Gli umori dei gestori di fondi globali sono divisi tra ottimismo e cautela a settembre: i livelli di liquidità si sono ridotti dal 4,3 al 4,2% e l’indicatore del sentiment generale è migliorato per la prima volta da giugno, così come si sono attenuati i timori di recessione. Tuttavia, la rotazione nei portafogli, che ha privilegiato i settori difensivi con una netta riduzione del settore tecnologico, indica un approccio cauto ai prossimi mesi, segnati da un graduale calo dei tassi d’interesse. Questo spiega una propensione al rischio ai minimi da 11 mesi.
L’ultimo sondaggio dei gestori globali, realizzato da Bank of America tra il 6 e il 12 settembre su 243 professionisti con asset in gestione per 666 miliardi di dollari, ha confermato che il trade più seguito resta la ‘scommessa’ sulle Magnifiche 7, anche se con una percentuale sempre meno convinta, essendo scesa al 46% degli intervistati dal 70% e oltre di due mesi fa. Nel frattempo, alcuni settori tipicamente difensivi sono balzati in avanti negli aggiustamenti di portafoglio: le utility vedono la maggior esposizione dal dicembre 2008, le banche dal febbraio 2023 (al 12% netto), mentre la tecnologia scende al minor sovrappeso dall’aprile 2023 (pari al 3% netto). Di conseguenza, il rapporto in portafoglio tra banche e tecnologia è ai massimi dal febbraio 2023. Ancora più severa, ma meno sorprendente, è la forte avversione ai settori dell’energia e dei materiali.
Tecnologia in ridimensionamento
Tra agosto e settembre, le mosse strategiche più seguite dai gestori sono state gli incrementi dell’esposizione alle utility, all’Eurozona, alle banche e alle assicurazioni, mentre, sul versante opposto, tech, energia e industria sono stati i settori più venduti.
Le aspettative macroeconomiche restano orientate all’ottimismo, con il 79% dei gestori globali che crede in un rallentamento controllato e limitato dell’economia (“atterraggio morbido”) e due terzi dei gestori che reputano improbabile lo scenario di una recessione. Allo stesso tempo, il pessimismo sulla crescita cinese è ai minimi da tre anni e il 19% degli intervistati ritiene che le posizioni ribassiste sulle azioni del Dragone siano oggi la scommessa più diffusa tra i professionisti del settore. Non a caso, le vulnerabilità del settore immobiliare cinese sono tra i rischi potenzialmente più dannosi nella percezione del 20% degli intervistati, dietro una possibile recessione negli Usa (40%) e lo shadow banking negli Stati Uniti (31%).
La riduzione dei tassi d’interesse, ormai inevitabile con il primo taglio della Fed alle porte, spinge 9 gestori su 10 a prevedere una curva dei rendimenti più ripida in futuro, il che implica tassi più bassi per il debito a breve termine nei prossimi 12 mesi (per il 93% dei gestori). Solo un terzo circa dei gestori prevede anche una riduzione dei rendimenti sui titoli di durata decennale. Dal punto di vista operativo, questo potrebbe suggerire una maggiore finestra di opportunità per gli investitori che puntano su scadenze obbligazionarie medio-brevi.
Gestori europei, ora la prima paura è ritardare il risk-off
I gestori di fondi basati in Europa si sono dimostrati un po’ più pessimisti della media globale. Il 58% si aspetta un ribasso nel breve termine per le azioni europee, in aumento rispetto al 48% di un mese fa. Per la prima volta da mesi, inoltre, la prima preoccupazione dei gestori europei non è più quella di avere un’esposizione troppo bassa all’azionario, che comporterebbe la perdita di un rally (25%), bensì la paura di aver ridotto troppo poco le azioni e di subire le conseguenze di una correzione (28%, contro il 21% del mese scorso).
Sotto il profilo settoriale, gli orientamenti sono simili alla media globale: i settori verso cui sono più esposti sono utility, healthcare e assicurazioni, con i migliori incrementi mensili per i settori bancario e telco. Sul versante opposto, automotive e tecnologia sono i settori che, in rapporto all’esposizione storica media, sono attualmente meno apprezzati. La Borsa che per i gestori europei resta più promettente per i prossimi 12 mesi è quella del Regno Unito, mentre permane una visione moderatamente negativa su Piazza Affari e decisamente fosca su Francoforte.