L’uscita dell’edizione 2018 del rapporto dell’Istituto Einaudi a poca distanza dalla pubblicazione dello stato socio-economico del paese da parte di Istat è l’occasione per aggiungere riflessioni sullo stato dell’arte della nostra società.
Il rapporto Annuale 2018 di Istat ci indicava un Paese a forti contrasti: illuminato dalle luci di una ripresa economica estesa e profonda (sono molti gli indicatori di miglioramento evidenziati; consumi, redditi, andamenti aziendali, export, mercato del lavoro…). Ma con una polarizzazione crescente, un aumento delle distanze economiche e sociali ed una fragilità maggiore di fronte alle sfide demografiche. Il nostro paese – nel rapporto Einaudi – conferma tutta una serie di dati positivi e la famiglia italiana sembra spiccare per la sua maggiore serenità e positività nelle auto percezioni.
Il rapporto Einaudi mette, ad esempio, in luce la percezione di netta ripresa dell’ottimismo rispetto ad un anno fa, l’impressione di avere uno stato economico della famiglia più solido, maggiori risparmi (il 12% sarebbe la percentuale dichiarata in media dalla famiglia). Un sentirsi più attrezzati ad affrontare le sfide future.
A questo si aggiungono progetti più strutturati e leggermente meno vaghi che in passato, quando alle risposte alla domanda “perché risparmi?” emergeva più l’accantonamento ed il “non si sa mai”, che progetti veri e propri. I figli ad esempio trovano maggiore spazio e non solo loro. La stessa previdenza (ancora troppo lentamente) si fa largo nella progettualità famigliare. La voglia di casa, malgrado tutto, resta vivace e dà luogo ad una domanda potenziale di almeno 1,2-1,3 milioni di abitazioni in acquisto nel prossimo futuro, diciamo i prossimi 2-3 anni.
Un potenziale che si distribuisce bene fra le generazioni. Ancora basso il potenziale della Gen.Z (i 20enni attuali: “valgono” circa 200mila case); la loro fuoriuscita dal nucleo originario non ha tempi così rapidi. Elevato per contro quello dei Millennials, soprattutto sopra i 30 anni: che valgono un potenziale di 470mila abitazioni circa. Forte e non trascurabile il contributo delle generazioni più mature: la Gen.X, gli stessi Baby Boomer, tutte famiglie già accasate di norma (oltre l’80% possiede una abitazione), ma desiderosi di migliorarla. Queste generazioni mature valgono, assieme, più degli stessi Millennial: circa 500 mila case. Quasi la metà del potenziale di acquisto di case è sul secondo impianto: centrato sul benessere e la comodità, più che sui bisogni primari di un nucleo in formazione. Il paese è cambiato e lo si vede (anche) da questi dati.
La progettualità dei e sui figli si accompagna alla progettualità di padri e nonni. Che a sua volta si riverbera sui nipoti, andando oltre la classica trasmissione del patrimonio fra generazioni. Una bella ricerca editata da Ubs di recente (Ubs Investor Watch 2018 – Italy) ci ricorda che almeno 6 famiglie benestanti (Hnwi) su 10 progettano di lasciare una quota maggiore del patrimonio proprio ai nipoti. L’Italia “non è un paese per giovani”? Forse questa affermazione va rivista. Forse è meglio essere nipoti e giovani che figli (maturi), con tutte le responsabilità sul futuro proprio, dei propri genitori e dei propri figli.
E a quanto pare senza nemmeno la soddisfazione di succèdere ai propri genitori. In fondo, è quello che sta capitando alla corona inglese: il principe Carlo, a quasi 70 anni, non sembra più essere l’unico candidato nella eventuale successione ad Elisabetta II (91 anni); le nuove generazioni avanzano. Anche questa è economia… Reale, in UK e qui da noi.