Nel gergo di Wall Street le buone notizie possono anche essere cattive notizie per gli investitori: sembrava che questo paradosso avesse perso di attualità e invece no. Le ultime indicazioni sulla forte condizione economica degli Stati Uniti stanno spingendo gli investitori a riconsiderare il rally delle azioni e a vendere bond, perché con l’economia forte si allontanano i tagli dei tassi d’interesse Fed, dai quali dipendono molte delle scommesse dei trader.
Sotto la lente ci sono soprattutto i dati occupazionali. Mercoledì i dati dell’Adp hanno mostrato che il settore privato ha aggiunto 122mila posti di lavoro a dicembre, contro i 136mila previsti dal consenso Dow Jones: questo dato negativo ha ridotto le perdite dei futures a poche ore dall’apertura di Wall Street offrendo dunque sollievo. Martedì era avvenuto l’opposto, quando gli investitori hanno letto dai dati Jolts sulle aperture delle nuove posizioni che a novembre sono arrivate 8,1 milioni nuove offerte di lavoro contro le 7,1 milioni previste. Quest’ultima notizia, che aiuta chi cerca lavoro ma rende più forte la posizione di chi vuole chiedere paghe elevate (inflazione), ha spinto il Treasury a 10 anni a un rendimento del 4,72%, prima che il successivo dato dell’Adp raffreddasse di nuovo le attese sull’inflazione e sui tassi. Giovedì è il turno di un altro influente dato sull’occupazione Usa, quello relativo ai Non farm payrolls di dicembre.
Fed poco mossa
Secondo i dati del Cme Fed Watch Tool, al momento il mercato sta prezzando solo un taglio dei tassi da 25 punti base nel 2025, uno in meno rispetto a quanto mostrato nel dot plot dei membri votanti del Fomc. L’ipotesi di fondo è che l’economia, già forte prima dell’arrivo di Trump alla Casa Bianca a gennaio, possa avere un ulteriore slancio dalle politiche pro-business – o quanto meno che possa averlo l’inflazione, per via delle politiche protezionistiche in arrivo e della riduzione della forza lavoro dovuta alla riduzione dell’immigrazione negli Usa. Tutto questo inviterà la Fed di Jerome Powell, che ha annunciato di voler completare il suo mandato nonostante le ingerenze della prima presidenza Trump, a mantenere più elevati i tassi, con importanti conseguenze sul mercato dei bond, sul dollaro e anche sui settori che potrebbero trarre i migliori vantaggi a Wall Street.
Sul fronte delle obbligazioni alcuni gestori hanno iniziato a fare previsioni particolarmente audaci su quanto potranno salire i rendimenti (e calare i prezzi) dei titoli governativi Usa. “Potremmo raggiungere un rendimento del Treasury a 10 anni del 5% già nel primo trimestre del 2025”, ha scritto in una nota Arif Husain, chief investment officer fixed income di T. Rowe Price, per il quale si potrebbe raggiungere anche il 6% a seconda degli scenari che si materializzeranno con la seconda presidenza Trump. A guidare un aumento dei rendimenti nei Treasuries sarebbero non solo le aspettative sulle mosse della Fed, ma anche una sempre più bassa richiesta internazionale per questi titoli da parte di Giappone (scesa da 1,3 mila miliardi di picco a 1,1 mila miliardi a settembre) e Cina (da 1,1 mila miliardi a 770 miliardi).
Stando ai dati di mercato dell’8 gennaio, il titolo decennale Usa rende oltre un punto percentuale in più rispetto al Btp di pari durata, un segno molto forte di quanto la minore capacità economica e il debito italiano oggi pesino meno sui rendimenti rispetto alle dinamiche fortemente divergenti sui tassi di riferimento fra Usa ed Eurozona. È un’occasione per comprare e mettersi in portafoglio una rendita di lungo termine particolarmente sostanziosa?
Comprare bond: rischi e opportunità di questa fase
“In questa fase di significativo repricing dei tassi core, e in vista dell’insediamento ufficiale di Trump alla Casa Bianca, riteniamo che non sia ancora il momento di adottare un atteggiamento costruttivo sui titoli governativi, sia in Europa che negli Stati Uniti”, ha dichiarato a We Wealth Luigi Pedone, Research Specialist Finint Private Bank. “Tuttavia, l’aumento dei tassi e un moderato ampliamento degli spread di credito iniziano a offrire punti di ingresso interessanti nell’ambito dei bond corporate di elevata qualità (rating pari ad A o superiore) e con scadenze lunghe”, ha aggiunto Pedone. “Queste obbligazioni, emesse da società con un basso livello di indebitamento e bilanci spesso molto solidi anche rispetto a quelli di molti enti sovrani, rappresentano un’opportunità. In questo contesto, potrebbe essere opportuno iniziare a costruire gradualmente delle posizioni”.
Un ulteriore aumento dei rendimenti Usa non aiuterebbe chi ha titoli a lunga scadenza in portafoglio e mette in guardia dal comprare bond a lunga scadenza adesso, anche se su questo punto non c’è molto accordo fra gli esperti: alcuni, infatti, credono che il contesto generale di calo dei tassi potrebbe comunque essere favorevole per chi acquista. “Col materializzarsi degli ulteriori tagli dei tassi, le curve dei rendimenti si sposteranno verso il basso”, ha scritto nell’outlook 2025 Desmond Lawrence, Senior Investment Strategist di State Street GA. “L’esposizione alla duration resta comunque importante: la storia ci insegna che quando inizia il ciclo di tagli i tratti a lunga della curva forniscono maggiori opportunità di guadagni”.
“Le obbligazioni Usa sembrano ben posizionate per offrire i loro principali vantaggi in termini di reddito e diversificazione, poiché la Fed è attesa allentare la politica monetaria verso una posizione neutrale, anche se a un ritmo più lento”, ha dichiarato il responsabile macro analisi e comunicazione di Cfo Sim, Antonio Tognoli. “Vediamo la possibilità di allungare in modo graduale e opportunistico la duration del portafoglio obbligazionario nel 2025, in modo da consentire di bloccare rendimenti più elevati per più tempo”.
Un elemento che probabilmente resterà centrale per capire dove andranno i rendimenti dei bond sarà radicato nell’andamento dell’economia, che potrà andare a velocità molto diverse fra Usa ed Eurozona, favorendo tagli dei tassi più decisi nel Vecchio Continente per sostenere la crescita. Per questa ragione ci potrebbe essere più opportunità di profitto prediligendo le obbligazioni a lunga scadenza europee, ha affermato Benoit Anne, Managing Director – Strategy and Insights Group di MFS IM. “Alcune banche centrali, come la Fed, punteranno, nella migliore delle ipotesi, a riportare il proprio tasso di policy al tasso neutrale; altre, come la Banca Centrale Europea, potrebbero considerare di allentare ben oltre il loro tasso neutro, promuovendo condizioni monetarie molto più accomodanti. Per questo, se le condizioni macro rimarranno solide negli Stati Uniti, l’opportunità di una long duration [acquistare titoli a lunga scadenza, Ndr.] potrebbe essere messa in discussione. Al contrario, regioni caratterizzate da prospettive di crescita più deboli e da aspettative di risposte più aggressive da parte delle banche centrali, come l’Eurozona, potrebbero essere più interessanti per una prospettiva strategica di lungo periodo”. Ancora una volta si ripete lo strano assunto che una cattiva notizia per l’economia finisce per far guadagnare di più il portafoglio dell’investitore.