Il tweet di Elon Musk “use Signal” ha scatenato una corsa agli acquisti sul titolo Signal Advance (+ 438% nella giornata di lunedì 11 gennaio). Peccato che non si trattasse della società a cui si riferiva il ceo di Tesla, che non è nemmeno quotata in Borsa
Enrico Maria Cervellati, professore all’Università Ca’ Foscari di Venezia ed esperto di finanza comportamentale e Dario Carloni, psicoterapeuta e docente di psicologia delle organizzazioni e dei processi decisionali, analizzano gli aspetti di finanza comportamentale legati a questa vicenda
Ma cosa può spiegare un comportamento così irrazionale da parte degli investitori? Senza dubbio, la cosiddetta “Fomo” (Fear of missing out – la paura di essere tagliati fuori) di cui avevamo parlato in un precedente articolo di We Wealth ha giocato un ruolo, ma c’è di più. A detta di Enrico Maria Cervellati, professore all’Università Ca’ Foscari di Venezia ed esperto di finanza comportamentale e Dario Carloni, psicoterapeuta e docente di psicologia delle organizzazioni e dei processi decisionali, questa vicenda nasconde diversi aspetti comportamentali collegati tra loro.
Una prima euristica, evidenzia Carloni, è la cosiddetta “autorevolezza della fonte”, che si verifica quando una figura autorevole dà un consiglio, sfociando in una sorta di “validazione in terza persona” che porta il soggetto interessato a non sentire il bisogno fare le valutazioni cognitive del caso. Tuttavia, a detta dei due esperti, nel caso specifico di Elon Musk, considerato non solo il carisma, ma più in generale la figura stessa, vi sono altri due effetti da considerare. Il primo è il cosiddetto halo effect, ovvero la tendenza a generalizzare una singola qualità (o caratteristica) di una persona. “Elon Musk ha per la verità tante caratteristiche positive. È un uomo di successo, un visionario, quindi le persone tendono a generalizzare una o più qualità positive e a seguire le sue raccomandazioni perché, in generale, risulta affidabile e attrattivo” spiega Carloni. Il secondo aspetto da considerare è la cosiddetta hot hand fallacy. Questo bias cognitivo, tradotto letteralmente “fallacia della mano calda”, affonda le sue radici nella pallacanestro ed indica situazione in cui il soggetto si convince che tutto quello che fa una persona (o lui stesso) abbia un esito positivo, come un giocatore infila un canestro dietro l’altro. O “come le imprese di Elon Musk” puntualizza Cervellati, sottolineando come, anche se la carriera dell’uomo più ricco al mondo sia stata caratterizzata da alti e bassi, l’attenzione sia focalizzata, o meglio “polarizzata” solo sui suoi successi. A influenzare ulteriormente l’opinione pubblica, è il cosiddetto groupthink (pensiero di gruppo), un bias che si verifica in presenza di una figura autorevole. “Qui è come sei avessimo una sorta di gruppo virtuale creato sui social network, che polarizza ancora di più le decisioni creando effetti a cascata” chiarisce Carloni. “Infine entra in gioco anche la disponibilità, l’euristica che porta a focalizzarsi su quanto prontamente disponibile e facilmente reperibile, che ha portato a investire sulla Signal sbagliata” aggiunge il professore di Ca’ Foscari, citando anche un caso simile verificatosi recentemente, quando migliaia di investitori, confondendo i rispettivi ticker, comprarono le azioni dell’azienda cinese Zoom technologies (ZOOM), convinti di aver investito in Zoom Video Communications (ZM). “In questo caso, anche se ambedue le società erano quotate, la pronta disponibilità di entrambe e la fretta di non perdere l’occasione, ha spinto molti investitori a confondersi” conclude Cervellati.