitor (VeM), l’ultimo anno si è chiuso con 270 operazioni sul territorio italiano, con una decrescita rispetto alle 302 dell’anno precedente, eppure sono cresciuti i fondi investiti, segnando il secondo anno consecutivo in cui è stato superato il target di 1miliardo di euro. All’interno dell’ammontare investito abbiamo un forte flusso di round tra i 10 e i 50milioni che sta diventando costante, rappresentando la base per possibili mega-deal. In generale, la diminuzione del numero dei round di raccolta riflette una maggiore selezione sulle operazioni; tendenza confermata dal record di investimenti successivi (follow-on) su società già investite in altri round.
Un altro dato molto interessante relativo al 2024 è relativo ai flussi di investimento in startup estere, ma con sangue italiano. Si tratta, ovviamente, di un numero di deal molto limitato (30), ma caratterizzati da investimenti molto importanti, arrivati a 715milioni di euro, più del doppio rispetto ai 300milioni del 2023.
Sommando queste due componenti, quindi le due anime dell’imprenditorialità italiana, il totale complessivo investito si attesta a 1,9miliardi di euro.
A livello settoriale, le startup dell’ICT, in particolare quelle legate al mondo b2b, continuano a dominare il mercato, occupando una quota del 38%, al secondo posto si trovano le biotecnologie, seguiti dai servizi finanziari e dal settore energia e ambiente, che negli ultimi anni ha scalato la classifica e potrebbe entrare nella top tre grazie a nuovi fondi.
Dall’Italia al mondo: come cambia il mondo delle startup
A livello globale, il trend italiano è rispecchia quello europeo e globale. I dati dicono che il 2024 è stato un anno positivo per gli investimenti in venture capital, soprattutto l’ultimo trimestre che ha registrato i risultati migliori rispetto agli ultimi sette quarter. A trainare la crescita ci hanno pensato, ancora una volta, gli Stati Uniti, con alcuni mega-round legati al mondo dell’intelligenza artificiale.
Anche in Europa si osserva una situazione simile, con una forte concentrazione di round su poche società di alta qualità: ovvero ci sono stati meno investimenti, ma round più ricchi per società con modelli di business solidi. A dominare il panorama europeo è il Regno Unito – seppur a livelli lontani da quelli americani – seguito dalla Francia e dalla Germania, che però inizia a mostrare segnali di rallentamento. In quest’ottica, i risultati dell’Italia sono positivi, ma le possibilità di fare di più ci sono.
L’importanza del venture capital nel tessuto imprenditoriale italiano
L’Unione Europea ha lanciato un piano di innovazione legato all’intelligenza artificiale, il programma InvestAI che mobiliterà 200miliardi di euro per investimenti nel settore. Agostino Scornajenchi, amministratore delegato di Cdp Venture Capital, ha analizzato le opportunità che un simile programma apre per il mondo del venture capital in Italia. Ad oggi, infatti, il Paese tricolore ha investito circa 600milioni di euro nell’innovazione tecnologica, ma entro il 2029 si dovrebbero toccare 3miliardi di euro. L’AI oggi consuma grandi quantità di energie e risorse finanziarie, e per applicarla al settore industriale è necessaria una grande padronanza dei dati, che le industrie italiane già hanno, partendo quindi con una spinta incredibile.
Quello che però è fondamentale capire, è che il venture capital non è mai fine a se stesso, ma rappresenta un mezzo per costruire un nuovo sistema imprenditoriale, una vera e propria fabbrica di imprese: quella che oggi consideriamo una startup innovativa, sarà l’impresa di domani.
Negli Stati Uniti questo è già chiaro, con Musk, Zuckerberg e Bezos in prima fila all’inaugurazione del nuovo governo, rappresentando le grandi imprese americane di oggi che però sono nate come piccole startup. In Italia il lavoro da fare è ancora tanto: ci sono capitali pazienti importanti, se solo l’1% di questo fosse utilizzato per il mondo del venture capital, ci sarebbero oltre 3miliardi di euro all’anno investiti. Ma come fare questo salto? Quello che deve cambiare è la mentalità, solo una volta che diventerà chiaro che il venture capital è fondamentale per costruire il tessuto imprenditoriale di domani, non ci sono dubbi che cresceranno anche gli investimenti.