In meno di un mese, il mercato finanziario ha attraversato un notevole cambiamento di sentiment, passando da un livello di “estrema paura” a uno di “avidità”, secondo l’indicatore Fear & Greed della Cnn, che è salito da 22 a 65 punti tra il 27 ottobre e il 1° dicembre. Questa inversione di umore è stata alimentata da diversi fattori, tra cui la diminuzione dell’inflazione e le costanti sorprese positive riguardo alla salute dell’economia statunitense. Da ultimo, la crescita del Pil negli Usa nel terzo trimestre è risultata del 5,2%, contro le previsioni degli economisti al 5%. Negli Stati Uniti si continua a consumare, nonostante i tassi d’interesse elevati. Nel frattempo, l’ultima lettura dell’inflazione di fondo Cpi un +4% annuo a ottobre, con un tasso mensile in ulteriore rallentamento dallo 0,3 allo 0,2%. L’indice Pce, quello più osservato dalla Fed, è stato inferiore alle attese, attestandosi al 2,8%.
L’ipotesi che la Federal Reserve non alzerà ulteriormente i tassi, con la prospettiva di una futura riduzione, unita allo scenario di un atterraggio morbido dell’economia, ha sostenuto assieme azioni e obbligazioni.
Novembre, indici esuberanti
L’indice obbligazionario globale S&P Global Developed Aggregate Ex-Collateralized Bond Index ha segnato +4,96% a novembre, mentre l’indice azionario globale S&P Global BMI ha ottenuto un 9,05%, in linea con la performance dell’S&P 500.
Per quanto sia possa esserci la tentazione di attribuire al clima delle festività, sono state soprattutto le buone notizie macroeconomiche ad aver guidato un novembre di grande recupero. In particolare, per i bond americani questo novembre è stato uno dei mesi più performanti degli ultimi 40 anni. Grazie allo slancio dell’ultimo mese l’indice S&P U.S. Aggregate Bond Index è riuscito a riportarsi in guadagno da inizio anno, con una performance complessiva del 2,24%.
“I mercati azionari e obbligazionari continuano a evidenziare una tendenza rialzista molto forte sulla scia delle aspettative su un possibile cambio di rotta in politica monetaria da parte delle banche centrali”, ha dichiarato a We Wealth il senior market strategist di IG Italia, Filippo Diodovich, “le piazze finanziarie scontano che il forte rallentamento dell’inflazione possa convincere i membri dei consigli direttivi di Federal Reserve e Banca Centrale Europea a promuovere un taglio dei tassi di interesse già nella prima metà del 2024. Le dichiarazioni dei banchieri centrali sono sempre state molto prudenti ma i dati macroeconomici pubblicati recentemente (inflazione in Eurozona e negli Stati Uniti) sembrano aver allentato notevolmente le preoccupazioni sul prossimo andamento dei prezzi al consumo”.
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Quanto può continuare questo rally
“Crediamo che, in caso di dati macro conformi e consistenti rispetto allo scenario di rallentamento dell’inflazione (avvicinamento all’obiettivo del 2%) e soft landing per le economie, anche nel mese di dicembre si possa assistere a un prolungamento del rally partito da fine ottobre”, ha aggiunto Diovovich; aggiungendo, però, un’importante avvertimento: “Qualsiasi segnale che possa diminuire le probabilità di tale scenario (infiammata dei prezzi energetici, rialzo delle tensioni geopolitiche, peggioramento dei rapporti commerciali Usa-Cina) potrebbe comportare delle correzioni molto forti sui mercati finanziari. Manteniamo le nostre prospettive su un mese di dicembre in moderato rialzo con le tensioni ribassiste che si presenteranno a inizio 2024”.
Secondo Carlo De Luca. Responsabile delle Gestioni Patrimoniali di Gamma Capital le possibilità che il rally prosegua con questo ritmo a dicembre non sono favorevoli, visto che si rischia di passare dall’eccesso di pessimismo di ottobre all’eccesso di ottimismo del mese scorso: “mi aspetto un dicembre laterale”. Guardando al 2024, però, De Luca ha espresso una visione più rialzista a confronto delle posizioni piuttosto caute espresse dalle maggiori banche d’affari come Goldman Sachs e Morgan Stanley, i cui obiettivi per l’S&P 500 a fine anno sono rispettivamente di 4.700 e 4.500 punti.
De Luca vede opportunità, in particolare per le azioni growth mid e large cap, fra cui alcune società tecnologiche fuori dalla cerchia delle Magnifiche 7: Salesforce, Atlassian, Broadcomm, Palo Alto, ServiceNow, Applied Material. L’ipotesi di fondo è che il segmento growth dell’azionario potrà andare bene sia in caso di atterraggio morbido, perché questo sosterrà gli utili societari, sia in caso di recessione, in quanto crescerebbero le possibilità di tagli dei tassi più robusti tipicamente favorevoli ai titoli di questo segmento.
I tagli dei tassi, poi, suggeriscono uno scenario favorevole anche per il recupero delle small cap statunitensi e per l’obbligazionario dei mercati emergenti, ha concluso De Luca.