La Bce ha iniziato a tagliare i tassi a giugno, la Fed a settembre: tutta la stampa finanziaria è concentrata su come e quanto il copione proseguirà nei prossimi mesi. Ma per gli investimenti, i tagli ai tassi sono una buona o una cattiva notizia? Dipende dal contesto e, in questo caso, le premesse sembrano essere favorevoli. Ma andiamo con ordine. L’esperienza storica suggerisce che l’elemento distintivo è l’andamento dell’economia nel momento in cui la banca centrale decide di tagliare i tassi. In molti casi, la scelta viene fatta perché l’economia sta andando molto male. Il taglio dei tassi, per quanto possa controbilanciare un calo economico, non garantisce un rialzo delle azioni (o del prezzo dei bond).
Nello scenario attuale, ci sono segni di rallentamento che non sono ancora decisivi per una recessione. Di conseguenza, otto gestori di fondi su dieci credono che ci sarà un atterraggio morbido dell’economia, senza recessione, secondo un sondaggio condotto da Bank of America a settembre. Non è un’impresa facile: dopo un forte inasprimento della politica monetaria, solitamente la recessione arriva e si procede rapidamente con tagli dei tassi di grossa entità. Negli ultimi anni, la situazione si è evoluta diversamente: i rialzi sono stati rapidi, con incrementi ripetuti di 75 punti base, mentre le previsioni di Fed e BCE indicano un percorso di riduzione piuttosto graduale. La Fed, al momento, prevede un taglio di mezzo punto da qui a fine 2024, con un ulteriore punto di tagli l’anno prossimo.
Questa traiettoria è in linea con una previsione positiva sull’andamento dell’economia, che continuerà a crescere secondo Fed e Bce. Questa premessa è necessaria per generalizzare su come i mercati si comportano durante i cicli di tagli ai tassi. Visual Capitalist, ad esempio, ha calcolato il comportamento di azioni, bond e immobili durante le precedenti stagioni di allentamento monetario (2019-20, 2007-08, 2000-03, 1989-92). Nella fase dei tagli, in media, l’S&P 500 total return ha perso il 6% annualizzato, gli immobili (Nareit All Equity) il 4,8%, mentre le obbligazioni hanno guadagnato il 6,3%.
Bond, la scelta più solida storicamente
In generale, dunque, le obbligazioni sono la scommessa più supportata dall’esperienza storica nei momenti in cui i tassi scendono. Non a caso, infatti, l’esposizione ai bond dei gestori globali è decisamente superiore alla media dell’ultimo ventennio, secondo l’ultima rilevazione BofA, e rappresentano il segmento di mercato più sovrappesato secondo questa misurazione, dopo le azioni del settore utility. Proprio le utility, società che forniscono servizi di pubblica utilità come luce e gas, sono considerate tipiche società “difensive”: azioni che i professionisti acquistano quando si aspettano un rallentamento dell’economia e degli utili aziendali. Allo stesso gruppo appartengono altri settori attualmente tra i preferiti dei gestori: sanità e beni di consumo.
In generale, le prospettive per le azioni sono storicamente negative in fasi come quella attuale, anche perché i tagli dei tassi solitamente arrivano in un contesto di rallentamento molto più grave di quello attualmente osservato. Tuttavia, il primo taglio della Fed è stato accompagnato da nuovi record per Wall Street, indicando un corso più favorevole.
Per quanto riguarda il settore immobiliare, il calo dei tassi, che facilita l’accesso al credito, sta già determinando un cambio di passo nelle performance del comparto, perlomeno per quello quotato in Borsa. Da inizio luglio al 24 settembre, il FTSE Nareit All Equity REITs ha registrato un ritorno assoluto del 14,9%.
Oro, un rifugio favorito dal calo dei tassi
Un’altra scommessa che quest’anno sta offrendo grandi soddisfazioni agli investitori è l’oro, la cui performance continua a spingere il bene rifugio per eccellenza verso nuovi record. In questo caso, l’aspetto anomalo non è tanto il fatto che i tagli dei tassi stiano spingendo le quotazioni, quanto che l’oro sia cresciuto anche durante i rialzi dei tassi. L’oro non offre cedole o dividendi, una mancanza che pesa maggiormente quando i tassi sono elevati, poiché titoli come i Buoni del Tesoro Usa o altri titoli ritenuti affidabili dovrebbero essere favoriti. Poiché il prezzo dell’oro è denominato in dollari, un eventuale deprezzamento del dollaro potrebbe rendere più conveniente l’acquisto per gli investitori non basati negli Usa. I numeri sono chiari: da inizio anno, l’oro ha reso, al 24 settembre, il 28,5%, e il 13,5% solo negli ultimi tre mesi.
In sintesi, il taglio dei tassi ha storicamente avuto un effetto negativo immediato su azioni e immobili, mentre ha favorito oro e obbligazioni. Tuttavia, gran parte di questi effetti deriva dal contesto economico difficile che di solito accompagna i tagli, come la bolla delle dot-com nel 2000 o la crisi del 2008. Questa consapevolezza sta spingendo i gestori a mantenere una forte esposizione sulle obbligazioni. Al contempo, un’economia che potrebbe puntare verso un rallentamento controllato e non traumatico sta portando a mantenere una notevole esposizione sulle azioni, con una crescente preferenza per i settori difensivi. Anche i REIT, gli immobili “quotati in Borsa”, pur restando poco apprezzati in assoluto, di recente sono tornati ad aumentare nei portafogli dei professionisti.