L’Italia crescerà più di Germania e Francia nel 2025, pur potendo contare su un minore supporto dalla spesa pubblica per via di una gestione delle finanze pubbliche decisamente meno espansiva: un bell’attestato di fiducia quello firmato dall’influente team di analisti di Goldman Sachs, capitanato dall’ex responsabile economico del partito Democratico di renziana memoria, Filippo Taddei.
“Mentre Francia e Germania affrontano sfide economiche e fiscali prolungate, l’economia italiana non prospera, ma si trova in una posizione relativamente più solida”, si legge nel rapporto, pubblicato il 1° dicembre. Nel nuovo millennio, prima che colpisse il Covid-19, Germania e Francia hanno sempre “battuto” lo Stivale, “ma lo slancio economico [italiano] ha mostrato una certa resilienza a partire dalla crisi energetica”.
Parte della storia di successo dell’economia italiana negli ultimi anni si deve a due fenomeni: il Superbonus, che ha dato un grande slancio all’edilizia e alla relativa occupazione nel settore, e il Recovery Fund (Pnrr) europeo. Mentre i bonus edilizi del passato sono stati fortemente ridimensionati, con la fine degli sconti in fattura, i benefici dei fondi europei continueranno a sostenere l’economia italiana, la cui solidità non dovrebbe destare preoccupazioni per almeno un altro anno. Anche perché il governo Meloni sta mantenendo una politica economica particolarmente cauta, unita alla strategia di incrementare il possesso del debito pubblico nelle mani delle famiglie italiane.
“Con la fine dei crediti d’imposta per le costruzioni, la politica fiscale italiana è diventata più prudente, posizionandosi tra le due maggiori economie dell’area euro e registrando il saldo primario più alto tra i tre Paesi sia nel 2024 che nel 2025”, scrivono Taddei e l’altro autore del report, Francesco Coppola. Nello specifico, la banca d’affari americana ritiene che nel 2025 l’Italia incasserà più denaro di quanto ne andrà a spendere al netto degli interessi sul debito: quello che si definisce, in gergo tecnico, un surplus primario. Al contrario, Francia e Germania continueranno a macinare deficit primari, per far fronte alle difficoltà delle rispettive economie.
Goldman Sachs non è l’unica istituzione finanziaria ad aver osservato la (forse inaspettata) credibilità di bilancio del governo italiano. Scope Ratings, lo scorso 29 novembre, ha confermato rating e outlook per l’Italia (BBB+/stabile) prevedendo un calo del deficit di bilancio dal 7,2% al 4% del Pil, con l’attesa di un ritorno al surplus primario dal 2025. Del resto, anche la Commissione Europea ha consegnato a Roma il suo via libera alla Manovra di bilancio lo scorso 26 novembre, definendola come pienamente in linea con le sue raccomandazioni: un ‘privilegio’ condiviso solo con altri sette Paesi membri, mentre la stessa Germania è stata ripresa per un eccesso di spesa pubblica nel suo documento di bilancio.
Debito, problemi rinviati
Certo, le sfide italiane di fondo del Paese restano. “Nonostante i miglioramenti, l’elevato onere degli interessi (oltre il 4% del Pil) manterrà il deficit vicino al 3% nel medio termine”, aggiunge Scope in una nota diffusa il 2 dicembre, “il rapporto debito/Pil è previsto in aumento dal 135% nel 2023, con un picco del 139% nel 2028, a causa degli effetti ritardati del Superbonus, il cui impatto cumulativo sul debito pubblico sarà pari a circa il 6% del Pil tra il 2024 e il 2027”.
Per Goldman Sachs la cattiva notizia, guardando più a lungo termine, è che a partire dal 2025 il tasso reale di indebitamento tornerà positivo, perché la crescita nominale del Pil non sarà superiore al costo effettivo del debito: insomma, sarà molto dura evitare un nuovo aumento del rapporto debito/Pil a tali condizioni. A seconda delle ipotesi di fondo, il rapporto debito/Pil potrebbe tornare sui livelli attuali, dopo una temporanea risalita, entro il 2030, come prevede il governo; oppure, salire al 143% (assumendo che l’Italia riporti il surplus primario e la crescita media sui livelli pre-Covid, rispettivamente 1,5% e 1,8%). Insomma, potrebbe andare anche piuttosto male se la crescita futura non sarà più robusta rispetto ai “vecchi tempi” – e Goldman Sachs ritiene che ci sia margine per poterlo affermare, visto che lo scenario base è un po’ a metà strada fra questi due estremi.
Btp, nuove emissioni retail nel 2025 sono prevedibili: ma attireranno meno
Per chi investe in Btp, la banca d’affari americana lancia indirettamente un messaggio: il fabbisogno del Paese nel 2025, ossia le necessità di finanziamento, resterà in linea con quelle di quest’anno. Come a dire: aspettiamoci nuove emissioni in linea con quelle viste a suon di Btp Valore. Allo stesso tempo, saranno probabilmente gli italiani ad avere un po’ meno interesse, visto che i rendimenti offerti continueranno a scendere: “il supporto incrementale della domanda retail per i Btp”, affermano Taddei e Coppola, “probabilmente è giunto al termine”. I rendimenti attuali andranno probabilmente a calare ulteriormente nel corso del prossimo anno, rendendo più urgenti eventuali ristrutturazioni del portafoglio per chi si trovasse nella posizione di voler fissare una rendita stabile per i prossimi anni.
Correzione: una precedente versione dell’articolo aveva indicato la decisione sul rating di Scope in data 25 novembre, la data è stata corretta.